Autonomia energetica, autosufficienza alimentare e libertà di pensiero

Ciò che ha valore tecnico ha sempre anche un valore etico. Durante i primi corsi sul picco del petrolio e le fonti di energia rinnovabile, realizzati negli anni ’90 ricordavamo sempre una delle massime che ci ha insegnato Enrico Turrini (La Via del Sole): “prima di scegliere la fonte di energia da utilizzare devi decidere quale società vuoi in futuro”.

In questo senso è necessario sviluppare e sostenere strumenti collettivi che ci permettano di costruire sistemi energetici resilienti e locali, oltre che rinnovabili. In Italia lo sviluppo delle energie rinnovabili ha un discreto successo, ad esempio il solo fotovoltaico produrrà quest’anno in Italia circa 23 TWh di energia elettrica (quanto consumano circa 7 milioni di famiglie). Ma il valore che diamo a questa tecnologia non può essere solo di tipo tecnico. Un MW di impianto fotovoltaico realizzato sul terreno agricolo con fondi e procedure dubbie, vedere i casi di infiltrazione mafiosa in alcuni progetti, non può essere da noi paragonato a un MW realizzato sui tetti delle case dei cittadini italiani con fondi propri e leciti oppure ad un impianto realizzato su di un capannone con fondi di una cooperativa solare. Con mezzi diversi si raggiungono obiettivi diversi.

Irrigazione solare a Cuba (ARCS)

Irrigazione solare a Cuba (ARCS)

 

Per dare un senso pratico al nostro lavoro sulla decrescita energetica, iniziamo a conoscere alcune esperienze concrete. Questa volta lascio parlare un amico esperto di energie rinnovabili: Leonardo Berlen, responsabile della redazione e del coordinamento di QualEnergia.it.

Chi vuole far parte del gruppo “Decrescita Energetica” formatosi durante l’ultima, per ora unica, mitica “Transition Fest” può scriverci (reseda@resedaweb.org).

 

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Verso un industria a emissioni zero

Uno dei settori dove, al grande pubblico, appare difficile l’utilizzo delle energie rinnovabili (FER) è quello dell’industria. Il grande consumo energetico e la densità di utilizzo dell’energia sono sempre stati visti come limiti all’impiego concreto dell’energia solare e delle altre risorse rinnovabili.

E’ invece proprio in questo settore che le applicazioni delle FER sono più convenienti e in rapido sviluppo. Pochi anni fa il Task 33 della International Energy Agency (Solar Heating and Cooling Programme) esplorava l’utilizzo dell’energia solare per la produzione di calore nei processi ed utilizzi industriali trovando decine di casi di utilizzo. Tale lavoro continua con il Task 49 (Solar Heat Integration in Industrial Processes ) con l’obiettivo dell’integrazione del calore prodotto da impianti termici solari nei processi industriali.

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Uno dei primi esempi documentati e interessanti per l’utilizzo integrato di varie FER per l’alimentazione di un complesso industriale è stata la fabbrica di collettori solari tedesca SOLVIS. Sorge in una zona industriale al nord di Braunschweig a breve distanza dal canale fluviale che collega i fiumi Reno, Weser ed Elba. L’edificio è entrato in esercizio nell’estate del 2002. Un elemento immediatamente visibile dell’architettura è la tensostruttura metallica del tetto che copre il capannone e che ospita i grandi impianti solari, collettori e moduli fotovoltaici. Obiettivo principale è stato quello di realizzare un edificio a basso consumo energetico il cui fabbisogno energetico residuo possa essere coperto esclusivamente con energie rinnovabili. Il fabbisogno termico calcolato è di 22 kWh/m2 anno e  corrisponde quindi a quello di un edificio a basso consumo energetico.

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Earth Overshoot Day: in 8 mesi l’umanità ha esaurito il budget della Terra di un anno.

Il 20 Agosto è l’ Earth Overshoot Day, il giorno che segna il momento in cui l’umanità ha esaurito le risorse rinnovabili disponibili per l’anno. E’ uno degli indicatori  che stiamo vivendo oltre il limite delle risorse planetarie. Dopo questa data inizieremo ad intaccare i cicli vitali del pianeta prelevando risorse in modo non rinnovabile e accumulando anidride carbonica in atmosfera.

Proprio come le banche tracciano le uscite e le entrate, il Global Footprint Network misura la domanda e l’offerta di risorse naturali e di servizi ecologici. E i dati fanno riflettere. Il Global Footprint Network stima che in circa 8 mesi consumiamo più risorse rinnovabili e capacità di accumulo della CO2 di quanto il pianeta possa mettere a disposizione per un intero anno.

 

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L’importanza di celebrare

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Per introdurre il tema della celebrazione prendo spunto da un’intervista a Chris Jonhstone sul blog del Transition Network (http://www.transitionnetwork.org/blogs/rob-hopkins/2014-07/chris-johnstone-without-celebration-we-wither-away) . Chris è uno psicologo che ha aiutato Rob Hopkins ad inserire nel processo delle Transition Towns elementi di psicologia del cambiamento e di supporto emotivo.

Ecco come risponde alla domanda: perché è importante celebrare?

“Possiamo pensare a come è importante il cibo. Senza cibo deperiamo. Il cibo è nutrimento. Noi abbiamo anche bisogno di nutrimento psicologico o psico-spirituale, nutrimento emozionale. Vedo la celebrazione come una di quelle cose che ci nutrono psicologicamente, emozionalmente, spiritualmente. Penso anche a quanto la celebrazione sia importante nel permetterci di proseguire nei nostri progetti.”

Trovare e concedersi spazi di celebrazione e di festa è importante in ogni ambito della vita e lo è in particolar modo nelle iniziative di cambiamento sociale, ecologico ed economico come le città di transizione. Il processo di cambiamento e di trasformazione che abbiamo avviato in questi anni richiederà molto tempo per essere completato e non ha senso aspettare di completare “il grande cambiamento” per avere momenti di gioia e di riconoscimento reciproco.

Concederci momenti di pausa e di celebrazione ci consente di notare tutti i piccoli passi, i piccoli successi che abbiamo ottenuto. Ci consente di notare anche gli insuccessi, importanti anche quelli per imparare dagli errori e per riprendere il cammino con maggiore consapevolezza.

In generale è molto importante avere momenti di apprezzamento reciproco indipendentemente dai risultati ottenuti, per mantenere la giusta dose di soddisfazione ed entusiasmo. Chris Johnstone paragona l’attivismo sostenibile all’agricoltura sostenibile. Per avere un agricoltura sostenibile dobbiamo nutrire il suolo in modo da avere un buon raccolto senza utilizzare sostanze chimiche, nello stesso modo per avere un attivismo sostenibile dobbiamo continuamente nutrire l’entusiasmo delle persone per portare avanti i nostri progetti.

Possiamo celebrare anche da soli i passi compiuti, ma se lo facciamo in gruppo è molto meglio. L’energia, la gioia e l’entusiasmo si amplificano e si moltiplicano.

Strade in Transizione RiEconomy a Ecofuturo

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Potete prendere nota, far girare il messaaggioe, nel caso, raggiungerci perché nel contesto di Ecofuturo abbiamo organizzato due seminari sulle sperimentazioni fatte con Strade in Transizione e RiEconomy. Si tratta di due incontri pensati sopratutto per chi volesse riprodurre questo tipo di processi nella propria comunità (molto consigliati a chi è nei Gruppi Guida).

Le sperimentazioni compiute fin qui ci hanno consentito di imparare molto, capire cosa funziona, cosa non funziona (e come probabilmente farlo funzionare). Sappiamo di più di ciò che serve e conosciamo meglio i vari strumenti che possono innescare processi di riorganizzazione sistemica delle economie locali.

È gratis!

I seminari sono gratuiti “salvo pagare il biglietto di ingresso al festival che costa 15 euro”, ma hanno un numero di posti limitato quindi chi vuole esserci dovrà iscriversi contattando subito la segreteria di Alcatraz:

Per iscriversi ai seminari:
silvia.negroni@alcatraz.it

Per pernottamenti (anche in tenda):
Libera Università di Alcatraz
Indirizzo: Località Santa Cristina, 53 – 06020 Gubbio (Perugia)
Email: info@alcatraz.it
Telefono: +39 075.9229914 – 075.9229938 – 075.9229939
Fax: +39 075.9228714

Nota: Stradeintransizionisti e Rieconomisti già attivi mi scrivano subbbito per riservare i posti se vogliono venire (sarebbe bello ci fossero testimoni diretti).

A chi ha voglia di impegnarsi intensamente in queste attività consiglio caldamente di seguire entrambe le giornate perché sono strettamente collegate, interconnesse e complementari. Mi spiace per il poco preavviso, ma tutto il festival è una invenzione appena nata.

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29 Luglio 2014 – Ore 10:00 – 13:00
STRADE IN TRANSIZIONE

Facilitazione: Cristiano Bottone (…e forse altri a sorpresa)

Programma:

– Contesto: l’esperienza inglese, il Patto dei Sindaci e l’esperimento a Monteveglio
– Tutto quello che abbiamo imparato fin qui: conferme e sorprese
– Se vuoi rifarlo anche tu: strategie, tattiche e risorse necessarie
– Qual è il prossimo passo?

Sintesi: Strade in Transizione si è rivelata una metodologia molto efficace (forse anche troppo), può essere uno strumento operativo chiave per la gestione del Patto dei Sindaci, ma serve molto adattamento rispetto alle metodologie usate in UK e ci sono parecchie “sorprese” di cui tener conto.

Materiali: Report della sperimentazione, manuali utilizzati per la sperimentazione.

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Testata

30 Luglio 2014 – Ore 10:00 – 13:00
RIECONOMY ALL’ITALIANA

Facilitazione: Cristiano Bottone (…e forse altri a sorpresa)

Programma:

– Contesto: l’esperienza inglese, il Patto dei Sindaci e l’esperimento a S. Giovanni
– Tutto quello che abbiamo imparato fin qui: conferme e sorprese
– Se vuoi rifarlo anche tu: strategie, tattiche e risorse necessarie
– Strade in Transizione come strumento interno a RiEconomy
– Qual è il prossimo passo?

Sintesi: È ancora presto per trarre conclusioni, ma questa prima esperienza è estremamente incoraggiante. Grazie a CURSA e MinAmbiente stiamo sviluppando alcuni strumenti di supporto fondamentali per questo tipo di processi.

Materiali: Report della sperimentazione, griglia di valutazione dei progetti RiEconomy (versione beta), report imprese di transizione in Italia.

 

Che si fa nel pomeriggio?

Dopo i seminari, intorno a voi ci sarà tutto il resto del festival che Jacopo Fo, Michele Dotti, Marco Boschini e molti altri hanno fortemente voluto. Sarà rutilante, multiforme e variopinto, un occasione per conoscere persone, vedere cose, farsi un bagno in piscina, insomma vivere Alcatraz e la sua sempre interessantissima popolazione stanziale e festivaliera.

Per chi volesse, io sarò sempre lì, quindi si può anche continuare a ragionare dei temi dei seminari se a qualcuno servisse, o parlare di transizione, o fare chiacchiere e bere succo di mirtillo.

Università in Transizione

C’è una mezza possibilità che il 31 si faccia il primo forum delle università in transizione d’Italia… state sintonizzati che vi dico.

Se volete, ci vediamo ad Alcatraz… 🙂

Attenti al meteo

meteo

Il buon Luca Lombroso mi segnala una situazione meteo critica a partire da domani, in particolare ci saranno fenomeni intensi (temporali) in nord Italia. Si rischiano localmente allagamenti lampo, grandinate e venti intensi fino a trombe d’aria.

Quindi prudenza, non sottovalutate le situazioni, proteggetevi e scegliete luoghi e attività sicure. Come tutti sapete la maggior quantità di energia ora presente in atmosfera può con facilità dare luogo a fenomeni a cui non siamo abituati e che mettono a repentaglio la sicurezza di persone e cose.

Tutti con gli occhi aperti, ok? Mi raccomando…

La Transizione è politica?

 

Di Rob Hopkins

Da “Transition Culture”. Traduzione di MR

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Criticare la Transizione perché è esplicitamente apartitica e per il fatto che non si impegna nel sistema della politica e dei partiti in modo convenzionale mi sembra come criticare un cucchiaio perché non è molto utile per tagliare il pane. La Transizione è uno strumento progettato per uno scopo specifico. Ma con l’ascesa di UKIP, Fronte Nazionale, Alba Dorata ed altri in Europa ed altrove, l’approccio della Transizione è ancora sostenibile? Dovremmo tutti presentarci alle elezioni? Questo sembra un buon momento per esplorare il modo in cui la Transizione si relaziona alla politica e se il suo approccio è ancora appropriato. Benvenuti non nostro mese di Transizione e politica.

Durante questo mese esploreremo 4 domande chiave:

  • La Transizione è politica?
  • Cosa succederebbe se voi ed alcuni amici simili per mentalità vi metteste insieme e vi candidaste per il vostro comune?
  • Come trovano voce coloro che sono all’interno del sistema politico e mettono in discussione i suoi assunti fondamentali?
  • Cosa fanno i partiti politici principali di Transizione?

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Ci piacerebbe anche sapere cosa ne pensate ed avere vostri contributi. Oggi cominciamo con questo pezzo in risposta alla prima domanda: ‘la Transizione è politica?’ e la nostra intervista con Peter Macfadyen per la seconda. La prima cosa da dire è che ciò che segue sono i miei pensieri, non una qualche posizione politica ufficiale del Transition Network. Per quanto mi riguarda, io immagino la Transizione come se fosse una app. E’ progettata per fare una cosa specifica, mettere insieme le persone per sostenerle ed attivarle per costruire resilienza a livello comunitario, ma sempre nel contesto che, se fatto in un numero sufficiente di luoghi, comincerà a cambiare la politica su scala più ampia e ad aiutare a portare una cultura umana più sana.

Ma è una fra le numerose app che si possono avere per scopi diversi. E’ diversa dalle app della protesta o delle campagne di informazione, è diversa dalle app di lobby politica e si useranno app diverse in tempi diversi. Come dice Jeremy Caradonna nel suo libro in uscita Sostenibilità: una storia, “la sfida è quella di avere un movimento politicamente attivo senza diventare politicizzati”. Ma la domanda che emerge è se la Transizione non è che una parte di un processo più ampio per guidare il cambiamento verso una società più resiliente, giusta, a basso tenore di carbonio e di abbondanza, quale dovrebbe essere il suo rapporto con gli altri pezzi del puzzle? Come si dovrebbe rapportare con le altre ‘app’ (per esempio altri movimenti/campagne/idee per il cambiamento) e al governo locale e nazionale?
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La Transizione come una delle molte app per il cambiamento sociale

Esther Aloun e Samuel Alexander del Simplicity Institute hanno di recente pubblicato un saggio rinfrescante, ben studiato e riflessivo chiamato Il movimento di Transizione: questione di diversità, forza e abbondanza. In questo saggio, si chiedono: “può un movimento sociale, come quello di Transizione, ottenere un cambiamento fondamentale senza impegnarsi nell’azione politica dall’alto? Io risponderei che questo è il solo modo in cui funzionerà la Transizione, creando uno spazio per l’innovazione e la sperimentazione su scala locale in modo tale da ispirare il cambiamento in altre comunità così come più in alto. Stiamo cominciando ad vedere le prove che questo funziona. Il suggerimento di Aloun e Alexander secondo cui la Transizione sarebbe più efficace se fosse connessa meglio con movimenti per il cambiamento più radicali mi sembra che manchi completamente il punto, a mio modo di vedere. Lasciate che lo spieghi un po’ di più.

Se decidessi di presentarmi come candidato delle Città di Transizione, insieme alle mie grandi politiche collegate alla Transizione, dovrei avere politiche sull’aborto, sulla sanità, sull’educazione, sulla difesa, sul commercio internazionale, ecc ecc. Ogni volta che dichiaro una politica su uno di questi temi, mi piazzo sempre di più da qualche parte nello spettro sinistra/destra, pro/anti crescita, pro/anti capitalismo. Appena faccio questo, perdo tutte le persone che non stanno da quella parte. Ciò che funziona a livello politico nazionale diventa profondamente inutile a livello locale.

Lavorare attraverso un’iniziativa di Transizione, che manca di un’esplicita posizione politica è una delle nostre forze chiave. Permette di costruire il tipo di gruppo variegato e politicamente trasversale che serve per costruire comunità più resilienti. Permette la creazione di progetti su scala significativa, ma non limitata da partiti politici e problemi più ampi. E’ il ‘potere di unire’ in cui la Transizione è capace, cosa virtualmente impossibile fare in modo realmente inclusivo se si viene percepiti come politicamente allineati.

Di recente sono stato incuriosito e ho preso una copia del romanzo La seconda vita di Sally Mottram, 4appena pubblicato da David Nobbs, autore di ‘La caduta e l’ascesa di Reginald Perrin’, fra le altre cose. Racconta la storia, nel tipo di racconto che molta gente porterà in spiaggia quest’estate, di Sally che, secondo il retro di copertina “si imbarca nella sua ambizione di riportare la sua città alla vita” facendo partire un’iniziativa di Transizione. E’ “una storia ilare e commovente su cosa mantiene vivo lo spirito della nostra comunità”. Come riassume la Transizione? Qui Sally sta leggendo sul treno, per la prima volta, della Transizione:

I libri [della Transizione] sono pieni di piccoli dettagli, di piccole cose che sono state fatte per cambiare e migliorare molti posti, prevalentemente luoghi molto piccoli, ma il loro tema di fondo non è piccolo. Si tratta, semplicemente, di salvare il nostro pianeta. Implicito in esso e nelle azioni c’è che le cose grandi nascono dalle cose piccole, che da mille piccole azioni, se si possono unire, potrebbe emergere un’azione grande.

L’idea che approcci dal basso guidati dai cittadini rappresentino realmente semplicemente il tipo di azione politica che abbiamo bisogno di vedere sta guadagnando impulso, galvanizzata in particolare dai recenti successi della destra alle elezioni europee. Il gruppo di pensiero dell’ala sinistra Compass di recente ha scritto, nelle sue riflessioni sui risultati delle elezioni europee:

Una nuova economia sta aspettando di essere modellata attraverso aziende consapevoli del cambiamento climatico, attraverso schemi di prestito fra pari per sfidare realmente le grandi banche, attraverso investimenti finanziati dal basso come le piattaforme di avvio e condivisione nelle quali prendiamo in prestito e prestiamo grandi articoli che non usiamo spesso. Una miriade di progetti collaborativi resi possibili da nuove tecnologie, iniziative democratiche come Abundance e grandi idee come B Corps che cambiano la natura stessa delle aziende.

Le stesse tendenze verso la collaborazione, l’auto-organizzazione e le reti sociali verranno infuse nella nostra politica. Da 38 Degrees alla democrazia Flatpack di Frome, dal grande successo di Speranza, non odio nello sconfiggere dal Partito Nazionale Britannico alle Città di Transizione, abbiamo bisogno di una politica condotta dai cittadini, di democrazia quotidiana, non solo di un voto una volta ogni cinque anni.

Quando abbiamo dato vita alla Transizione, la gente diceva “non sarete mai in grado di influenzare i politici con progetti di comunità. Non succederà”. Eppure ora possiamo cominciare ad avere un’idea di come sarà questa progressione. Prendiamo Brixton Città di Transizione a Londra come esempio:

  • Un gruppo di persone si mette insieme e fa crescere la consapevolezza a livello locale, eventi in Open Space, impegna quante più persone possibile che si lanciano come iniziativa di Transizione
  • Questo crea uno spazio supportato in cui la gente ha il permesso di far partire progetti, imprese, iniziative, ma all’interno di un contesto più ampio di altra gente che fa la stessa cosa.
  • Una di queste, Brixton Energy, nasce dal Gruppo Energia e presto diventa una azienda energetica di comunità di successo, che gestisce tre offerte azionarie.5
  • Il Segretario di Stato per l’Energia e il Cambiamento Climatico, Ed Davey, la sceglie come luogo per lanciare il suo appello per una ‘rivoluzione energetica di comunità’ (a destra).
  • Quando il governo abbozza il suo ‘Strategia Energetica Comunitaria’, Brixton Energy fa parte della squadra che redige le bozze (insieme ad altre persone delle iniziative energetiche di Transizione) e vengono menzionati come caso di studio.

Questo a me sembra essere radicale quanto qualsiasi altro gruppo col quale Aloun e Alexander pensano che la Transizione debba fare squadra, ma non sarebbe potuto accadere se lo avesse fatto. La domanda che emerge naturalmente è se impegnarsi in una cosa come la Strategia Energetica Comunitaria sia stato o meno un buon uso del tempo, se sembra probabile portare il tipo di cambiamento realmente trsformativo di cui abbiamo realmente bisogno.

La risposta, finora perlomeno, è che non è sufficiente, ma probabilmente è la cosa migliore che avremmo potuto sperare sotto l’attuale governo. Ed ha permesso il finanziamento per attivare cose come il Fondo ‘Peer mentoring’* per l’Energia Comunitaria (*), che ha attivato il lavoro alla pari che ora sta facendo OVESCO, sostenendo 10 comunità vicine nell’impostare le loro aziende energetiche di comunità, così come altro supporto finanziario. C’è sempre, naturalmente, il pericolo di venire co-optati, un pericolo sollevato da Aloun e Alexander:

Come la maggior parte dei movimenti riformisti, approcci non conflittuali, dal momento che il movimento crea un’occasione sufficiente a diventare visibile, il sistema esistente potrebbe già aver avuto tempo di adattarsi, semplicemente adeguarsi a quel cambiamento”.

Questo è un rischio. Si potrebbe ribattere che, nel contesto del Regno Unito, la Big Society è stato un tentativo di imbottigliare parte di ciò che la Transizione fa così bene. Come di fatto lo sono stati alcuni elementi del Localism Bill. Ma anche se averndo il sostegno da parte delle autorità locali ed altri enti si potrebbe essere visto come co-optati, può realmente essere uno dei modi migliori di proteggersi da questo. Per esempio, il grado di sostegno istituzionale della Sterlina di Bristol da parte del Comune di Bristol è tale che se il governo o la Banca d’Inghilterra volessero chiudere il sistema per qualsiasi ragione, non è solo la Sterlina di Bristol che devono perseguire. Alla fine, si può riuscire a fare di più a livello locale, si può far avvenire il cambiamento. Vedere che il cambiamento avviene ricostruisce la tua fiducia sul fatto che il cambiamento sia possibile e che valga la pena fare uno sforzo. Tendo ad essere d’accordo con John Boik che recentemente ha scritto sul Guardian:

Il livello nazionale non è il luogo per introdurre il cambiamento coraggioso. Farlo sarebbe troppo rischioso, troppo improvviso e troppo caotico per una nazione. Inoltre, sarebbe politicamente insostenibile; le resistenze da parte degli interessi costituiti sarebbero forti.

Una strategia di gran lunga più pratica è quella di introdurre sistemi monetari, finanziari e aziendali a livello locale, su base volontaria e come un complemento all’attuale sistema. Un tale approccio è già legale negli Stati Uniti e molti altri paesi, non servirebbe alcuna nuova legge da approvare. Questa strategia offre la possibilità maggiore di successo con la minore quantità di screzio.

Su scala locale si può creare una nuova storia, mostrare nella pratica, vivente e pulsante, parti funzionanti di una più ampia economia resiliente in arrivo in modo pratico. E questo ha importanza. Come dice John Ehrenfeld in Sostenibilità per progetto:

La sostenibilità può emergere solo quando gli esseri umani moderni adottano una nuova storia che cambierà il loro comportamento in modo tale da prosperare piuttosto che quando l’insostenibilità si manifesta in azione”.

Ciò che mi affascina è il modo in cui questa idea di essere più efficaci atrraverso il non essere esplicitamente politicizzati sta guadagnando impulso. E’ scritto nella storia degli Indipendenti da parte di Frome di cui sentiremo parlare la prossima settimana. E’ l’invito che ho ricevuto per parlare a Salisbury un paio di settimane da parte di un misto di consiglieri che rappresentano tutto lo spettro politico e da parte di alcune persone locali che vogliono far partire la Transizione ma si rendono conto che il Comune non potrebbe farlo. E’0 scritto nel Progetto Economico per Totnes, creato con una coalizione di soggetti interessati locali.


Quindi, per rispondere alla domanda che ci da l’avvio questo mese, “la Transizione è politica?”, la risposta è sì. Profondamente. Ha il potere di trasformare le comunità, le economie, riportere il potere a livello locale, incoraggiare le comunità ad essere proprietarie dei propri patrimoni e ad avere più controllo sul proprio destino economico. Per creare nuovi sistemi alimentari, economici, modelli educativi e ancora e ancora. Conoscete queste cose. Questo è profondamente, visceralmente politico. Ma non lo è esplicitamente. Agisce al di fuori del radar e questo conta davvero. Ma la domanda

Ma poi si pone la domanda, quando il discorso della Regina dà, fra le altre cose, alle aziende di fracking il potere di trivellare sotto casa vostra senza il vostro permesso, la vostra migliore opzione è quella di riunire i vostri vicini per ridurre il vostro uso di energia e dar vita ad un’azienda energetica comunitaria (come recentemente avvenuto a Balcome), o fare lobby e protestare? E qual è, alla fine, la soluzione più ‘politica’? Gustatevi il mese.

 

 

La Transizione la Politica

Vista la recente tornata elettorale e viste le frequenti domande che mi arrivano dai Gruppi Guida in Italia ecco un post di Rob che affronta il tema della relazione tra la Transizione e la politica e tra la Transizione e i partiti.

Al momento è per angloabili, ma spero che qualcuno trovi un attimo per la traduzione al più presto. Buona lettura, un assaggino:

Criticare Transition perché è esplicitamente apartitica e per il fatto che non si impegna nel sistema della politica e dei partiti in modo convenzionale mi sembra come criticare un cucchiaio perché non è molto utile per tagliare il pane.

Ultima Chiamata a Urbania

Salve a tutt*,
per chi dovesse trovarsi dalle parti di Urbania (Pesaro – Urbino) il 21 di maggio, potrebbe essere interessante partecipare alla proiezione del film-documentario “Ultima Chiamata” di Enrico Cerasuolo.

Ancora? Be’, sì. Dopo l’accordo siglato fra Transition Italia e la produzione del film, finalmente possiamo promuoverlo nella sua versione integrale (quella della Rai era forse troppo “ridotta”).

Trovate i dettagli qui.

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Ultima chiamata in streaming

Salve a tutt*,

da ieri e per una settimana, l’intera trasmissione di “Eco della Storia” di domenica sera è disponibile in streaming. Se ve lo siete perso domenica, è una buona occasione per recuperare.

La Rai ha deciso di doppiare il documentario, che è quindi molto più facile da seguire per chi mastica poco l’inglese o fa fatica a seguire i sottotitoli. Purtroppo però, dal documentario originale sono stati tagliati circa 30 minuti. Un’operazione del genere era già avvenuta con “Una fattoria per il futuro”, doppiato, tagliato e programmato su Geo&Geo.

Non sono ancora sicuro se questo sia un materiale utile (visto il doppiaggio) o se sia molto meglio passare l’originale (visti i tagli). In ogni caso, potete verificarlo voi stessi.

Il video è la riproduzione completa della puntata, che comprende un’intervista a Luca Mercalli e degli inserti di immagini di repertorio (compresa la famosa intervista di Piero Angela ad Aurelio Peccei).

Buona visione.

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Jay Forrester

L’ultima chiamata anche a Urbania

Salve a tutti,
comunicazione di servizio: stasera (domenica 27 aprile) alle ore 20:30 nella Sala del Consiglio del Comune di Urbania, abbiamo organizzato una proiezione pubblica del film-documentario “Ultima chiamata”.

Le ragioni che ci hanno spinto ad organizzare una proiezione pubblica sono le stesse che hanno portato alla proiezione a S. Teodoro a Monteveglio: insieme è meglio, se ne può discutere e si possono accompagnare le persone che non conoscono ancora gli scenari di cui si parla nel film. Se vi trovate quindi da queste parti, fate un salto a trovarci.

La sala dovrebbe essere già affollata (speriamo) da tanti rappresentanti delle 3 liste elettorali presentate per le comunali nella giornata di ieri, ma è sufficientemente grande e un posto ve lo troviamo 🙂 In ogni caso, anche se è abbastanza tardi per organizzarsi, se riuscite a non guardare da soli il documentario sarebbe una cosa buona. In ogni caso, buona visione.

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La squadra de “I Limiti dello Sviluppo” nel 1972
(Chiedo scusa a Davide per la sovrapposizione, ma la comunicazione era già in estremo ritardo e non poteva attendere oltre)

L’ultima chiamata a Monteveglio

Donella Meadows

Messaggio (soprattutto) per Bologna e provincia, questa domenica, come già sapete, Rai Storia manda in onda il documentario “Ultima Chiamata“, così si è pensato di guardarcelo assieme a S. Teodoro a Monteveglio (via Abbazia, 28). Chi vuole può raggiungerci dalle 20:00 in modo da poter parlare un po’ prima e un po’ dopo la visione.

Sappiamo che questo film ha un effetto molto intenso su chi conosce tutta la storia ed è molto utile per chi la conosce poco, o per nulla, ma se accompagnato da qualcuno che completa la visione con collegamenti al mondo reale… e io cercherò di aiutarvi in quello.

Se ne avete voglia, ci si vede domenica sera (CAT Bologna and Co. se volete spargete la voce…).

Individuato il nostro “grande orecchio”

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Ieri è stata una giornata molto importante per il Transition Network (l’organizzazione non profit che coordina Transition) e per la rete di Transizione (la miriade di gruppi che sperimenta sul campo in giro per il mondo questo approccio al cambiamento).

Un viaggio cominciato a Lione

Completando un percorso cominciato lo scorso anno a Lione, abbiamo individuato “the keeper of the global perspective” ovvero un membro del board (più o meno il consiglio di amministrazione) del Transition Network che si occuperà di mantenere attivo e costante l’ascolto dei segnali, delle esigenze, delle richieste, delle paure, delle aspettative che emergono in giro per il mondo.

Per la cronaca, Ellen Bermann è ora il nostro “grande orecchio”, occhi, cuore, mani e farà ufficialmente parte del board con questo specifico incarico di ascolto, le facciamo quindi i nostri migliori auguri e faremo di tutto per aiutarla in questo compito.

La cosa però veramente straordinaria e incoraggiante è che siamo riusciti a gestire questo processo a livello internazionale senza utilizzare meccanismi di democrazia rappresentativa e evitando le dinamiche competitive tipiche del nostro attuale sistema.

Ascolto non rappresentanza

Innanzitutto Ellen non rappresenta gli Hub di Transizione presenti nel mondo presso il board del Transition Network, ma si occupa di garantire un canale di ascolto (e questa è una piccola, grande rivoluzione). Quindi non è stata scelta attraverso un processo “elettorale” basato sul criterio di rappresentanza, ma attraverso un percorso ispirato alla sociocrazia e al metodo del consenso.

Si è trattato di scegliere la persona che a tutti è sembrata più adatta, sommando pensieri ed energie di tutti, idee, supporto, ecc. (l’esatto contrario di quanto accade nelle normali elezioni a cui siamo abituati). Abbiamo sviluppato collettivamente un protocollo sperimentale che definisse le modalità di individuazione della “persona più adatta” (sono servite tante videoconferenze e lavoro su documenti condivisi in rete, visto che gli hub sono ormai sparsi un po’ ovunque nel mondo).

Sommare invece che sottrarre

È stato necessario infrangere molte barriere formali e psicologiche, ma così a caldo mi pare di poter dire: si può fare ed è molto bello farlo così.

Non riesco nemmeno a spiegare quanto sia triste confrontare questo modo di procedere con la faticosa e guerresca campagna elettorale che caratterizza questi mesi prima del voto. La differenza tra sommare le energie per prosperare e farsi a pezzi l’un l’altro per vincere è davvero sostanziale (cioè di sostanza, tangibile).

Si può vincere tutti?

Tanto per capire la differenza, credo che Ellen troverà uno straordinario supporto proprio da parte degli altri candidati a questo ruolo, è molto probabile (se ne sta già parlando) che formeranno assieme un formidabile team in cui Ellen avrà una posizione formale ma assieme svolgeranno il loro compito di ascolto in modo ancora più efficace, vedremo…

Per contro, in un normale processo elettorale competitivo, uno vince, gli altri perdono e la guerra ricomincia… difficile che in questa dinamica si trovi posto per il bene comune.

Un altro interessante esperimento quindi e la procedura* individuata, che sicuramente va migliorata e perfezionata (è solo un inizio), potrebbe essere utilizzata in altri contesti, dal micro al macro. Anche questo lo vedremo…

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* Questo il documento sintetico che spiega la procedura sperimentata (è in inglese al momento).

La centesima scimmia. Omaggio a Mike Ruppert

Salve a tutt*,
quello che mi accingo a scrivere è un post delicato (grazie Ellen, per il tuo contributo).

Non conoscevo Michael Ruppert fino a pochi mesi fa, quando quasi per caso mi sono imbattuto nel suo documentario-intervista “Collasso”. Mike è stato un personaggio controverso (o almeno considerato tale), quindi mi rendo conto che sia piuttosto delicato parlarne e proporre il suo pensiero. Ho avuto la fortuna di approcciarmi a lui senza conoscerlo (o senza conoscere le polemiche che lo riguardavano) e quindi senza un pregiudizio inconscio nei suoi confronti.

Mike è stato uno dei primi peakoillers, una delle prime persone che ha dedicato la propria vita allo studio di quello che sta(va) accadendo sul pianeta, forse facendo degli errori, ma prendendosi le sue responsabilità. Ha pagato, come è possibile evincere dal documentario, un prezzo alto per questo e, in definitiva, con la propria vita.

Mike si è ucciso il 13 aprile 2014. Era alla ricerca della centesima scimmia* e probabilmente non l’ha trovata. Tutti noi siamo in cerca della centesima scimmia, tutti noi sappiamo quant’è difficile trovarla. Se la morte di Mike ci darà la forza di continuare a cercarla, forse non sarà stata inutile.

Nella Transizione spesso camminiamo su un sottile margine che ci fa oscillare tra ottimismo impegnato e cupo realismo. Ed è facile che affiori un senso di impotenza di fronte a schemi di potere o accelerazione di dinamiche quali l’esaurimento delle risorse e il cambiamento climatico. Quanto più diventiamo informati e consapevoli quanto più questo ci segna dentro – una strada senza ritorno in cui a volte persino si rimpiange la beata innocenza quando eravamo ignari e forse più spensierati. Una fine improvvisa e di propria mano come quella di Mike ci conferma quanto sia vitale occuparci anche della nostra transizione interiore – individuale e collettiva in modo che oltre al “fare” ci sia sempre uno spazio per darci sostegno e conforto e dove accogliere e trasformare anche eventuali paure e crisi esistenziali.

Buona visione.

*La centesima scimmia è una storia inventata, pseudoscientifica, ma comunica cose che sappiamo essere vere riguardo al modo in cui avvengono i cambiamenti sociali.

 

Guida al Metodo del Consenso

A Marzo 2014, dal lavoro di un manipolo di transizionist* è nato Facilitazione.net, il sito italiano dedicato a mappare le risorse della facilitazione nel nostro Paese…  Tra i materiali presenti sul sito oggi io & max rupo siamo fieri di presentarvi la Guida al Metodo del Consenso, tradotta dall’inestimabile sito inglese Seeds For Change. La trovate qui: http://www.facilitazione.net/mappe/dalla-a-alla-z/il-metodo-del-consenso/

Scaricatela, leggetela, diffondetela e fateci sapere cosa ne pensate!

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Ne approfitto per segnalare anche che a Torri Superiore si terrà, il 24 e 25 Maggio, un incontro nazionale su come gli strumenti della facilitazione e del consenso possano incidere sulla realtà sociale e politica del nostro paese. Informazioni su questo sito.