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#COP21 9/12/2015 – cosa e quanto manca all’accordo

Luca Lombroso da Parigi

COP21 9/12/2015 – cosa e quanto manca all’accordo

Oggi, per non stancarmi troppo in vista dei round finale, ho deciso di concentrandomi sul seguire un paio di side event e di non stare a oltranza in plenaria alla sera, per vedere qualcosa di Parigi.


 
Il primo, “meat: the big omission from the talks on emission. Pubblic understanding and policy option” riguardava l’impatto della carne sui cambiamenti climatici e il fatto che è un argomento (come vedremo, non è il solo) fuori dai negoziati. Ne parlo in questa intervista-articolo, impressionante come ridurre del 30% il consumo di carne in Europa avrebbe un impatto di riduzione emissioni del 15-20%! E come g!uardiamo il dito, l’imballaggio, e sfugge la luna, il prodotto, che è il vero impatto ambientale- Insomma, acquistare carne al supermercato il problema non è la vaschetta ma la bistecca!
Event-flyerIl secondo, “”building a resilient Pacific through effecctive weather climate and early warning system” riguardava un sistema di allertamento meteo e di early warning system come fattore di resilienza e adattamento nelle isole e zone dell’Oceano pacifico più vulnerabili, come Isole Tonga, Vanuatu, in collaborazione col servizio meteo finlandese. Si è parlato della formazione e coinvolgimento della comunità, a partire dalle scuole, attrezzate con strumenti e info meteo varie. Alla fine non ho resistito dal fare due domande, una meteo “come affrontano il problema, che avviene in Italia, delle sempre più frequenti piogge intense in breve tempo con conseguenti flash flood”, la seconda provocatoria, chiedendo se anche da loro il meteorologo rischia le manette o la gogna pubblica… potevo chiedere se esistono le #meteobufale! Domande sostanzialmente senza risposta, salvo qualche sorriso e ironia!
Quanto ai negoziati, è uscito un nuovo testo, sono calate le parentesi e opzioni, da oltre 1600 a un po’ più di 300, c’è l’ozione di 1.5°C ma questo articolo ci dice che per rispettarla dovremmo abbandonare i combustibili fossili entro il 2030! Gli umori sembrano buoni, tutti corrono come dei pazzi dentro il recinto della COP 21, fuori aumentano le forze di sicurezza, ma a quanto pare se sono tutti contenti in generale ognuno ha qualche malcontento o mugugno.
Negoziati a parte, elenco qua, per sommi punti, le cose che mancano nell’accordo o più in generale nei negoziati
• 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica negli INDC er stare entro i 2°C
• La questione della carne, come detto sopra
• Completamente assente ovunque, dai negoziati e dai side event, il picco del petrolio
• Altrettanto, nessuno parla di sovrapopolazione, sia che la intendiamo in senso stretto, sia intesa come sovrapopolazione di consumatori
• L’obsolescenza programmata e la progettazione per la discarica, ovvero limitare l’usa e getta
• Porre dei limiti al consumismo
• Tornando alla sostanza dei negoziati, ne sono esclusi completamente i trasporti internazioni navali e aerei, attualmente il 5% delle emissioni e in forte crescita
• La decrescita: ritengo impossibile attuare gli obiettivi UNFCCC garantendo nel contempo la crescita economica!
• I limiti del pianeta e delle risorse

Insomma, attendiamo la fine della conferenza, voci dicono che potrebbe finire come da programma venerdì, ma altre parlano di sabato o domenica o perfino lunedì, per giudicare; probabilmente da Parigi qualcosa uscirà, ma come ben sappiamo quello che fanno i governi e i potenti arriva  tardi, ed è insufficiente, il resto tocca a noi.

Luca Lombroso

Osservatorio geofisico Dief UNIMORE

Obsèrver in delegazione FLA Fondazione Lombardia per l’ambiente

Ps: Le opinioni qui espresse sono, naturalmente, a titolo personale; scusate eventuali refusi dovuti alla tastiera tablet e alla stanchezza!

 

Lombroso da Parigi COP 21 giorno 2

Lombroso da Parigi COP 21 giorno 2

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Seconda giornata che prendo un po’slow, ieri il primo giorno e’stato subito ricco di impegni e di side event, ma forse devo ancora ambientarmi qui al grande centro Le Bourget. La mattinata e’volata, dopo alcuni incontri con amici vari, sbirciando qualche side event ma senza focalizzarmi su nulla di particolare.
Sara’che invecchio, ma anche se non sono certo un veterano delle COP mi sembra di sentire le stesse frasi, tipo “e’ la nostra ultima occasione buona”, “il tempo sta scadendo”, “le future generazioni ce ne chiederanno conto”, di Copenaghen e delle alter COP a cui ho partecipato. Sara’la (s)volta buona per il clima?
Dipende. In positivo c’e’consapevolezza e unanimita’ dei 196 aderenti all’’ÚNFCCC e tutti, in modo o nell’altro, qualche impegno se lo assumono. Ieri no ho seguito direttamente I negoziati, ma mi sono dedicato a pubbliche relazioni e ho visitato il non meno interessante spazio della società civile, Generation Climate, incontrando varie persone e vedendo varie esperienze di buone pratiche.
Poi, a sera, rientrato in Hotel dove oggi la prendo calma in vista delle prossime giornate che saranno senz’altro intense, leggo con piacere la novità. “un fulmine scuote Parigi”, scrivono gli amici di Italian Climate Network, e in effetti ieri è pure piovuto parecchio e forte, quasi fosse un monito. Altre notizie le trovate sul Guardian, insomma pare che si vada verso un accord forte, politicamente vincolante, con controlli periodici degli obiettivi. Non entro nelle parti tecniche, confesso che rigetto ora ancor più la burocrazia e dintorni. Interessante che pare vengano recepiti anche gli 1.5°C di Massimo riscaldamento planetario a lungo termine, ma diciamolo francamente come fatto simbolico, perchè ormai personalmente la vedo dura rispettare I 2°C, figuriamoci già 1.5°C!
Infatti, l’altra faccia della medaglia e’che gli impegni assunti con gli INDC da oltre 100 Stati, come si sapeva, sono largamente insufficienti anche per rispettare i 2°C gradi; come dicevo ieri dal GAP report, mancano alla conta 12 miliardi di tonnellate di CO2.
Robetta insomma, dove trovarle o meglio tagliarle? I governi, l-ONU e l-UNFCCC qui passano la palla al livello subnazionale (regioni e citta’in particolare), alle imprese, e soprattutto alla societa’civile. Insomma, come si dice in transizione, I Governi non agiranno o se lo fanno sarà tardi e insufficiente, e come sappiamo l’azione del singolo, importante, è comunque insufficiente.
Dunque, ampio spazio anche per le azioni della transizioni. Tocca noi insomma, alle comunità, dovremmo, propongo (se già non è stato fatto) di fare i “conti della lavandiaia” di quante emissioni si stanno tagliando coi progetti in corso, quante ne possiamo ancora tagliare con quelli futuri e quante ne mancano al conteggio finale. E, perche’no, anche pensare a una sorta di INDC

Luca Lombroso

Osservatorio geofisico Dief UNIMORE

Obsèrver in delegazione FLA Fondazione Lombardia per l’ambiente

Ps: Le opinioni qui espresse sono, naturalmente, a titolo personale; scusate eventuali refusi dovuti alla tastiera tablet e alla stanchezza!

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Luca LOMBROSO da Parigi il 7 dicembre 2015

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Buongiorno a tutt*

Condivido qui le impressioni del primo giorno partecipazione a questa avvincente e cruciale COP21.

Nei limiti del possibile vi aggiornerò anche nei prossimi giorni, seguite il post in www.lombroso.org per la mia “rassegna” di post e interviste.

Come sempre entrare in una COP é “entrare nel mondo”, a contatto con 195 paesi; stavolta qua a Parigi è veramente una COP enorme, organizzatissima ma anche inevitabilmente dispersiva, si cammina tanto fra le varie aree (e che ancora non sono andato a Climate generation) fondamentali scarpe comode, ma delicate, anche per non pestare troppo il nostro pianeta già maltrattato.

Appena entrati a questi grandi vertici sul clima, quel che viene da chiedersi é: ma chi sono tutte queste persone ? Che fanno e perché sono qui? sono veramente tutti venuti salvare il pianeta?

Si ci sono attivisti del clima e ambientalisti di varie associazioni,popoli indigeni, i giovani, organizzazioni scientifiche, ecc, ma sono veramente tante le ONG accreditate fra gli “obsèrver”, oltre 1100 ONG secondo l’elenco dei partecipanti dell’UNFCCC, incredibile che ci si frammenti in 1106 associazioni se l’obiettivo, contenere il global warming entro i famigerati 2 gradi, è comune!

A queste si aggiungono le delegazioni governative e ministeriali dei 195 Stati più Unione Europea e due Stati osservatori (Santa Sede e Palestina), e i giornalisti, per un totale di 36276 persone accreditate.

Palesa dunque agli occhi il famigerato effetto valigetta: quanti di questi sono qui veramente per salvare il mondo? E quanti semplicemente perché è il loro lavoro, per promuovere il loro prodotto come “salva mondo”, la loro causa o interesse personale o corporativa, ecc?

Manca a mio avviso personale la famigerata vision sistemica transizionista, e so già che il tema picco del petrolio é completamente assente dai negoziati. Due buoni motivi però per cercare di portarli, anche dentro il “recinto” della conferenza ONU.

Prendiamo per buono che, sia pure con sfaccettature non sempre transizionista, il termine resilienza è ormai presente in molti side event,conferenze e altro e anche in interventi ad alto livello.

Ma veniamo alla prima giornata, si inizia al solito con le pratiche burocratiche,dopo i controlli di sicurezza, gli stessi aeroportuali, giustamente attenti e approfonditi, tutto fila liscio, ma ho sempre a mente la disorganizzazione e le code di Copenaghen.

Per prima cosa inizio con una presa di confidenza degli spazi, logistica, sale side event, che hanno profumati croissant e ricchi buffet, attenti però all’ambiente, prevalgono ncibo bio il più possibile locale, anche vegetariano e vegano.

L’esposizione è veramente ricca di stand e cose interessanti, ma ci dedicherò poi tempo e raccolta di materiale con calma.

Poi è la volta del primo side event, segnalatomi da FOCSIV, un side organizzato da Caritas internazionale “Deal with it! People, Rights, Justice”, l’accordo con noi, gente, diritti, giustizia. Relatori Rt. Hon Nicola Sturgeon MSP, First Minister of Scotland, Julianne Hickey, Caritas Aotearoa New Zealand, Ivo Poletto, REPAM (Pan-Amazonian Ecclesial Network), Asad Rehman, Friends of the Earth International, moderatore Nick Clark, Senior Environment Correspondent, Al Jazeera

Si parlato di come l’accordo, che dovrà essere forte e politicamente vincolante, debba tenere conto dei diritti umani, il che, incredibile, pare che non sia cosa scontata.

Julianne Hickey parla degli impatti in Oceania, in particolare cicloni tropicali e aumento del livello del mare, per queste zone i cambiamenti climatici non sono una questione economica ma di sopravvivenza!ecco perché gli stati insulari chiedono di riconoscere come target di massimo riscaldamento planetario non 2ºC bensì 1.5ºC.

Particolarmente appassionato l’intervento di Ivo Poletto, REPAM (Pan-Amazonian Ecclesial Network) che parla di bioma dell’Amazonia e cambiamenti climatici, e ricorda la grave siccità in Brasile e a San Paulo. Molto critici i suoi interventi sulla falsa soluzione di mitigazione dei biocarburanti e le grandi dighe idroelettriche spacciate come energia pulita. Racconta come una sola diga inonderà 729 km2 con una parete alta come un edificio di 18 piani,affetterà la vita di oltre 20000 indigeni minacciando il loro stile di vita tradizionale il governo procede senza coinvolgerli e senza consultarli.

L’accordo, dice, dovrà avere un quadro internazionale che garantisca la biodiversità e la vita dei popoli indigeni in Brasile e i fondi di finanza climatica devono appoggiare e garantire i popoli indigeni recuperando foreste e garantendo il bioma dell’Amazonia, senza false soluzioni come biocarburanti e grandi dighe.

Nicola Sturgeon MSP, First Minister of Scotland si esprime per un accordo forte e politicamente vincolante e dice che la Scozia ha istituito un fondo per la giustizia climatica.

Tutte cose, mio commento, sacrosante e che dovrebbero essere scontate, sostanzialmente le stesse che si dicevano a Copenaghen nel 2009, speriamo dunque sia la volta buona!

Ma se è la volta buona ce lo dovrebbe dire il “GAP report”, side event che presenta lo studio dell’UNEP agenzia ambiente delle nazioni unite che valuta le emissioni passate e future in relazione al target di contenere il global warming entro i due gradi al 2100 e rispetto all’era preindustriale. Il report di quest’anno, la novità, tiene conto degli INDC, gli intenti o meglio promesse, dato che sono volontari, di riduzione delle emissioni presentate da oltre 140 nazioni pari al quasi il 90% delle emissioni.

Emerge così che 12 GtCO2 al 2030 (robetta insomma, 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica!) al percorso per la decarbonizzazione che peraltro ci darebbe solo il 60% di probabilità di evitare i famigerati due gradi. Si accenna anche agli 1.5ºC, perché per molti stati i 2ºC non sono sufficienti a evitare impatti devastanti!

I relatori, fra cui il segretario UNEP Achim Steiner, appaiono però ottimisti per il fatto che qui per la prima volta si vedono impegni da tutti, ma qui la stanchezza e il mio inglese arrugginito dall’uso del francese, dello spagnolo (e dal dialetto modenese) prende il sopravvento insieme alla fame, mitigata dal buffet ecosostenibile, quasi transizionista con le stoviglie di porcellana e acciaio lavabili.

Dopo una pausa caffè e qualche chiacchiera vado a vedere la sala della plenaria, dove si svolge la sessione alto livello in cui parlano i ministri. il ministro dell’ambiente italiano Galletti, che era sul mio stesso volo, parlerà martedì mattina, fra i primi, verso le 10-10:39 direi.

La sala plenaria Seinne, la principale, é veramente enorme, 2000 posti, e bella,entro mentre parla Excellency Mr. Yeshey Dorji, Minister of Agriculture and Forests and Vice Chair of National Environment Commission of Bhutan

Il piccolo stato tibetano è l’unico che ha presentato un INDC giudicato “adeguato” da Carbon Tracker per il target dei due gradi, il Ministro dell’agricoltura del Bhutan dice che hanno adottato come parametro di sviluppo la felicità interna anziché il PIL e che si esprimono per un accordo forte e politicamente vincolante

Alle 16:45 passo al side event Driving climate action through the Compact of States and Regions and the Under2MoU. Organizzato da Climate groupe, a cui a cui aderisce anche la Fondazione Lombardia per l’ambiente che gentilmente mi ospita in delegazione in collaborazione con l’osservatorio geofisico del Dief UNIMORE.

UNDER2MOU, a cui hanno aderito Lombardia ed Emilia Romagna, è un accordo che coinvolge molte regioni che si impegnano, volontariamente, alla decarbonizzazione è cruciale per l’obiettivo due gradi. Rientra quindi nella c.d. “Agenda delle soluzioni”, le azioni sub nazionali a cui molto si fa affidamento per colmare il famigerato GAP nelle emissioni.

Intervengono vari premier e governatori di grandi regioni industrializzate, fra cui stato di Washington, Catalonia, paesi Baschi e Jabisco (Messico). anche qui parla Nicole Sturgeon, primo ministro Scozia, che ribadisce che è per un accordo forte e vincolante.

Edward Senzo Mchuno, premier Kwazulu Natal (Sudafrica) ricorda però che bisogna ancora dare elettricità a 300 milioni africani e va fatto con energia pulita,ma per far questo servono aiuti economici e tecnologia.

Per chiudere la serata, incontro nel suo hotel l’amico meteorologo cubano JOSE Rubiera, una chiacchierata del più e del meno, poi breve passeggiata digestiva e rientro in hotel a riposare in vista di domani che si preannuncia nuovamente una giornata full, impegnativa e interessante.

Ah i negoziati? Quel che conta si svolge a porte chiuse, difficile fare previsioni, ma già ci si aspetta che proseguano oltre i tempi regolamentari, oltre venerdì e fino a sabato o addirittura domenica.

Luca Lombroso

Osservatorio geofisico Dief UNIMORE

Obsèrver in delegazione FLA Fondazione Lombardia per l’ambiente

Ps: Le opinioni qui espresse sono, naturalmente, a titolo personale; scusate eventuali refusi dovuti alla tastiera tablet e alla stanchezza!