Cowspiracy e i mattoni per costruire una posizione assolutista

Salve a tutt*,

pubblico qui questa mia fatica di traduzione per diversi motivi. La complessità dovrebbe portarci ad evitare le soluzioni univoche e valide per tutt* ed ovunque. Negli ultimi tempi noto una montante diffusione di posizioni assolutiste riguardo alle scelte alimentari. Essendo il tema particolarmente controverso e complesso, ho deciso di tradurre questo lunghissimo articolo di critica al film documentario “Cowspiracy”.

Al suo interno ci sono numerosi spunti di riflessione sulla complessità del tema e che spesso non si riescono ad esprimere nemmeno in una lunga conversazione. Non che ci sia tutto, nonostante la lunghezza, ma già questo dà l’idea di come una posizione univoca nel campo della produzione e del consumo di cibo sia da evitare. Il mio intento, come quello di chi ha scritto l’articolo, non è quello di provocare i sostenitori del veganesimo, dei quali rispetto la sensibilità e la scelta, ma quello di mettere in campo la natura complessa e controversa del tema, soprattutto a beneficio di chi non ha fatto (o non ha fatto ancora) scelte in questo senso.

Il mio ‘take’ su questo tema, riassunto in poche righe, è questo: riduciamo quanto più possibile il consumo di carne, ma non dimentichiamo che gli animali sono imprescindibili nei cicli biologici e quindi anche nei sistemi agricoli. Ovviamente mi prendo la piena responsabilità, pur non essendo miei i contenuti dell’articolo, di quanto detto nel testo. L’articolo è lunghissimo, tuttavia mi sento di consigliare di leggerselo tutto, anche a rate.

Buona lettura.

Da “Dailykos”. Traduzione di MR 


Di Finchj

Cowspiracy- il segreto della sostenibilità, un documentario che esplora apparentemente gli effetti del bestiame sull’ambiente, è stato realizzato sette mesi fa. In qualche modo, forse a causa del fatto di essere un espatriato, mi sono perso il trambusto che ha generato. Le recensioni di solito hanno vita breve. Dopo che il furore iniziale si è placato, l’opinione pubblica di solito passa all’argomento successivo. Rendendomi conto di questa realtà, ma volendo comunque condividere i miei pensieri sul film e i suoi temi, ho optato per scrivere una risposta dettagliata piuttosto che una recensione. Cowspiracy è più di un semplice documentario che cerca di spezzare il silenzio delle organizzazioni ambientaliste su questi problemi. La conclusione del film non ha niente a che fare con la riforma di queste organizzazioni basate sull’appartenenza. Piuttosto, viene offerta una panacea: l’adozione globale di uno stile di vita vegano come “il solo modo di vivere in modo sostenibile ed etico su un pianeta con 7 miliardi di altre persone”. [-Kip Anderson 1:26:55 (1) Grassetto mio]

Mentre il primo obbiettivo del film di rivelare un mascheramento inespresso di informazioni sulla “agricoltura animale” da parte di famose ONG è lodevole, sono stato scoraggiato dal tentativo di costruire un argomentazione a favore dell’assolutismo vegano e dall’abbandono della concentrazione sulla “cowspiracy”. La posizione assolutista del film si sviluppa calpestando le sfumature, presentando una visione del mondo esclusiva, come la sola opzione possibile. Credo che l’assolutismo sia quasi sempre dannoso per il dibattito pubblico. Negli anni, ho fatto uno sforzo consapevole di moderare le mie posizioni – non per incontrarsi a metà strada – ma per lavorare con le persone che potrebbero non vederla allo stesso modo, ma che condividono una causa comune. Il fatto che Cowspiracy sia sprofondato nell’assolutismo al punto che un intervistato, Howard Lyman, ha potuto affermare senza un accenno di obbiezione: “Non ti puoi definire un ambientalista e mangiare prodotti animali […] non definirti un ambientalista [-Howard Lyman 1:16:42 Grassetto mio]” ha messo il chiodo finale nella bara dell’obbiettività. Questa affermazione, presa in tandem con l’osservazione di chiusura di Andersen, sono l’essenza di un assolutismo sfacciato.

Ai fini del presente diario, per “assolutismo vegano” si intende la credenza che il veganesimo sia “il solo modo di vivere in modo sostenibile ed etico su questo pianeta”. 

1. La tempistica si riferisce alla mia approssimazione migliore di quando appare una citazione nel film per coloro che volessero ricontrollare la mia interpretazione.

Nota dell’autore

Ora, voglio rendere una cosa abbondantemente chiara all’inizio di questo diario. Non sto in nessun modo dicendo che il veganesimo sia dannoso. La cosa verso cui ho avversione è l’impiego di posizioni assolute per affermare di essere in possesso della sola verità universale e, facendo questo, asserire un monopolio etico. Di fatto, inquadrare una posizione assolutista in modo tale che è un insulto diretto e profondamente personale a chiunque creda in modo diverso da se. Scegliere di proporre una posizione assolutista come la sola opzione è un perfetto esempio del “mettersi all’angolo”. Non c’è alcun modo aggraziato per tornare indietro da una posizione del genere, per moderarla o per il compromesso. Questo tipo di argomentazioni abbassa automaticamente il livello del dibattito pubblico, perché una parte è del tutto intransigente. Leggendo la pagina “about” di Cowspiracy, in effetti qualificano/ammorbidiscono la posizione rispetto al film per far sembrare che  stiano parlando di agricoltura industrializzata e su larga scala. Ma il film vero e proprio? Be, non proprio. Di nuovo, non sto prendendo posizione contro il veganesimo, sto prendendo posizione contro il veganesimo elevato a solo modo per l’umanità di vivere in modo etico e sostenibile. Se il veganesimo fosse presentato come un modo di vivere eticamente e sostenibilmente, questo diario non esisterebbe. Ma come vedrete, non è questo il messaggio del film.

Un’altra osservazione: alcuni di voi potrebbero dire, “Ma non hai scritto un diario intitolato “Introduzione all’agroecologia: gestione olistica – non c’è un’altra alternativa per l’umanità? In che modo questo sarebbe diverso?” Infatti l’ho fatto. Circa due anni fa. La mia posizione è praticamente la stessa. Incoraggio tutti a cliccare il link e scorrere verso il basso all’inizio stesso di quel diario, in cui do un po’ di contesto:

“Allan savory NON sta proclamando che la Gestione Olistica sia la sola soluzione per il cambiamento climatico. Non dice NEMMENO che la Gestione Olistica sia appropriata ovunque e sempre. [Grassetto originale]”.

La differenza fra quel diario e questo film è questa: la Gestione Olistica o, più precisamente, la comprensione che le praterie hanno bisogno di erbivori per sopravvivere, viene offerta come la sola soluzione per invertire il degrado delle praterie. Cowspiracy, invece, proclama che il veganesimo è la sola soluzione per tutta l’umanità dappertutto. Una viene offerta come la sola soluzione in un contesto specifico e l’altra è presentata come la sola soluzione ovunque senza spazio per altre opzioni. La posizione presa dal film esclude deliberatamente coloro che non condividono le loro credenze dal regno della sostenibilità, dell’etica e dell’ambientalismo. Al contrario, il mio diario non esclude nessuno – che siano vegani, vegetariani, pescetariani, onnivori, paleo, ecc. da niente. Sono distinzioni che vale la pena fare.

Una sinossi di Cowspiracy

Ho scelto di includere questa sezione perché il film è a pagamento (10 dollari). Non tutti pagheranno per vederlo, quindi sento che giovi a tutti i lettori avere una descrizione di base della trama. 

Cowspiracy – Il segreto della sostenibilità è stato diretto da Kip Andersen e Keegan Kuhn in partnership con A.U.M. Films e First Spark Media. (2) Uscito il 19 giugno 2014, il film segue il viaggio di Kip Andersen per scoprire perché le grandi organizzazioni ambientaliste non discutono, o per niente o senza l’enfasi appropriata, dell’impatto dell’agricoltura animale sugli ecosistemi e sull’ambiente del pianeta. Lungo il percorso emerge una sottotrama che cerca di risolvere il problema. Della durata di poco più di 90 minuti, Cowspiracy è un lungometraggio. Secondo me, la lunghezza di questo documentario era sufficiente per esplorare posizioni diverse dall’assolutismo vegano. Il film si apre con la storia della vita di Andersen e come guardare “Una scomoda verità” di Al Gore lo abbia portato ad essere un “AOC” [ambientalista ossessivo compulsivo]. Seguendo il consiglio degli ambientalisti, ha cambiato il suo stile di vita completamente. Giustamente felice dei propri sforzi per vivere sul pianeta in modo leggero, è rimasto scioccato dal post di un amico su Facebook che collegava ad un articolo del centro stampa dell’ONU su un rapporto della FAO intitolato “L’ombra lunga del bestiame – problemi ambientali ed opzioni (link diretto al PDF)”. “L’ombra lunga del bestiame”, dalla sua pubblicazione nel 2006, è diventato un rapporto fondamentale per molte argomentazioni pro e contro l’agricoltura animale. La sua scoperta chiave? Secondo un nuovo rapporto pubblicato dalla FAO dell’ONU, il settore del bestiame genera più emissioni di gas serra in CO2 equivalente – 18% – del trasporto [misurato in 13%]. E’ anche una grande fonte di degrado di acqua e suolo. [Link all’articolo della FAO. Grassetto e percentuale del trasporto aggiunti].

Effettivamente scioccante, in quanto le fonti del consiglio di ridurre il proprio impatto sull’ambiente o ha ignorato la scoperta o sepolto le informazioni. Il nocciolo del loro consiglio per il cittadino medio era di concentrarsi sui cambiamenti di stile di vita personali, senza nemmeno una parola sull’impatto relativo delle loro scelte dietetiche. Ciò ha portato Andersen a cercare più informazioni, come la spesso citata “statistica” secondo cui servono 2.500 litri d’acqua per produrre un solo hamburger. (3) Impressionato che la scelta di mangiare un hamburger equivarrebbe di due mesi di docce, ha deciso affrontare il silenzio del governo e delle ONG sul problema. Andersen visita il Dipartimento delle Risorse Idriche in California, solo per scoprire che mentre capiscono le statistiche, il dipartimento non intraprendeva alcuna azione sul problema a causa di come è strutturato il governo. Determinato a scoprire cosa stia succedendo, Andersen continua a ricercare ed esce fuori un altro rapporto che afferma che il bestiame conta non per il 18%, ma per il 51% delle emissioni di gas serra mondiali. (4) Raddoppiando i suoi sforzi, riesce ad entrare in contatto con ONG come Audubon Society, Greenpeace ed altre per discutere del perché queste informazioni non fossero facilmente accessibili. Incontrando risposte ambigue il rifiuto totale di sedersi per parlarne, si rivolge ad attivisti, professori, autori e ricercatori che fossero disponibili a parlare con lui.

Nelle sue interviste, dati di ricerca ed opinioni marciano in fila per incriminare la “agricoltura animale” come la causa principale del degrado ambientale. Quando si siede con Michael Pollan, uno dei più famosi autori americani sul problema del cibo, Pollan lo informa che queste sono organizzazioni associative, che si basano sul finanziamento dei membri, non vogliono fa arrabbiare potenziali contributori affrontando una cosa che li tocca così da vicino. (5) Essenzialmente, il resto del film segue lo stesso schema: cercando risposte, Andersen, armato dei rapporti di FAO e World Watch Institute, fa visita ad organizzazioni che lui crede stiano ignorando il problema. In quanto ai governi, di volta in volta incontra un muro di resistenza e alla fine il silenzio. Fra questi incontri, continua con i video di interviste con coloro che credono che l’agricoltura animale sia la sola grande causa del degrado ambientale. C’è persino una breve deviazione per discutere del collasso imminente della pesca mondiale e degli ecosistemi oceanici. (6) Be’ non si tratta proprio di una deviazione, perché il mondo è un sistema interconnesso in modo intricato con anelli di retroazione che si manifestano ovunque guardiamo.

2. Questo link vi porterà alla home page del film.

3. Guardate la seconda parte di questo diario per scoprire perché ho messo le virgolette intorno a certe “statistiche”.

4. Goodland, Robert e Anhang, Jeff (2009) “Bestiame e cambiamento climatico”. World Watch Institute. Link diretto al PDF.

5. Parafrasato dall’intervista che comincia a 0:15:36.

6. Ho scritto di questo argomento qui su Daily Kos in precedenza: a) Portare l’ecologia applicata ai mari: Philip Hoare su balene e cambiamento climatico b) Introduzione all’agroecologia: “Un Serengeti sulla soglia di casa” – George Monbiot e Rewilding the Earth c) Agroecologia: 1 – studia la natura. 2 – facilita le funzioni naturali. 3 – riscopri l’abbondanza.

Emerge una sottotrama

E’ nel preludio alla discussione sugli impatti umani sugli oceani che viene alla ribalta la sottotrama. Il modo più conciso in cui posso descrivere la sottotrama è: pensiero esclusivo che porta ad una posizione assolutista, che poi viene presentata come la sola soluzione agli impatti dell’agricoltura animale. La prima indicazione della sua esistenza è stata quando Andersen intervista il dottor Richard Oppenlander. Che afferma:

“I ricercatori preoccupati della perdita di specie concordano che la causa primaria della perdita di specie sulla terra di cui siamo testimoni è dovuta all’eccesso di pascolo e alla perdita di habitat per la produzione di bestiame sulla terra e a causa della pesca eccessiva, che chiamo semplicemente pesca, nei nostri oceani”. [-Dottor Richard Oppenlander 0:14:32:48 Grassetto mio].

Aspetta un secondo: tutta la pesca è eccesso di pesca? Ora, presa da sola, questa affermazione sarebbe semplicemente l’opinione di un singolo individuo e non rifletterebbe necessariamente il tutto del film nel suo complesso. Tuttavia, man mano che il film procedeva, diventava chiaro che Andersen tacitamente approva le affermazioni di altri attivisti e ricercatori che, ad un certo punto, affermano che “è la posizione della Sea Shepherd che non esiste la pesca sostenibile”. (7) e che “i frutti di mare non sono una fonte di proteine […], una fonte di proteine sostenibile per alimentare il pianeta, le persone sul pianeta. Semplicemente non lo è. (8) Questo vale solo per l’oceano o anche per la pesca in acqua dolce?

Com’è possibile che possiamo pescare in modo sostenibile 100 milioni di tonnellate entro il 2050 a prescindere che sia allevato o nell’oceano, se per ogni libbra di pesce che si prende, essenzialmente si prendono cinque libbre di pesce selvatico? Non importa se è in un laghetto o nell’oceano, come può essere sostenibile? [-Kip Andersen 0:27:28-52 Grassetto mio]”.

Ok. Ferma. Così Andersen ha assimilato la pesca negli oceani agli allevamenti e ai laghi a prescindere da dove si trovano? Capisco che gli allevamenti di pesci siano generalmente nell’oceano e che di solito li si alimenta con pesci selvatici. Capisco anche che l’allevamento di gamberi o gamberetti è a sua volta disastroso, che dire della totale devastazione delle foreste di mangrovie e della zuppa chimica in cui queste povere creature sono costrette vivere. Ma non tutti gli allevamenti di pesce sono così – che sia in mare, in zona litorale o in un laghetto circondato dalla terra.

Senza battere ciglio, senza affermare una volta qualcosa come “forse ci sono modelli di pesca che potrebbero essere sostenibili” o “forse ci sono modi in cui possiamo permettere agli oceani di recuperare in modo naturale (ripristinando la linea di base a cui allude il dottor Geoff Shester di Oceana nell’intervista che comincia a 0:25:58)”, il film va avanti in modo pesante, non più in una silenziosa approvazione, ma ripetendo a pappagallo la nozione secondo cui non esiste la pesca sostenibile. Un 71% tondo della superficie terrestre è coperta dall’oceano, ma non può esistere una pesca sostenibile? E gli autori del film non pensano che importi dove o come avviene la pesca – nell’oceano o “in un laghetto”? E’ davvero questa la posizione che vuol assumere questo documentario? A questo punto scattano gli allarmi sull’intenzione di questo film. Il film ignora opportunamente l’evidenza che le Aree Marine Protette (AMP) possono contribuire positivamente alla pesca commerciale che le circonda a causa del “effetto riversamento”. Naturalmente, l’implementazione e l’applicazione sono grandemente importanti nell’efficacia delle AMP. Ne parlo un po’ nei miei diari menzionati nelle note a piè di pagina 5, così come nella mia recensione di Feral di George Monbiot. Ecco un estratto da quel diario:

Il capitolo di Feral sul “Riportare al selvaggio il mare” descrive in modo brillante la bellezza mozzafiato e il profondo dolore dello stato dei mari. Ma a differenza dei libri ambientalisti di oggi, Monbiot opportunamente trascina l’attenzione del lettore a quello che succede quando applichiamo un po’ di ritorno al selvaggio: (11)

Quando la pesca si ferma, i risultati sono ragguardevoli. In media, in 124 riserve marine studiate nel mondo, alcune delle quali esistono solo da pochi anni, il peso totale degli animali e delle piante è quadruplicato da quando sono state istituite. La dimensione degli animali che le abitano sono a loro volta aumentate, come la loro diversità. Nella maggior parte dei casi il passaggio è visibile entro 2-5 anni. Man mano che le specie che crescono più lentamente a loro volta cominciano a recuperare, man mano che le forme di vita sedentarie ricrescono e man mano che i banchi di corallo e di molluschi si ristabiliscono – ripristinando la diversità strutturale del fondo del mare – la massa e la ricchezza dell’ecosistema è probabile che continui ad aumentare per lungo tempo. [grassetto mio]

Come ho osservato nei diari precedenti e nei commenti – e come afferma anche Monbiot – è che, in aggiunta al “riversamento” da queste riserve, il miglioramento di salute dell’oceano è direttamente collegato alla salute della terra dovuta agli schemi migratori delle specie oceaniche nei fiumi e nei ruscelli. (12) Proprio delle cascate trofiche.

Mettere da parte le riserve marine di tutti i tipi dev’essere una follia. Gli oceani coprono i 2/3 della superficie della terra. C’è spazio più che sufficiente e prove più che sufficienti perché vengano create e strettamente attuate aree protette. Si dà il caso che riportare l’oceano al selvaggio sia relativamente facile. [Tutti i grassetti come nel diario originale. Controllate il diario originale nelle note a piè di pagina].

Perché il crescente corpus di ricerca riguardo all’istituzione ed all’applicazione di grandi AMP interconnesse dovrebbe essere ignorato? Non è che le AMP siano del tutto fuori dal radar. L’omissione di questa evidenza potrebbe avere qualcosa a che fare col rafforzamento del caso in erba dell’assolutismo vegano?

Secondo me, è perché ogni informazione che contrasta con la sottotrama del film – quel assolutismo vegano che è la sola opzione per l’umanità – dev’essere gettata, respinta oppure ignorata.

7. Intervista a Lisa Agabian di Sea Shepherd. 0:30:02 

8. Intervista a Michael Besancon, un ex dirigente di Whole Foods Market. 0:30:19

La sottotrama organizza un golpe

Credo che da ora ho rivelato quello che mi interessava della storia. C’è un altro elemento di trama che ho lasciato fuori perché non credo che abbia alcuna rilevanza per questa discussione. Incoraggio tutti o a pagare per vedere il filma da soli o di condividere la spesa con amici e famiglia. L’obbiettivo originale di scoprire perché i gruppi ambientalisti stessero ignorando l’impatto ambientale dell’agricoltura animale è valido e giusto. Ma qual è l’impatto dell’agricoltura animale? Gli impatti sono stati affrontati sufficientemente in dettaglio per fornirne una visione ben equilibrata? Si può parlare di agricoltura animale come di una gigantesca industria monolitica? Non credo. Nel corso del film diventa evidente che questa sottotrama era importante quanto la prima – se non di più. Di volta in volta, quando sarebbe appropriato un approccio sfumato per accertare l’impatto degli animali domestici sull’ambiente mondiale e sul clima, l’opportunità è stata sprecata. I “fatti” sono stati presi a convenienza dai rapporti basati su medie globali o a livello di paesi e quindi presentati al pubblico come se fossero la verità universale, lasciando fuori il sempre importante contesto. Ali intervistati è stato chiesto ripetutamente di pronunciarsi su scala globale, gettando al vento l’evidente diversità di questo pianeta e delle nostre culture. Allo spettatore sono stati presentati esempi di alternative banali, rafforzando con superficialità la causa dell’assolutismo vegano. L’esistenza di punti di vista alternativi, come abbiamo già visto col destino dell’oceano mondiale, vengono ignorati completamente. Al posto di esaminare le argomentazioni di coloro che offrono una posizione sfaccettata, i registi a un certo punto scelgono persino di denigrare un messaggero.

I mattoni per costruire di una argomentazione assolutista: riduzionismo, osservazione selettiva e denigrazione 

Le posizioni assolute sono tipicamente convincenti solo se le prove contrarie vengono deliberatamente ignorate o se, per disperazione, può essere denigrato un personaggio sfidante. I temi complessi sono spinti nel tritatutto del riduzionismo, lasciando nient’altro che generalizzazioni. Non possono sopportare che vengano mandate in onda visioni opposte, una minore consapevolezza richiede una moderazione della posizione. Lo vediamo qui e ancora nelle politiche, religioni e altri regni sociali assolutistici. Pertanto riduzionismo, osservazione selettiva (così come “chiudere un occhio”) e denigrazione sono i mattoni per costruire un’argomentazione assolutista. Tutte e tre sono a schermo pieno in Cowspiracy. Raramente tutte e tre le cose avvengono insieme in una esposizione così palese. Illustrando come vengono usate, forse i lettori saranno in grado di identificare il loro impiego altrove.

Riduzionismo

In questo diario, il termine “riduzionismo” è definito come “il tentativo di semplificare eccessivamente temi complessi al punto che la discussione è vuota da dettagli sufficienti per apprezzare pienamente detti temi”. Con questa definizione di lavoro in mente, permettetemi di esaminare alcuni casi di riduzionismo nel film.

1) La riduzione della totalità dell’agricoltura animale all’agricoltura animale industrializzata.

L’agricoltura animale avviene in molte forme in tutto il mondo. Dai CAFO (Concentrated – o Confined – Animal Feeding Operation) di Stati Uniti ed Europa (e sempre di più altrove) ai popoli nomadi dell’Asia Centrale, all’integrazione complessa di animali in sistemi agroecologici. Ricadono tutti nella categoria di “agricoltura animale”. L’impatto ambientale di ogni pratica specifica possono essere determinati solo esaminando i dettagli specifici di dette pratiche. Anche la “stessa pratica” può avere un impatto fortemente diverso sull’ambiente a seconda di dove avviene. Ciò che hanno fatto i registi è confondere l’agricoltura animale industrializzata con tutta l’agricoltura animale. Per loro, non importa se gli animali sono stati allevati sui pascoli che vengono alimentati puramente dalle precipitazioni. Un animale allevato in questa situazione è esattamente la stessa cosa per loro di un animale portato in un camino in un CAFO in Iowa e nutrito di mais, soia e un cocktail di droghe mentre rimestano nelle proprie feci. Ad un osservatore obbiettivo, questi sono due sistemi interamente diversi con due impatti ambientali e socioeconomici interamente diversi. La cosa abbastanza interessante, se uno si interessa di leggere veramente il rapporto della FAO che ha spinto  alla produzione di questo documentario sin dall’inizio, si troverà un approccio sfaccettato e sfumato al bestiame. Le loro raccomandazioni sono in linea con ciò che i sostenitori delle pratiche di agricoltura rigenerativa dicono da decenni: rimuovere i sussidi dannosi, incoraggiare una maggiore efficienza ed assicurare un qualche pagamento/valutazione per i servizi ecosistemici (fra le dozzine di altri cambiamenti). Mentre è completamente nel diritto dei registi assumere una posizione assolutista, l’assenza di assolutismo dai rapporti stessi e degno di nota. I rapporti capiscono che l’agricoltura animale non è un’entità monolitica che può essere messa da parte a causa di pratiche distruttive in molti settori. E’ come dire che le automobili contribuiscono al cambiamento climatico, pertanto non dovrebbero essere mai più prodotte automobili da nessuna parte nel mondo. O che, siccome alcuni apparecchi digitali vengono costruiti in condizioni aberranti, nessuno dovrebbe mai comprarne più un altro – a prescindere da dove e come è stato fatto. In altre parole: abbandonare l’agricoltura animale interamente a causa della deforestazione in Amazzonia e CAFO eticamente aberranti negli States è come buttare il bambino con l’acqua sporca.


2) Ridurre gli animali ai prodotti che ne deriviamo, ignorandone i servizi ecosistemici

Mai nel film è stata fatta l’osservazione che è un principio fondamentale dell’agroecologia (che a sua volta non è mai stata menzionata, vedete il punto 1 di Osservazione Selettiva) considerare gli animali come più della somma dei loro prodotti. La quantità di “rifiuti” prodotti dagli animali è stato un problema perenne, ma non una volta hanno fatto differenza fra i sistemi in cui gli animali vivono per fare il punto. Nei sistemi agroecologici con bestiame integrato, il letame e l’urina di detto bestiame vengono contati come fertilizzanti. Gli animali vengono spostati di recinto in recinto in modo progettato ed olistico, per distribuire la fertilità in tutta la fattoria. Questa fertilità viene usata non solo per coltivare l’erba e i mangimi che gli animali mangeranno, ma sistemi agroforestali che sono in grado assorbire molti dei nutrienti e metterli in uso – producendo frutti, bacche, noci, prodotti legnosi, erbe perenni per nutrire animali e persone ed altri prodotti. Man mano che gli animali si spostano in un sistema del genere, fanno ricrescere il pascolo. Il pascolo dà inizio alla rizodeposizione delle piante, che sequestra carbonio nel suolo. Gli animali vengono quindi spostati prima che possano “pascolare eccessivamente” il sistema. Non vien loro permesso di tornare nello stesso recinto finché questo non abbia recuperato. A seconda del periodo dell’anno, gli animali sono in grado di mangiare i frutti caduti. Le larve di molti cosiddetti “parassiti” vengono uccise nel sistema digestivo degli animali e le piante vengono premiate con materiale organico digerito (letame) che gli organismi del suolo possono decomporre più facilmente per farne humus.

Fatti bene, i pascoli possono sostenere colture annuali in rotazione per approfittare dello sviluppo sano del suolo. Il letame di questi animali fa da casa anche a molti altri “parassiti”, ma l’intervento tempestivo di pollame, come le galline, può ridurre il loro numero. Le galline razzoleranno fra il letame per prendere le larve (il cui ciclo di crescita è compreso e quindi viene loro permesso di ingrassare nel letame, trasformando un problema in una soluzione altamente proteica). Distribuire il letame consente anche una maggiore distribuzione della fertilità e le deiezione altamente azotate del pollame sono molto adatte per attivare una rapida ricrescita delle specie di erbe a crescita rapida e da pascolo. In un programma integrato di gestione si tiene conto di tutti i “servizi ecosistemici” forniti dagli animali, semplicemente permettendo loro di esprimere le loro abitudini naturali. L’intera fattoria vien considerata un ecosistema vivente. Questi “servizi ecosistemici” costituiscono un lavoro importante nei sistemi agroecologici e il loro valore non deve essere ignorato. Ci permettono di associarci al bestiame per svolgere compiti dei quali altrimenti saremmo responsabili noi (altrimenti conosciuti come il fardello di chi interviene). Questi sistemi si trovano in forte contrasto con il sistema di recinti di ingrasso del bestiame industriali in cui agli animali non viene permesso di esprimere nessuna delle loro tendenze naturali. Quindi il bestiame viene incolpato da ambientalisti ben intenzionati per la decisione umana di tenerli in piedi in recinti di ingrasso affollati che sono progettati per concentrare i loro rifiuti. La quantità di rifiuti è fuori equilibrio con l’ecosistema locale. Ma non è colta del bestiame o di tutta l’agricoltura animale! L’ascesa dei CAFO non può essere attribuita ad un attore o ad un altro, ma piuttosto è un problema complicato in e di per sé. Allo stesso tempo, la decisione di non spiegare mai la differenza fra questo tipo di fattorie e sistemi agroecologici ben progettati la dice lunga sull’intento di questo film.  I registi visitano una fattoria che lavora come sistema agroecologico una sola volta. Cosa succede quando lo fanno?

3) Calcoli approssimativi (nel testo “back-of-the-envelope calculations”) che o estrapolano da dei dati per fare una media globale o prendono le medie globali mascherandole da verità universali.

3a) La visita di Andersen ad uno dei ranch alimentati a foraggio della famiglia Markegard. (0:41:25-0:45:32)

In un tentativo di investigare le operazioni di alimentazione con foraggio delle mucche, il documentario visita uno dei tanti ranch della famiglia Markegard. L’intervista con Doniga ed Erik è la prima che solleva realmente qualcosa che si avvicini ad una comprensione complessa degli ecosistemi del pianeta ed alle diverse pratiche agricole. Quando ad Erik viene chiesto dell’impatto della “agricoltura animale” nell’Amazzonia brasiliana, lui replica. “Non dovrebbero mangiare manzo. Se il loro ambienta non è stato progettato ad allevare manzo non dovrebbero mangiarne (0:43:44)” Doniga concorda. Come concordo io e molti altri che sostengono l’agricoltura rigenerativa. Non ci sono scuse per abbattere la foresta per piantare soia o pascolare bestiame. Quasi nessuno che sostiene sistemi a base di foraggio gestiti in maniera olistica e sistemi diversi agroecologici lo sostiene. La filosofia e la pratica dell’agroecologia si oppone totalmente alla deforestazione come mezzo per uno scopo. L’intero campo gira intorno alle pratiche appropriate per il luogo! Quando Doniga ed Erik condividono i dati di produzione con Andersen, lui sembra convinto. Per un secondo. Tornato a casa nel suo divano, si tuffa in un calcoli approssimativi. Prendendo i dati di produzione che gli hanno appena dato, mettendo in conto il consumo medio di carne americano, estrapola che ci vorrebbe la maggior parte del Nord America e gran parte del Sud America per soddisfare l’appetito americano di carne con le pratiche di alimentazione foraggera. Quindi afferma che “Proprio come il Brasile, gli Stati Uniti non sono adatti a soddisfare la domanda di carne. [0:46:30]” Quale assurdità. E’ falso estrapolare dai dati di produzione di una fattoria la quantità totale di terra necessaria ad alimentare l’appetito medio di manzo americano. Ciò devasta completamente le argomentazioni appena fattegli dalla famiglia secondo cui allevare bestiame non è appropriato ovunque. Ignora completamente l’intero punto che hanno appena sollevato sui sistemi di produzione di cibo che devono essere appropriati al luogo.

E, naturalmente, questo ignora completamente i mie due punti precedenti. Questa concentrazione a laser sui dati di produzione  per spazzare via i sistemi di pascolo è la quintessenza del pensiero riduzionista. Usare il risultato di un calcolo – che ci servirebbe una quantità di terra della dimensione di Nord e Sud America per nutrire gli americani con manzo alimentato a foraggio – e semplicemente farsesco. Considerate al momento che prende il consumo medio di carne da parte degli americani, 95 kh/a, ed usa questo nel calcolo. Be’, gran parte delle persone che lavorano nel movimento l’agricoltura alternativa e rigenerativa riconoscono che ridurre drammaticamente la quantità di carne che mangiano gli americani (e gran parte degli occidentali) è parte integrante della sostenibilità. Immaginiamo che gli americani mangiassero un settimo di quella quantità di carne. Diciamo i lunedì con la carne anziché i lunedì senza carne. Improvvisamente, scendiamo a poco meno di 214 milioni di ettari da (circa) 1,5 miliardi. Una diminuzione del 85% della quantità di spazio riducendo il consumo di carne ad un giorno alla settimana. Ciò si traduce ancora in 1.330.000 (circa) kmq – un’area di terra enorme, più grande della Grandi Pianure (circa 805.000 kmq). Ma aspettate, si tratta ancora di calcoli approssimativi basato sui dati di produzione di una sola fattoria. La quantità di terra necessaria per produrre qualsiasi cosa varierà drammaticamente a seconda delle condizioni locali, che possono spesso essere tanto iper-locali a seconda che la fattoria abbia o meno un sistema ben progettato di siepi frangivento. Le siepi frangivento riducono la quantità di acqua e mangime necessari per il bestiame in modo drammatico, così come migliorano grandemente il tasso di crescita delle piante. Sono anche multifunzione: la stessa siepe frangivento può anche produrre foraggio perenne per il bestiame mentre si comporta come un habitat per le creature selvagge. L’assunto secondo il quale si possono prendere i dati di produzione di una fattoria, moltiplicarli per pochi fattori e “dimostrare” una qualsiasi cosa riflette la ridicola nozione spinta per tutto il film che siccome un approccio all’agricoltura che potrebbe funzionare in un posto non può essere portato su scala per alimentare ogni ultimo essere umano sul pianeta, a prescindere da dove viva, quell’approccio dev’essere completamente abbandonato ovunque. Questo approccio rispunta continuamente. Come può qualcuno essere convinto che la sola concentrazione sui dati di produzione e sui calcoli approssimativi fornisca il quadro complessivo di una cosa così complessa come il bestiame in agricoltura?

3b) La statistica “660 libbre (circa 2.500 litri) d’acqua per produrre un hamburger di 1/4 di libbra (circa 100 grammi). (9)

Primo, non viene fatta alcuna citazione quando viene presentato questo numero. Una visita alla pagina dei “Facts” di Cowspiracy per vedere da dove è venuta questa informazione non vi indirizza in realtà al rapporto originale. Vi porta invece o ad un blog dell’EPA o a una pagina di Friends of the River. Entrambi portano ad un articolo del National Geographic, anche se la fonte primaria di questo è il Water Footprint Network (a sua volta menzionato separatamente nell’articolo dell’EPA). Nerl film, Andersen dice che ci vogliono oltre 660 libbre d’acqua per produrre un hamburger di ¼ di libbra, ma nessuno dei due link afferma questo. Il blog dell’EPA dice invece un hamburger di 1/3 di libbra (circa 150 grammi). Pensate che stia spaccando il capello vero? Be’, si dà il caso che 1/3 sia il 133% più grande di ¼. Si tratta di un errore significativo in qualsiasi campo. Nemmeno il post nel blog dell’EPA fornisce una citazione per la sua cifra, dice semplicemente:

Le stime sono che un hamburger di 1/3 di libbra richiede 660 galloni d’acqua per la sua produzione, molta della quale è per il manzo. Una libbra (circa 450 grammi) di manzo richiede 1.799 galloni d’acqua (circa 6.800 litri), una libbra di formaggio ne richiede 700 (circa 2.650 litri) e due fette di pane ne richiedono 22 (circa 85 litri).

Quindi, quanti galloni d’acqua, usando questi numeri (che sono medie), servirebbero per un hamburger di ¼ di libbra?

Manzo: 25% * 1799 = 449.75 (in litri: 6809 = 1702)

Formaggio: 700 galloni a libbra (2650 litri). Una fetta di formaggio preconfezionato pesa circa 0,6 once; 0,6 once  = 0.0375 libbre (= 0,017 kg)… quindi abbiamo 26,25 galloni (99 litri)

Pane: 22 galloni (83 litri)

=

498 galloni (1885 litri).

Che è il 75% del totale originale di 660 galloni (2.500 litri). Cominciate a moltiplicare questo per il numero medio di hamburger e la quantità di acqua necessaria per questo ipotetico hamburger, seppure sempre alta, è significativamente più bassa. Un aumento del 133% è sfuggito ai loro controllori dei fatti prima che venisse pubblicato il film? Visto che i numeri nel film sono stati distorti, ho deciso di immergermi nei dati presentati dal Water Footprint Network. (10) Gettando uno sguardo alla home page del WFN, è possibile leggere:

La produzione di un kg di manzo richiede 15.000 litri d’acqua (93% verde, 4% blu, 3% grigia di impronta d’acqua). C’è una grande variazione intorno a questa media globale. L’impronta precisa di un pezzo di manzo dipende da fattori come il tipo di sistema di produzione e la composizione e l’origine del mangime della mucca. (Grassetto mio).

Se si prendono quei numeri per trovare il numero di galloni per libbra di manzo si finirà coi 660 galloni che usa il film. La home page afferma anche che c’è “una variazione enorme intorno a questa media globale”. Questo “1/4 di libbra di hamburger” è più precisamente descritto come un “1/4 di libbra di hamburger medio”. A causa di questa enorme variazione, ¼ di libbra di hamburger potrebbe impiegare i 498 galloni o i 660 galloni. In alcuni posti, potrebbe impiegare più o meno. Ma è quella la chiave: dipende dal sistema. Ora, non sto dicendo che il bestiame non consuma più acqua dei sistemi di produzione di piante. Farlo sarebbe una pazzia, chiunque con una conoscenza di base dell’ecologia capisce la perdita di energia che avviene quando si spostano “verso l’alto” gli strati trofici. Ciò che sto dicendo è che non menzionare nemmeno che questi numeri variano drammaticamente è un travisamento del materiale di origine. Non c’è alcuna indicazione del fatto che le fonti sono sfumate. Cosa succede se passate del tempo a leggere il rapporto? Viene fuori che, in un tentativo di trovare medie globali o per paese con qualche sembianza di sfumatura (sistemi a pascolo, misti ed industriali vengono conteggiati separatamente), hanno dovuto fare qualche ipotesi. Ovunque guardiate, il rapporto vi lascia intendere che si sta parlando di medie, non di casi specifici. E quando si finisce con le medie delle medie, be’… non ci vuole molto a capire che forse questi numeri non sono riflessi precisi del vostro produttore locale. Non ci vuole molto a trovare gemme come questa: (11)

E’ irrilevante considerare da quale tipo di sistema di produzione venga ottenuto un prodotto animale: fa un sistema a pascolo, misto o industriale. I prodotti animali da sistemi di produzione industriale in generale hanno una impronta idrica generale per unità di prodotto più piccola dei prodotti da sistemi a pascolo, con una eccezione per i prodotti caseari (dove c’è una differenza piccola). Tuttavia, i prodotti da sistemi industriali hanno sempre una impronta idrica blu e grigia per tonnellata di prodotto se confrontati si sistemi a pascolo, questa volta con l’eccezione dei prodotti delle galline. E’ l’impronta di acqua verde più bassa dei sistemi industriali che spiega l’impronta totale più piccola. Dato il fatto che i problemi di acqua potabile generalmente sono collegati alla scarsità di acqua blu, all’inquinamento dell’acqua e, in misura minore, alla competizione per l’acqua verde, ciò significa che i sistemi a pascolo sono preferibili alla produzione industriale da un punto di vista delle risorse idriche.

Dopo aver letto lo stesso rapporto, si può giustificabilmente incrociare l’uso di acqua con la lista della spesa dei “problemi” col manzo alimentato a foraggio: (12)

– 8 mesi in più di tempo di vita: L’orrore che un contadino potrebbe volere che gli animali vivano più a lungo e possano fornire più servizi ecosistemici. Ancora una volta, questi animali sono stati ridotti a pezzi di manzo a scopo di argomentazione piuttosto che essere apprezzati per tutto ciò a cui contribuiscono per una fattoria ben progettata e gestita.

– Più uso d’acqua

– Uso della terra: Discutibile. L’agricoltura animale non ha necessità di escludere altre attività agricole, di fatto può migliorarle. Vedete agroecologia, sezione 1 sotto Osservazione Selettiva.

– Mangime: viene dalla terra. Non c’è bisogno che ci sia mangime in più nei sistemi basati sull’agroforesteria del foraggio perenne (pascolo silvestre). Strike!

– Rifiuti: non si concentrano in un solo posto. Fertilizzano la fattoria e, in un sistema ben progettato, ci saranno fasce di produttività per catturare ed utilizzare ogni eccesso di letame. Strike!

– Impronta di carbonio: La deforestazione per il pascolo o la coltivazione di mangimi è il più grande contributo alle emissioni di biossido di carbonio da parte del bestiame. Se si prende spunto da coloro che lavorano responsabilmente nel settore, la deforestazione non avviene. E se il manzo proviene da un produttore locale che non ha tagliato una foresta per far pascolare i suoi animali, e gli animali non hanno alcun collegamento con la deforestazione della foresta pluviale, il loro contributo di carbonio sarà molto più piccolo di quelle medie globalizzate. E, di fatto, il contadino potrebbe piantare più alberi per raccogliere i benefici delle siepi frangivento, del foraggio da specie legnose e dal presunto aumento della produttività del pascolo in presenza di leggera ombra. Strike!

Al minuto 0:46:57, Andersen afferma: “Risulta, a causa dell’uso della terra, che il manzo alimentato a foraggio è più insostenibile persino dell’allevamento industriale. Ho dovuto fare i conti col fatto che non c’era nessuno modo di allevare in modo sostenibile animali a sufficienza per sfamare l’attuale domanda di carne del mondo”. Non è questo il problema? La domanda mondiale attuale e prevista accoppiata con una settore agricolo che prospera su una porta girevole col Congresso? Il solo modo in cui questo “risulta” è se ipotizzate il peggio come la sola opzione, il che lo rende facile da respingere. Ma questo è riduzionismo al suo culmine. “Se tutti non possono averlo, nessuno può!” non è una buona chiamata a raccolta. Si tratta ancora dell’ennesima occasione sprecata per la sfumatura. Tutti i rapporti dicono che ridurre drammaticamente la nostra domanda è importante. Ma ciò non è abbastanza buono, l’abbandono totale è la sola opzione presentata come etica e sostenibile da questo film.

4) Portare gli intervistati a dire la propria su un’ipotetica dieta “globale”. 

Ho già toccato questo punto prima, ma in quasi ogni intervista Andersen vuole che l’intervistata/o faccia una dichiarazione del tipo “se i loro prodotti [della Clover-Stornetta Dairy] siano sostenibili per la popolazione mondiale [-Kip Andersen 0:47:15]”. I registi hanno già rimosso il 71% della superficie terrestre anche dall’inclusione nell’equazione della dieta mondiale. Ora vogliono che gli intervistati appianino le differenze sul rimanente 29% del mondo? Se un prodotto non è “sostenibile” per ogni essere umano sul pianeta non dovrebbe essere fatto per niente? Ancora una volta, cosa ci dice questo? Assolutamente niente. Il mondo ha dozzine di diversi ecosistemi, zone climatiche e preferenze culturali. Questo è ciò che rende la cucina così grande – si può apprezzare in che modo l’ambiente locale ha informato la tradizione culinaria. Mi chiedo perché i registi non sono volati a Sápmi e chiesto alla gente indigena se le renne sono un’opzione sostenibile per la popolazione globale. O in Africa, dove i Khoikhoi hanno pascolato il bestiame per secoli, se non per millenni, per chiedere loro se il loro stile di vita è un modello per ogni essere umano su questo pianeta. Dopotutto, “non puoi essere un ambientalista e mangiare prodotti animali” e “il solo modo di vivere in modo sostenibile ed etico su questo pianeta con 7 miliardi di altre persone è quello di vivere con una dieta vegana basata solo su piante”. Perché non andare a dirlo a loro? Oppure loro sono esclusi dal “solo modo di vivere in modo sostenibile ed etico?” E se è così, perché il film non lo chiarisce? Dopotutto, il costante insistere sul fatto che qualcosa sia sostenibile “globalmente” di sicuro valke per tutti, non solo per gli americani.

9. Grafici. 0:06:40.

10. Ecco il link diretto al rapporto (PDF) e la loro citazione preferita: Mekonnen, M.M. e Hoekstra, A.Y. (2010) L’impronta d’acqua verde, blu e grigia dell’allevamento di animali e dei prodotti animali, Value of Water Research Report Series No. 48, UNESCO-IHE, Delft, Olanda.

11. IBID p. 6. Si potrebbe far riferimento al “Glossario” del WFN  per avere le loro definizioni di acqua verde, blu e grigia

12. Il video dell’intervista inizia a 0:46:40

Osservazione Selettiva o chiudere un occhio

In questo diario, “Osservazione Selettiva” significa “sottolineare solo ciò che sostiene la propria idea e ignorare il resto”. E’ strettamente collegato col riduzionismo.

1) Attenzione totale ad un paio di rapporti e completa cecità verso gli altri.

Ricordate che il film è stato lanciato dopo aver letto “L’ombra lunga del bestiame”, un rapporto prodotto dalla FAO, un’agenzia delle Nazioni Unite, nel 2006. La loro decisione è stata ulteriormente rafforzata quando hanno scoperto il rapporto del World Watch Institute del 2009 che afferma che una percentuale del 51% delle emissioni di gas serra proviene dalle emissioni dell’agricoltura animale. Ora, capisco che sia impossibile leggere tutto. Eppure, anche nel marzo del 2011, l’inviato speciale dell’ONU sul diritto al cibo ha pubblicato un rapporto da lui scritto. Il Centro Stampa dell’ONU – lo stesso che Andersen mostra sullo schermo per il rapporto del 2006 sull’ “Ombra lunga” – aveva questo questo da dire nel suo comunicato stampa: (13)

I contadini su piccola scala possono raddoppiare la produzione di cibo in un decennio usando metodi ecologici semplici, secondo le scoperte di un nuovo studio dell’ONU pubblicato oggi, che fa appello per un passaggio fondamentale verso l’agroecologia come misura di alleviamento della povertà.

[…]

“Le prove scientifiche odierne dimostrano che i metodi agroecologici superano l’uso di fertilizzanti chimici nell’aumentare la produzione di cibo dove vivono gli affamati – specialmente in ambienti non favorevoli”, ha aggiunto.

[…]

“Non è semplicemente più la scelta migliore oggigiorno”, sottolinea De Schutter . “Un grande segmento della comunità scientifica ora riconosce gli impatti positivi dell’agroecologia su produzione di cibo, alleviamento della povertà e mitigazione del cambiamento climatico – e questo è ciò che è necessario in un mondo di risorse limitate. [Grassetto mio]

Questo rapporto fa eco alle richieste delle autorità nel campo da tutto il mondo. Eppure, non viene fatta alcuna menzione dell’agroecologia nell’intero documentario. Un campo di ricerca che può “raddoppiare la produzione di cibo”, ed è stato dimostrato che rigenera il paesaggio usando il bestiame nelle giuste situazioni, è del tutto assente dalla discussione di questo documentario sulla sostenibilità dell’agricoltura animale. Ci sono ricercatori in tutta la California che sono grandi esperti in questo campo. L’Università della California a Berkeley (a cui fanno visita), Davis e Santa Cruz hanno tutte ricerche sull’agroecologia in corso o dipartimenti. Com’è possibile fare un documentario in lungometraggio sul futuro del cibo sostenibile e perdersi questo? Be’, era solo un collegamento. Nel 2012, i rappresentanti di tutto il mondo si sono riuniti a Rio per discutere di cambiamento climatico. Sorpresa, l’agroecologia è stato un argomento di discussione sotto il diritto umano al cibo! Nel 2013, un sostegno marcato all’agroecologia è stato pubblicato in un rapporto di 341 pagine dal titolo “Svegliamoci prima che sia troppo tardi: rendiamo l’agricoltura davvero sostenibile ora per la sicurezza alimentare in un clima che cambia“. Il sostegno all’integrazione del bestiame ben pianificata, implementata e gestita nei sistemi agroecologici si può trovare in tutto il documento , scritto da oltre 60 esperti nel campo. Dalla pagina principale del rapporto:

I paesi in via di sviluppo e sviluppati indistintamente necessitano un cambio di paradigma dello sviluppo agricolo: da una “rivoluzione verde” ad un approccio di “vera intensificazione ecologica”. Ciò implica un passaggio rapido e significativo dalla produzione industriale convenzionale, basata sulla monocoltura e altamente dipendente da input esterni verso mosaici di sistemi di produzione sostenibili e rigenerativi che migliorano anche considerevolmente la produttività degli agricoltori su piccola scala. Abbiamo bisogno di vedere uno spostamento da un approccio lineare ad uno olistico nella gestione agricola, che riconosca che un agricoltore non è solo un produttore di beni agricoli, ma anche un gestore di un sistema agro-ecologico che fornisce un bel numero di beni e servizi pubblici (vedi acqua, suolo, paesaggio, energia, biodiversità e ricreazione) asserisce la Trade and Environment Review del 2013 (TER13) della UNCTAD. [Grassetto mio]

Se questo  diario sembra ruvido, date un’altra occhiata alla sezione che ho appena enfatizzato sopra. Il film sceglie di non adottare un approccio olistico all’agricoltura, ma piuttosto un approccio lineare che li ha portati dritti ad una posizione assolutista. Ancora una volta, questi rapporti e saggi offrono, in confronto alla posizione del film, una posizione moderata.


13. Esperto dell’Onu sostiene le pratiche di agricoltura ecologica per migliorare la produzione di cibo. 8 marzo 2011.

2) Tempo per l’agricoltura vegana, ma non per l’agroecologia.

Questa è difficile da perdere. Anche se l’ONU sta incoraggiando l’adozione dell’agroecologia in tutto il mondo, nel film non se ne fa menzione. Anche se ci sono progetti in tutti gli Stati uniti che utilizzano le conoscenze acquisite in quel campo. Tuttavia, c’è tempo per l’agricoltura vegana. Riconosco che l’agricoltura vegana non sia un campo monolitico. Alcuni credono che ci sia un ruolo per il bestiame in questi sistemi. E poi ce ne sono altri che potrebbero portarvi a credere di non aver bisogno di alcun input animale per l’agricoltura. Al minuto 1:19:30, Andersen fa un viaggio in macchina a Detroit per far visita ad una fattoria urbana che dice stia praticando l’agricoltura vegana. Sulla strada, afferma: “Pensavo ancora che servisse il letame degli animali per fare agricoltura biologica. Risulta che c’è un intero movimento di persone che coltivano cibo senza alcun input animale. Ciò è semplicemente falso. Gli animali sono un mondo intero di specie, che va dagli umani e le mucche fino alle spugne. Se questo per voi significa essere di mente troppo apertache ne dite dell’umile lombrico? I lombrichi sono animali.

E come vi dirà ogni ortolano, agricoltore, possessore di ranch o frutticoltore, il letame di lombrico (per qualche ragione il processo è stato denominato “vermicompost” anche se si dà del cibo agli animali per ottenere il loro letame) è estremamente importante per la fertilità del suolo. Intendiamoci, ci sono dei luoghi negli Stati Uniti e in Canada che non si sono evoluti coi lombrichi dal ritiro delle calotte glaciali e l’importazione di specie domestiche dall’Europa durante la colonizzazione ha causato cambiamenti drastici in questi ecosistemi. A parte questo, dichiarare a palla che ci sia un qualche ortolano nel mondo che produce cibo nel suolo senza l’input degli animali è semplicemente falso. Aggiungere compost (materia organica), usare pacciame, ridurre la lavorazione del terreno e mantenere in altro modo il suolo in salute (il che include molti altri animali come talpe e arvicole) incoraggia attivamente i lombrichi! Essi mangiano la materia organica in decomposizione e trasformano quei nutrienti in fertilizzante disponibile alle piante! Quindi i registi stanno cercando dire a questo pubblico che è possibile produrre cibo senza gli animali e vivere in equilibrio con la natura? Ciò è semplicemente falso.

Rimuovere gli animali domestici dall’equazione non significa che hai improvvisamente cominciato a produrre cibo senza input animali. Andersen non menziona nemmeno un altro componente chiave della sostenibilità agricola: l’uso di concime umano ed urina per fertilizzare le colture. La decisione di non usare i nostri “rifiuti” per chiudere i cicli dei nutrienti è assurda. Se decidiamo di usarli, allora useremmo input animali perché gli esseri umani sono animali. Più avanti, Andersen chiede quanto stiano producendo e da quanto spazio. La risposta è circa 14.000 libbre di cibo da 2,5 acri (6350 kg da poco più di un ettaro). Nella scena successiva, tuttavia, si trovano di fronte ad un mucchio di materia organica. Parte di essa è facilmente identificabile come trucioli di legno. Sono come tutti un grande sostenitore dell’agricoltura urbana (sono coinvolto attivamente nel campo), ma questo film è semplicemente fuorviante se non includono l’impronta gli input di fertilità fuori sito nella fattoria! Il sito di Earthworks Urban Farm dichiara persino che usano input extra sito per alimentare il loro sistema di compost. Inoltre, l’affermazione di Andersen secondo cui è “più salutare e più sicuro usare compost vegetariano o vegetale e cose simili” al contrario del letame animale [-Kip Andersen 1:20:45]” è completamente senza fondamento. Non tentano nemmeno di sostenere l’affermazione con una citazione. Meglio tirar fuori la pala e cominciare a rimuovere quei lombrichi che spuntano dal suolo…

La “impronta” di questa fattoria urbana è maggiore di 2,5 acri. Se un CAFO non può affermare che la sua impronta sia limitata dalla dimensione della reale fabbrica, una fattoria biologica certificata che si basa su nutrienti importati per fornire sufficiente fertilità alle operazioni non può farlo a sua volta. E dubito che qualcuno della fattoria faccia una affermazione del genere perché è buon senso. Ma ciò fa sembrare che stiano producendo tutto da 2,5 acri, ignorando i flussi di input completamente. Inoltre la Earthworks Urban Farm ha un alveare sul posto probabilmente da un decennio. Le api sono animali e la fattoria vanta 30 arnie. Non solo le api aumentano l’impollinazione e quindi il rendimento, ma la fattoria gestisce attivamente le arnie per la produzione di miele. E quindi c’è quel poco per cui molti vegani rifuggono l’uso di miele perché si tratta di un prodotto animale (entrambe le società vegane britannica ed americana lo dichiarano vietato).

Sia l’apicoltura sia l’incoraggiamento degli organismi del suolo, compresi gli animali che abitano il suolo, sono parte dell’agricoltura animale. E questo non comincia nemmeno a contare i servizi ecosistemici forniti dalle specie selvatiche che vengono incoraggiate nei sistemi di agricoltura rigenerativa. Gli uccelli mangiano i parassiti. Quelli sono animali. Le coccinelle sono animali. Come lo sono vespe parassite che sono a loro volta molto importanti. Tutti animali. Faccio fatica a vedere un qualsiasi sistema vegano che non si affidi alle funzioni naturali degli animali per migliorare la produttività. O siamo tornati nel territorio di fusione in cui bestiame ed animali sono termini intercambiabili?


Questa non è una fattoria che produce cibo senza nessun input animale. Ciò che è è un esempio molto buono di agricoltura urbana. Prendere il flusso di rifiuti urbani (problemi) e trasformarli in soluzioni. Il loro lavoro per fornire cibo sano e biologico a coloro che ne hanno bisogno è assolutamente lodevole. Perché andare lì e far loro dichiarare che stanno producendo senza input animali quando questo è chiaramente falso?

3) Usare esempi pessimi di agricoltura animale come se rappresentassero l’industria nel suo complesso.

3a) Un esempio terribile di allevamento di anatre in giardino.

Prima di visitare Detroit, i registi visitano un agricoltore casalingo che ha 42 anatre in ciò che sembra essere un lotto suburbano piccolo, malconcio e polveroso. (14) E’ questo il migliore esempio di agricoltura in giardino che potevate trovare? Questo “agricoltore casalingo” alimenta queste povere anatre con semi che non coltiva nemmeno da solo! Gli animali hanno un foraggio visibile pari a zero e non vedo nemmeno uno stagno in cui possano nuotare. Non è che la California sia completamente priva di agricoltori casalinghi che fanno del loro meglio per fornire agli animali un sistema agroecologico! Ecco cosa ho trovato semplicemente digitando le parole “permacultura anatra california” su Google: Fallbrook Permaculture – Sustainable Living in Southern California. Uno non è abbastanza? Dalla prima pagina della ricerca “permacultura anatra california” eccone un altra, il Permaculture Institute of Northern California. Notate niente di diverso fra questi e le 42 anatre in un buco sabbioso che ci sono state presentate come un esempio di agricoltura in giardino? Mi ci è voluto un totale di 3 minuti per trovare questi esempi di persone che trattano le anatre con rispetto in California, e sto scrivendo gratuitamente, qual è la scusa per fare un lungometraggio e scegliere ciò che sembra essere un CAFO suburbano? Potrebbe essere che ci sono modi per allevare bestiame in modo sostenibile? Meglio non mostrarlo allora, in quanto sarebbe in conflitto con la sottotrama del film. E’ più facile farli scivolare via e presentare le 42 anatre di questo tipo e uno scempio come “agricoltura in giardino”.

3b) Un caseificio biologico vicino a San Francisco durante la peggiore siccità in 1.200 anni (15)

Oh, California. Colpita dalla sua peggiore siccità in mille anni, dubito che molti posti sembreranno così belli. Inoltre, essendo un caseificio notevole, filmare un posto del genere accenderà alcune ottiche molto negative (tirare fuori una “vecchia” mucca con un muletto ho i miei dubbi che sia umano). Eppure, John Taylor, comproprietario della Bivalve Organic Dairy avere una bella testa. Afferma che ci sono pochi posti nel mondo con questo tipo di ambiente e capisce che il latte non è sostenibile per l’intero pianeta. Ancora una volta, però, i registi preferiscono affermare che siccome questa particolare pratica non è sostenibile per l’interezza della popolazione mondiale, non è affatto sostenibile. Capisco che sto andando indietro con questi esempi, ma quante volte cercheranno di porre la stessa argomentazione? Cos’è questo desiderio di assicurarsi che tutto sia il 100% sostenibile per il mondo intero? La gran parte dei sostenitori dell’agricoltura rigenerativa sostengono sistemi di cibo locale sostenibile. Questo tiene conto dell’evidente diversità degli ecosistemi del mondo e capisce esplicitamente che le pratiche varieranno di luogo in luogo. Questa ossessione con questa serie di domande sulla “sostenibilità globale o non vale” manca completamente il punto. La misura unica è una ricetta per il disastro.

14. La sua visita parte al minuto 1:09:26.

15. La sua visita parte al minuto 0:48:08. Collegamento alla dichiarazione di peggiore siccità in mille anni. 

Denigrazione

In questo diario, userò la definizione standard di denigrazione: “parlare o scrivere in maniera abusivamente sprezzante”. La denigrazione o “sparare al messaggero” è una vecchia tattica di deviazione per spostare l’attenzione lontana dall’evidenza contraria distruggendo la credibilità del messaggero. 

Ed eccola qui, la pietra angolare di un’argomentazione assolutista. Quando viene presentata una prova contraria, denigra il messaggero. Sono rimasto scioccato dal fatto che avessero impiegato una tattica che tradisce la base stessa dell’etica giornalistica. A partire dal minuto 51:08, Andersen afferma che continuava ad imbattersi nel lavoro di Allan Savory nella sua investigazione delle pratiche di alimentazione foraggera. Andersen afferma che la posizione di Savory sulla desertificazione è di pascolare di più. Che è una semplificazione grossolana, ma andiamo avanti. Nello stesso segmento, Andersen narra quanto segue:

Questo è lo stesso uomo che durante gli anni 50, lavorando come addetto alla ricerca per il dipartimento di quello che ora è lo Zimbabwe, ha inventato la teoria secondo cui in realtà lì erano gli elefanti la causa della desertificazione. E la sua soluzione è stata quella di convincere il governo ad uccidere 40.000 elefanti. Eppure, dopo 14 anni di implacabile carneficina, le condizioni sono solo peggiorate. La sua teoria era sbagliata. L’abbattimento alla fine è finito, ma non prima che decine di migliaia di elefanti e le loro famiglie sono stati uccisi. Questo non è uno dal quale prenderei mai consigli ecologici. [-Kip Andersen 0:51:30-0:52:18]

Mentre narrava, nello sfondo c’era un video della carneficina di elefanti. Scene di elefanti, ammassati l’uno sull’altro che vengono uccisi a fucilate. Si lamentano e piangono, con gli uccisori che camminano sui loro corpi morenti. Roba molto potente. Ma che dire della teoria di savory? Di quale stavamo parlando? La Gestione Olistica o la sua idea profondamente sbagliata che gli elefanti fossero la causa della desertificazione? Oh, certo. Allan Savory non ha sostenuto l’abbattimento della vita selvaggia per mezzo secolo. Nel suo TED talk ampiamente visto, acclamato e controverso, dichiara: (16)

[…] Amavo la vita selvaggia e quindi sono cresciuto odiando il bestiame a cuasa del danno che stava facendo. Poi la mia educazione universitaria come ecologista ha rafforzato le mie credenze. Be’, ho delle novità per voi: una volta eravamo altrettanto certi che il mondo fosse piatto, avevamo torto ed abbiamo torto un’altra volta.

E ora vi voglio invitare con me nel mio viaggio di rieducazione e scoperta. Quando ero giovane, un giovane biologo in Africa, ero impegnato mettere da parte aree meravigliose come futuri parchi nazionali. Ora non prima, erano gli anni 50, e non prima che abbiamo rimosso i popoli cacciatori e suonatori di tamburi per proteggere gli animali, la terra ha cominciato a deteriorarsi – come potete vedere in questo park che abbiamo formato. Ora, non c’era alcun bestiame. Ma sospettando che ora ci fossero troppi elefanti ho fatto una ricerca dimostrando che ce n’erano troppi. Ed ho raccomandato che avremmo dovuto ridurre il loro numero e riportarli ad un livello che la terra potesse sostenere. Ora, questa è stata una decisione terribile da prendere per me ed è stata francamente dinamite politica. Così il nostro governo ha formato una squadra di esperti per valutare la mia ricerca. Lo hanno fatto, erano d’accordo con me e negli anni successivi abbiamo ucciso oltre 40.000 elefanti per cercare di fermare il danno. Ed è andata peggio, non meglio. Amando gli elefanti come io amo, quello è stato il più triste e grande abbaglio della mia vita. E me lo porterò fino alla tomba. Ne è uscita una cosa buona, mi ha reso assolutamente determinato a dedicare la mia vita a trovare soluzioni. [-Allan Savory 4:40-6:50 Grassetto mio]

Il più grande errore della sua vita, un errore che si “porterà fino alla tomba”, lo ha spinto a rendersi conto che senza erbivori, le praterie muoiono. E’ per questo che l’uccisione di decine di migliaia di elefanti, cosa di cui si rammarica profondamente, ha causato il peggioramento della desertificazione. Quindi fatemi capire bene. Un giovane – considerato un esperto all’epoca – fa un incredibile errore di giudizio che porta al massacro di 40.000 elefanti, dopo che una squadra di altri esperti approva il suo piano. Quest’uomo impara dal suo errore e inverte la sua posizione: gli erbivori non sempre causano le desertificazione. Dedica la sua vita intera a scoprire come prendersi cura delle praterie, delle persone della vita selvaggia e dell’ambiente in generale. Non cerca di nascondere il fatto di aver ucciso gli elefanti e se ne rammarica sinceramente. In qualche modo, però, i registi scelgono di appendere questo grave errore – avvenuto oltre 50 anni fa e per il quale sin da allora ha espresso rimorso – come una macina di pietra intorno al suo collo. Non sono in disaccordo con quello che sta dicendo oggi, né sono in disaccordo con qualsiasi cosa abbia detto o fatto per decenni. Piuttosto, scelgono di mandare un video di elefanti che vengono massacrati e liquidano lui e quello che ha da dire completamente.

Questo, miei cari lettori, è un classico esempio di denigrazione.

Ora, per concludere, ecco ancora Howard Lyman. Nato in una grande fattoria casearia, studia scienze agricole all’università e procede a passare quasi 20 anni della sua vita impegnato nell’agricoltura animale industriale. Le fonti pubbliche non ci dicono quanti animali sono stati massacrati dalla sua fattoria in quel periodo, anche se immagino a migliaia. Dopo aver scoperto un tumore alla sua spina dorsale, promette di darsi al biologico. Ben presto adotta una dieta vegetariana. Alla fine, sceglie di diventare vegano. E’ diventato famoso per aver parlato dell’industria dell’agricoltura animale all’Oprah Winfrey Show. Denunciato per le “leggi sulle calunnie alimentari” dalla National Cattlemen’s Beef Association per aver osato rompere il silenzio, da allora ha scritto molti libri e partecipato a molti documentari. Permettetemi di confrontare le storie di Lyman e Savory. Da giovani, entrambi hanno passato decenni partecipando al massacro di animali. Uno per profitto e l’altro per “conservazione”. Entrambi si pentono del loro passato. In seguito, Savory crede che il bestiame abbia un ruolo benefico da giocare in agricoltura e nella gestione della terra. Passa decenni a sviluppare un sistema conosciuto come Gestione olistica per aiutare gli agricoltori ad agire di concerto con la natura.

Al posto di affrontare le argomentazioni di Savory, i registi scelgono di appendergli l’uccisione degli elefanti al collo come un peccato imperdonabile. Così imperdonabile che non affrontano niente di quello che ha imparato negli ultimi 50 anni. Quel che fatto è fatto. Dall’altra parte, Lyman ripudia l’agricoltura animale nella sua interezza. Ricordate, è colui che afferma che non puoi essere un ambientalista e mangiare carne allo stesso tempo. Un vegano dichiarato, Lyman viene invitato a partecipare a Cowspiracy senza alcuna obbiezione a qualsiasi cosa abbia da dire. Ora, cosa c’è in Savory di imperdonabile? Perché le sue azioni – delle quali si pente profondamente quanto Lyman sono sicuro – indegne del perdono e nemmeno della redenzione? Entrambi gli uomini hanno massacrato animali a migliaia. Ma uno ha scelto il veganesimo e l’altro no. E’ questa la sola differenza che posso vedere. La mia ipotesi è che la posizione di Savory sul bestiame in agricoltura e gestione della terra lo rende pericoloso per l’affermazione secondo la quale il veganesimo sia la sola opzione. Pertanto, per essere sicuri, i registi scelgono di denigrarlo perché lui ed una squadra di altri esperti hanno deciso di massacrare elefanti oltre 50 anni fa. Non importa che non ci creda più e da decenni. Non importa che la cosa che interessa Savory è imitare le funzioni dell’ecosistema naturale per aiutare le persone e il loro ambiente. Ciò che importa è che la Gestione Olistica è l’impersonificazione del tipo di posizione moderata e sfumata riguardo l’uso della terra che questo film non vuole mostrare in dettaglio. Non darne al pubblico nessuna idea. Far semplicemente scorrere video di selvaggi massacri di elefanti e lasciare che la reputazione di Savory vada a ramengo.

16. Ho scritto diversi diari sulla gestione Olistica e come si collega all’agroecologia. Sentitevi liberi di vedere la storia dei miei diari per saperne di più. Osserverò che per anticipare gli studi pubblicati che affermano di smontare il metodo di Savory (specialmente Briske 2008), chiunque sia interessato dovrebbe davvero vedere il link che segue che contiene un articolo che delinea il dibattito fra detrattori e coloro che realmente implementano i metodi. Nella letteratura che afferma di aver dimostrato che Savory sbaglia troverete all’opera sia il riduzionismo sia l’osservazione selettiva, poi vi incoraggio a leggere entrambi gli articoli di debunking e le confutazioni. 

Conclusione

Questo è il diario più lungo che abbia mai scritto. Ho faticato molto a moderare il mio tono ed è stato difficile. Onestamente, non mi piace neanche scrivere di cose come questa. Preferisco concentrarmi sulle soluzioni. Il fatto è, però, che è difficile concentrarsi sulle soluzioni quando continuano ad uscire film come questo. Argomentazioni mal costruite perché l’umanità abbandoni completamente l’agricoltura animale servono a poco. In realtà, queste cose sono complicate. Sono così complicate che persino gli autori dei rapporti su cui è stato basato questo film lo dicono. Ma questo film ha buttato tutto questo al vento ed ha impiegato quelli che ho chiamato “i mattoni per costruire una posizione assolutista” per ridurre drasticamente la complessità intrinseca dell’uso umano della terra ad una sola verità universale. E sapete, un conto sarebbe se il film si fosse semplicemente limitato al riduzionismo ed all’uso di pessimi esempi. I documentari lo fanno sempre. Diamine, lo faccio spesso anch’io. Ma impiegare la denigrazione? Abbassarsi a quel livello? Dando colpi bassi a coloro che lavorano instancabilmente per cambiare la nostra forma mentale dal combattere la natura al lavorarci insieme è indecoroso. E poi uscirsene alla fine del film ed affermare:

“Sono dovuto giungere alla conclusione piena. Il solo modo di vivere in modo sostenibile ed etico su questo pianeta di 7 miliardi di altre persone è di vivere una dieta vegana basata interamente su piante” [-Kip Andersen 1:26:55]

Permettendo agli ospiti di dire cose come questa senza la minima obbiezione:

“Non puoi essere un ambientalista e mangiare prodotti animali. Punto. Prenditi in giro quanto vuoi, se vuoi alimentare la tua dipendenza fallo. Ma non definirti un ambientalista”. [-Howard Lyman 1:16:42]

E permettere a ospiti molteplici di affermare che non esiste la pesca sostenibile, senza obbiettare? Chiudere la discussione sul mettere da parte vaste aree come le Aree Marine Protette? Qual è il senso di dichiarare che letteralmente tutti coloro che mangiano carne non sono etici, vivono uno stile di vita insostenibile e non possono essere ambientalisti? Oltre a cacciare un dito ipocrita nell’occhio di persone che condividono una causa comune? Aspettatevi qualche reazione, anche se con 7 mesi di ritardo.

Risorse aggiuntive

Diari di Agroecologia


14 settembre 2013. Introduzione all’agroecologia: Il cambiamento climatico è antropogenico o bovigenico?

21 settembre 2013. Agroecologia: “La riabilitazione della terra degradata ha il potenziale di raddoppiare […] la terra agricola”.

29 settembre 2013. Agroecologia: “…Supera l’uso di fertilizzanti chimici nell’aumentare la produzione di cibo…”

6 ottobre 2013. Agroecologia: “Svegliamoci prima che sia troppo tardi” – rapporto TER13  dell’UNCTAD.

27 ottobre 2013. Agroecologia: 1- Studia la Natura. 2- Facilita le Funzioni Naturali. 3- Riscopri l’Abbondanza.

9 aprile 2014. Agroecologia: Ray Archuleta del NRCS: “Il suolo è nudo, affamato, assetato ed ha la febbre!”

12 giugno 2014. Introduzione all’Agroecologia: Teoria della vita del suolo (ci sono io in video!)

8 luglio 2014. Portare l’ecologia applicata ai mari: Philip Hoare su balene e cambiamento climatico.


Recensioni

“Feral” di George Monbiot. Link.

Cowspiracy documentario.

Rigenerazione su larga scala di ecosistemi danneggiati [Diario]

Documentario eccellente, da vedere: Green Gold di John Liu – versione lunga di “Speranza in un clima che cambia” che è stato presentato al recente summit di Rio.

Un altro buon articolo di John D. Liu. Trovare la sostenibilità nel ripristino degli ecosistemi.

Gestione Olistica [Diari: Primo, Secondo, Terzo, Quarto]:

Il Savory Institute.

Il centro africano per la Gestione Olistica.

Holistic Management International.

Seth Itzkan ha messo insieme un riferimento molto buono per la Gestione Olistica qui.

Permacultura

Il Permaculture Research Institute è eccellente (aggiornato: ex PRI Australia). Con aggiornamenti quasi quotidiani dal mondo della Permacultura (un sistema di progettazione etico che utilizza l’agroecologia [diario]), questo sito è sula mia “lista da controllare” quotidiana. Qui si possono trovare buone notizie.

Ci sono alcuni presentazioni video eccellenti provenienti dalla International Permaculture Convergence del 2011 tenutasi in Giordania, che ha seguito un corso di progettazione in Permacultura tenutosi al sito di fama mondiale “Inverdire il deserto parte II” nella Valle del Mar Morto. Ecco un link al documentario sul sito e qui c’è un aggiornamento fotografico del 2013. Se scorrete in fondo a questa pagina web troverete collegamenti a presentazioni video fatte alla convergence

[Il link sopra potrebbe essere inaccessibile]

Controllate anche Permies.com e Richsoil.com/permaculture per l’impero della Permacultura di Paul Wheaton.


Orto ecologico

Ecco un elenco di diari che ho scritto che parlano di alcuni dei fondamentali.

I. Ecologia dell’orto di base

II. Suolo

III. Strati

IV. Policolture

Database delle piante

Piante per un futuro. Database assolutamente imponente delle piante.

Documentari

Il primo diario di questa serie gira intorno a tre documentari

Il primo è un TED talk di Willie Smits sul ripristino della foresta pluviale per fornire un habitat agli orango ed uno standard di vita alla popolazione locale usando metodi agroecologici. Non solo il progetto ha avuto molto successo, ma la moderazione del clima è stata dimostrata attraverso immagini satellitari.

Il secondo, Il contadino ribelle, parla di Sepp Holzer, un austriaco molto famoso che pratica la sua versione della Permacultura. Ha anche scritto numerosi libri oltre ad essere richiesto in tutto il globo.

Il terzo presenta “Rinverdire i deserti” – che ricopre entrambi i siti in Giordania dove Geoff Lawton e il Permaculture Research Institute hanno applicato la Permacultura con grande successo

Canali YouTube

In nessun ordine particolare:

John D. Liu: pioniere del ripristino su larga scala di ecosistemi.

Che ne dite di cambiare: il progetto di John D. Liu per ispirare gli altri a combattere il cambiamento climatico ed altri problemi.

Whole Systems Design: in opera dal Vermont, la ditta di progettazione in Permacultura di Ben Falk. Panoramica eccellente sul sito e conferenze sull’agroecologia. C’è anche un video da vedere dell’uragano Irene.

Permaculture News: Braccio youtube del PRI

Permasolutions: Offre soluzioni ai problemi ispirate alla Permacultura

Toby Hemenway: Autore del Giardino di Gaia e progettista in Permacultura. Grande conferenza sulla società orticola.

Al Baydha: Progetto pilota in Arabia Saudita per rigenerare il paesaggio da “ossa nude” dei Beduini.

Eric Toensmeier: Autore di Verdure Perenni, Edible Forest Gardens e guru delle piante. Ha un libro in uscita sulle soluzioni al cambiamento climatico con agricoltura con piante perenni.

Paul Stamets: Micologo visionario famoso nel mondo che cambierà il modo in cui vedete il mondo. Non dimenticherete mai i funghi dopo i suoi discorsi riguardo al loro uso e posto potenziali negli ecosistemi.

Libri

I miei libri preferiti:

Edible Forest Gardens, Vol I e II. David Jacke con Eric Toensmeier. Chelsea Green, 2006.

La Permacultura di Sepp Holzer. Sepp Holzer, tradotto (in inglese) da Anna Sapsford-Francis. Chelsea Green, 2010.

Il giardino di Gaia. Toby Hemenway. Chelsea Green, 2009 (seconda edizione).

Lasciate fare il lavoro all’acqua. Bill Zeedyk e Van Clother. The Quivira Coalition, 2009.

La rivoluzione del filo di paglia. Masanobu Fukuoka. Il link vi indirizzerà ad una recensione decente.

Le mele miracolose di Akinori Kimura. Di Takuji Ishikawa, tradotto (in inglese) da Yoko Ono. Questa è una storia assolutamente fantastica. La mia parte preferita è verso la fine, capitolo 22, quando a Kimura viene raccontato il primo successo della sua famiglia. Dategli una letta!

Feral: Alla ricerca dell’incanto sulla frontiera del ritorno al selvaggio. George Monbiot. Allen Lane, 2013.

La fattoria e il casolare resilienti: un approccio innovativo di Permacultura e progettazione del sistema complessivo. Ben Falk. Chelsea Green, 2013.

Per un elenco più completo di libri sul tema, vedete l’elenco delle cose da leggere sulla Permacultura di Toby Hemenway.

Altro

The Land Institute. Il loro obbiettivo è sviluppare colture perenni stabili altamente produttive che produrranno un sistema di vita stabile come le praterie naturali. E’ questo il tipo di ricerca pionieristica che dovremmo finanziare. H/T per sfinx che lo ha portato all’attenzione.

1 commento
  1. giorgio
    giorgio dice:

    Davvero davvero lungo ma anche dettagliato nella analisi quindi … ci sta. Grazie Max. Certo, se studiassero o quantomeno si interessassero di Permacultura prima di fare film…

I commenti sono chiusi.