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La biosfera è alla frutta?

Antropocene: l'era dell'uomo

Sul numero di 486 di Nature, uscito il 7 giugno, si trova un nuovo studio intitolato “Approaching a state shift in Earth’s biosphere” in cui gli autori si interrogano sul rischio di essere arrivati a un punto di svolta nel processo di degradazione dell’ambiente planetario.

Sappiamo che nel passato ci sono state parecchie transizioni su scala planetaria che hanno completamente rivoluzionato la faccia della Terra. Possiamo contare tra queste l’ultima era interglaciale, cinque grandi estinzioni di massa, l’esplosione del periodo Cambriano ecc.

Gli autori oggi si interrogano però su un nuovo meccanismo forzante del sistema terra, ovvero la crescita della popolazione umana con la sua capacità di assorbire risorse e trasformare l’ambiente. Abbiamo già cambiato così tanto la biosfera del pianeta che molti concordano sul fatto che quella attuale possa essere definita come un’era a sé stante denominata Antropocene.

Insomma, come già sapete, siamo nei guai, grossi guai e sempre più spesso ci si interroga sul come andrà a finire e sul “siamo ancora in tempo?”.

Lo studio ovviamente non può arrivare a conclusioni definitive, ma raccomanda:

Diminishing the range of biological surprises resulting frombottom-up (local-to-global) and top-down (global-to-local) forcings, postponing their effects and, in the optimal case, averting a planetary-scale critical transition demands global cooperation to stem current global-scale anthropogenic forcings. This will require reducing world population growth and per-capita resource use; rapidly increasing the proportion of theworld’s energy budget that is supplied by sources other than fossil fuels while also becoming more efficient in using fossil fuels when they provide the only option; increasing the efficiency of existingmeans of food production and distribution instead of converting new areas34 or relying on wild species to feed people; and enhancing efforts to manage as reservoirs of biodiversity and ecosystemservices, both in the terrestrial80 and marine realms, the parts of Earth’s surface that are not already dominated by humans.

Per chi volesse approfondire e non fosse angloabile sospetto che “il Rupo” sia già chino sul documento e quasi pronto per diffondere la versione italiana.

2011 – Comincia qui l’economia della felicità?

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Gli amici del Post Carbon Institute presentano oggi l’anteprima del nuovo film “The Economics of Happiness” un film di Helena Norberg-Hodge, Steven Gorelick e John Page con la partecipazione di Vandana Shiva, Bill McKibben, David Korten, Michael Shuman, Juliet Schor, Richard Heinberg, Rob Hopkins, Andrew Simms, Zac Goldsmith, Samdhong Rinpoche.

Prendo spunto da questo per riflettere sul fatto che, archiviati i primi 10 anni del secolo, questo potrebbe essere il decennio in cui l’umanità prende finalmente piena coscienza della situazione sociale, economica e ambientale che abbiamo prodotto e decide di riorganizzarsi attorno a nuovi concetti, nuove idee, nuove linee evolutive.

I prossimi anni

I prossimi 10 anni potrebbero essere meravigliosamente rivoluzionari o semplicemente terrificanti (o una delle sfumature intermedie possibili). Non serve un gran che tentare previsioni perché, come è sempre stato, il futuro siamo noi. Dipende da noi quello che succederà, dalle nostre scelte in tutti gli ambiti della nostra vita. Ma per cominciare a scegliere, primo passo è vedere il mondo per come è, e ora direi che si vede abbastanza bene.

La home page di ieri del Financial Times è piuttosto utile per fare il punto: il petrolio costa troppo, crisi alimentare già in corso, rischio debito per gli stati. Oggi trovate le stesse cose anche su Repubblica, trafilettino addirittura in prima pagina e pagine 8 e 9 all’interno (gli altri giornali italiani parlano solo di cashmere e amenità di politica interna). Sul Sole 24 Ore troviamo però un simpatico articolo sul fatto che gli USA sono a rischio di default, sì come Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia, Gran Bretagna, ecc. Ah, dimenticavo, Tremonti da Parigi dichiara: la crisi non è finita.

Che mi sto dimenticando? Mmmmm vediamo… ah sì, il clima. La situazione climatica è semplicemente sconcertante. L’Australia affoga, la fascia tropicale si è allargata, probabilmente abbiamo già condannato all’estinzione tutte le barriere coralline del mondo, il ghiacciaio Chacaltaya in Bolivia non c’è più (era lì da 18.000 anni) i dati (NOAA) sul metano in atmosfera ci dicono che sta aumentando pure lui (è un gas serra molto più potente del CO2). Tutto questo per dire che le conseguenze del riscaldamento globale sono già tutte qui, non cose di cui si preoccuperanno i nostri nipoti.

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