Antropologia della Transizione

Quell’uomo lì, quello con la maglia nocciola, è il primo antropologo che è venuto a studiarci per fare della Transizione l’oggetto della sua tesi di laurea. Non è che gli avessimo creduto del tutto, ma perché negare a un povero antropologo la sua giusta dose di ricerca sul campo.

Ora si scopre invece che la tesi l’ha fatta davvero, l’ha intitolata “Universi in Transizione” ed è anche estremamente interessante, caldamente raccomandata a tutti i nostri facilitatori, ma anche a chi volesse uno sguardo ulteriore sul movimento.

In verità Alessandro (così si chiama il losco figuro) non si è limitato all’antropologia, ha decisamente sconfinato nella semiotica realizzando un’analisi davvero efficace, molto leggibile, arricchita da collegamenti per me nuovi e stimolati ad autori e idee che non avevo mai frequentato fino ad oggi.

Insomma, bravo e grazie. Questi contributi sono utilissimi, mi verrebbe da dire che andrebbe tradotta in inglese e messa a disposizione del resto del network nel mondo.

Comunque non è il solo ad aver realizzato una tesi di laurea su questo tema, la prossima volta vi parlo di quella di Lou del Bello, che invece è una tesi di semiologia pura (però prima devo finire di leggerla), altrettanto interessante anche se magari più “difficile”.

Poi ce ne sono altre in corso… bello no?

 

The Ecology of man, USA 1948

‘The ecology of man’, è un breve saggio di Technocracy, un movimento nato in Nord America negli anni ’20, ed è la testimonianza storica di come in poche pagine, scritte nel 1948 (!!!), sia possibile trovare un condensato di concetti sorprendentemente attuali. Sebbene con toni profetici e a volte inquietanti, nell’articolo vengono tracciati i punti salienti delle crisi ecologiche, politiche ed economiche che stiamo vivendo in questi anni. Quantomeno bisogna ammettere che dopo oltre sessant’anni, il tempo sembra avergli dato ragione.

Riportiamo qui il principio e le conclusioni di questo testo (tradotto nel 2008 dal gruppo traduzione degli Amici di Beppe Grillo di Roma), ma vale la pena di leggerlo per intero su Il Cambiamento ove è stato pubblicato in due puntate nei giorni scorsi, oppure seguendo i link riportati più sotto in questo post.

INCIPIT

“Il Nord America non può più essere occupato da una civiltà ad alta densità energetica che si basa su fondamenta pericolose e senza futuro. Dobbiamo organizzarci per la sopravvivenza!”

Technocracy da sempre afferma che il tipo di intervento sociale che prospetta, non è solamente auspicabile; è necessario. Non appena analizzeremo questo documento, ci chiederemo: “sarà l’uomo in grado di vivere su questo continente senza cambiare in modo netto il proprio metodo di di gestirlo?”

Il presente non è un opuscolo di piacevole lettura. Spaventerà il lettore nel rendere evidente quanto vicino ad un precipizio ci abbia portato il nostro sconclusionato Sistema dei Prezzi (ndt il libero mercato) e con quale noncuranza i nostri ignoranti leader politici e finanziari non siano a conoscenza dei fatti della vita. È questo persistente rifiuto nell’affrontare la realtà che è stata la causa di tutte le difficoltà della nazione degli ultimi trent’anni.

TESTO INTEGRALE

Leggi su Il Cambiamento (molto carino con immagini e didascalie):

Scarica pdf per stampa

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CONCLUSIONI

Conservare l’acqua dolce del Continente e far sì che torni nel terreno in modo tale da ripristinare il livello della falda freatica e mantenerla ad un livello ottimale. Questo può essere attuato in concreto attraverso il Continental Hydrology Program progettato da Technocracy. Questo programma permette il massimo utilizzo di acqua dolce del Continente in modo equilibrato.

Ridare al terreno la fertilità che gli è stata sottratta nel processo di crescita di piante ed animali. Questo principalmente implica che la fertilità non debba mai allontanarsi dall’area del terreno. Non possiamo dipendere a tempo indeterminato da scarse risorse di fertilizzanti minerali per compensare l’impoverimento della fertilità naturale. Un programma come questo richiede una strategia agronomica e zootecnica continentale, progettata scientificamente, secondo la quale la quantità di piante ed animali del Nord America forniranno sufficiente cibo per la popolazione e prodotti per le industrie del continente senza esaurire la produttività del terreno. Solo Technocracy può fornire la strategia necessaria per la soluzione del problema.

Fare attenzione all’uso delle risorse minerali non rinnovabili del Continente. Minerali e materiali reperibili in abbondanza dovrebbero essere utilizzati ogni volta che sia possibile al posto di quelli che siano scarsi; e materiali riciclabili utilizzati al posto dei non rinnovabili. Pertanto dovrà essere istituito un programma per il massimo utilizzo e il massimo recupero. Non possiamo permetterci, per esempio, di gettare in discarica 48 miliardi di lattine di metallo e 26 miliardi di bottiglie all’anno creando montagne di spazzatura nel paese, e neppure utilizzare in modo eccessivo il piombo come ingrediente base delle vernici. Questo programma può essere messo in atto, ma non all’interno del Sistema dei Prezzi. Dobbiamo di nuovo rivolgerci a Technocracy per la risposta.

Puntare ad un utilizzo equilibrato dell’energia. Non possiamo pensare ancora a lungo ai combustibili fossili come fonte primaria, ma adottare un nuovo modello energetico che ottenga la maggior parte dell’energia da fonti rinnovabili ed una minima quantità da risorse non rinnovabili. Il programma di Technocracy provvede a questo equilibrio. Il Sistema del Prezzo, dall’altra parte, si rifiuta di affrontare il problema, ma punta all’esaurimento delle nostre limitate risorse al massimo ritmo che possa portare un buon ritorno sulla via del profitto.

Devono impostare un programma di pianificazione demografica che mantenga la popolazione all’interno di una larga disponibilità di cibo, acqua, risorse minerali ed energetiche. Il Nord America non è al momento in una condizione di sovrappopolazione, ma vi si sta gradualmente avvicinando e non dovrebbe mai arrivare a superare i 200 milioni. Nessun partito politico può affrontare il problema della demografia, ma la scienza può fornire prontamente una risposta.

Ricordando Portici (e a’ pizzà napoletàn): un video

Un porto, il mare, un tramonto ….. e un racconto di transizione. Siamo a Portici (subito dopo il fantastico Transition Day di Portici ). Grazie a Marina Ferrara di Le Storie di Altro.

Ecco il video

TTalk a Giussano (MB) con enfasi su psicologia del cambiamento

Venerdì 8 aprile ore 21:00 sarò a Giussano (MB), via Massimo D’Azeglio 16, per un Ttalk con particolare enfasi sugli EFFETTI SOCIALI E PSICOLOGICI DELLA CRISI. Questo evento si inserisce all’interno della rassegna “I BAMBINI E LA MADRE TERRA” organizzata dall’Associazione RobindArt.

Per scaricare il programma cliccare qui.

Vi aspettiamo!

 

 

 

Il segreto di Oz – video sottotitolato in italiano

Segnalo a chi desidera approfondire le tematiche di banche, sistema monetario, crisi finanziarie, ecc. che finalmente è disponibile su Youtube il film di Bill Still (autore e regista de “The money masters”) “The Secret of Oz”.

Interessante metafora ….

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=0rujFzOuYdM]

Buona visione.

Rischio reazione a catena anche 5 e 6 in crisi

La situazione in Giappone appare sempre più disperata. Per il reattore 1 si sospetta si sia già innescata una reazione a catena del combustibile mentre ora anche i reattori 5 e 6 di cui non si era parlato molto sono entrati in crisi da raffreddamento. Gli ingegneri TEPCO piangono in diretta TV.

Sì, forse finalmente l’era nucleare è finita in Giappone, un po’ dove era cominciata, ma ancora una volta a che prezzo? Traiamo da tutto questo la forza per pensare in modo nuovo e comprendere i nostri limiti, facciamo del vero progresso d’ora in avanti.

Forse è ora.

L’ozono, il buco e i sistemi complessi

Arctic Ozone Loss

Vi ricordate del buco dell’ozono? Non che voglia aggiungere un ulteriore picco agli innumerevoli che già arricchiscono questo scorcio di secolo, ma pare che il simpatico strato protettivo che tiene lontani gli irraggiamenti nocivi favorendo la vita su questo pianetuccio sia nuovamente nei guai. Ma come? Non l’avevamo risolta sta cosa dell’ozono?

Credevamo, ma ancora una volta forse abbiamo sottovalutato la complessità che ci circonda. La NASA infatti ci spiega che:

Recent observations from satellites and ground stations suggest that atmospheric ozone levels for March in the Arctic were approaching the lowest levels in the modern instrumental era. What those readings mean for the remainder of the year is unclear. But what they mean for the long-term is that the recovery from human-induced ozone depletion is an uneven climb.

Le osservazioni recenti a terra e da satellite indicano che il livello di ozono atmosferico di marzo nell’Artico sta raggiungendo la concentrazione più bassa registrata da quando si eseguono rilevamenti strumentali. Cosa vogliano dire questi dati per l’anno in corso non è chiaro. Ma quello che significano nel lungo termine è che il recupero dell’ozono distrutto per cause umane è faticoso.

La morale è sempre la stessa. Quando rompiamo equilibri complessi e delicati nessuno sa se poi si potranno aggiustare. Ci muoviamo come elefanti in un negozio di cristalli, rompere qualcosa è facile, servono livelli minimi di competenza e comprensione di ciò che si fa, ricostruire è un’altra storia. Nessuno conosce abbastanza bene il sistema da sapere come riparare i danni.

Penso quindi che quando sentiamo dire che migliaia di tonnellate di acqua contaminata viene sversata nel mare davanti alla centrale di Fukushima faremmo meglio a comprendere la complessità di questo gesto. Non basta dire che non ci saranno problemi perché la contaminazione è bassa. Il mondo è molto più complicato di così e non fa che ricordarcelo.

Il risveglio dei media: Wall Steet Journal

In questo grafico sono evidenziati i picchi di costo del petrolio (linea rossa) e le fasi di recessione economica (fasce verticali in azzurro più scuro). Traete voi le conclusioni.

Non sarà che il petrolio ha qualche cosa a che fare con la crisi economica? JUSTIN LAHART del Wall Street Journal si fa cogliere dal dubbio. Progressivamente la realtà riconquisterà l’attenzione degli esseri umani, persino dei giornalisti che si occupano di borsa ed economia, è fatale (se fosse prima sarebbe meglio, ma tant’è).

L’articolo è per angloabili, ma direi che non dice nulla di interessante per chi segue le vicende del picco del petrolio (quindi non state a fare la fatica di leggerlo). È importante invece che la consapevolezza, sia pure con una lentezza imbarazzante, avanzi. Se invece vi va di approfondire, vi consiglio questo articolo su TOD.

Economia della felicità 2

Avvertenza: post lungo, dotarsi di caffé biscotti, sedia comoda, atmosfera ovattata, ecc…

Ecco che provo a dare seguito al precedente post di inizio anno su questo tema (scusino il ritardo lorsignori ma qui si transisce selvaggiamente e il tempo che resta è proprio poco). Per chi arrivasse ora, suggerisco caldamente di leggere quanto già scritto, sennò (forse) non si capisce niente.

Dove eravamo rimasti?

Ci eravamo lasciati con quello strano miscuglio di angoscia e senso di vuoto che attanaglia quasi tutti quando si trovano a contemplare la realtà di questo mondo per come è invece che per come ci è normalmente presentata (quando poi scoppiano le centrali nucleari, l’angoscia aumenta).

Ci eravamo lasciati con la raccomandazione di impegnarsi a escludere dai nostri pensieri i concetti di colpa, l’idea dei buoni e dei cattivi, le categorie della destra e della sinistra ecc.

La molla

Bene. Ora è il momento di parlare della molla. Donella Meadows, che si occupava di studiare come funzionano i sistemi complessi (1), proponeva ai propri sudenti uno strano esperimento (quello che faccio anche io all’inizio dei miei tTalk – qui un esempio un po’ grlillinizzato, ma magari utile). Si presentava con una molla giocattolo, una di quelle che sanno scendere le scale, e la appoggiava sul palmo della mano tenendone con l’altra mano l’estremità superiore. Poi, davanti alla platea, sfilava la mano sotto la molla e questa si allungava verso il pavimento compiendo una bella serie di su e giù. A questo punto la Meadows chiedeva al pubblico: “Perché la molla ha fatto quello che ha fatto?”.

Le risposte generalmente sono “Perché hai tolto la mano” o “Perché c’è la forza di gravità”. A quel punto la nostra scienziata ripeteva l’esperimento sostituendo la molla con la scatola di cartoncino in cui questa viene venduta nei negozi. Quando sfilava la mano da sotto la scatola, ovviamente, questa non si comportava come la molla. Eppure aveva sfilato la mano. Eppure nessuno aveva nel frattempo “spento” la forza di gravità.

Questo giochino fa emergere in modo evidente una nostra attitudine. Quando cerchiamo le cause di ciò che ci accade intorno, quando interpretiamo la realtà, siamo portati naturalmente (e culturalmente) a concentrarci su certi aspetti trascurandone altri. È evidente che la molla è un sistema dotato di sue caratteristiche intrinseche particolari e quindi tende sempre a comportarsi “da molla”, così come la scatola tende a comportarsi “da scatola”. Continua a leggere

Nubi di un piccolo pianeta

A volte un breve filmato è utile per qualche riflessione. Oggi è previsto l’arrivo della nube giapponese.

Aggiornamento: Sembra, che il fatto di stare dall’altra parte della terra comporti alcuni vantaggi quando scoppia una centrale nucleare, gli esperti dicono che dovremmo stare abbastanza tranquilli, i livelli paiono bassi (tutti i condizionali sono per opportuna prudenza). A Tokyo invece le cose sono in peggioramento.

Patrizia Gentilini a Urbania (PU)

Incontro con Patrizia Gentilini organizzato da Urbania in Transizione…

Con due macigni in più nel cuore (Tsunami/Fukushima, Libia) riprendiamo il discorso dove lo abbiamo lasciato il 12 febbraio con Ugo Bardi.
Se siete interessati a conoscere meglio gli effetti del nostro stile di vita “chimico” sulla salute, ci vediamo venerdì sera 25 marzo, alle ore 20:30, alla Sala Volponi.
Patrizia Gentilini, oncologa e membro dell’ISDE, ci farà una panoramica sugli effetti certi e possibili delle migliaia di inquinanti presenti nel nostro ambiente, in special modo in relazione al loro effetto sui bambini.

Parleremo anche di incenerimento di rifiuti e delle sue conseguenze.
Al termine, compatibilmente con la disponibilità di tempo, faremo un “World Cafè” sui temi emersi dall’incontro.

Giocare con gli atomi

Quello che si dice e quello che non si dice mai. Quello che c’è e quello che non c’è. Ogni tanto possiamo permetterci un esercizio di razionalità per fare il punto sulla situazione del nucleare. Questa lunga intervista è piuttosto utile. Grazie a Luca Lombroso per avermela segnalata questa mattina.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Gw6GYCpr_Gg]

Intervista di Il Punto Tv  al Prof. Luigi Sertorio, docente di Ecofisica all’Università di Torino, che ha lavorato 15 anni a Los Alamos negli USA e presso il dipartimento Ambiente della NATO in Europa (prendetevi tempo dura 1:06:54).

Intervista a Richard Heinberg – parte seconda

ECCO LA TRADUZIONE DELLA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA A RICHARD HEINBERG, DEL POST CARBON INSTITUTE. L’INTERVISTA ORIGINALE LA TROVATE SUL SITO DI ROB HOPKINS CLICCANDO QUI

BUONA LETTURA!

Se si considera per esempio il cambiamento climatico e si cerca di capire meglio su quale posizione stare, c’è un consenso scientifico e ci sono delle ricerche, cioè che ti servono a capire cosa è giusto o sbagliato. Mentre con l’economia è come essere in un area grigia – ci sono così tante opinioni – quindi come possiamo capire cosa sta succedendo su scala globale, quali criteri utilizzare per capire quanto certe teorie possono essere valide oppure no? Quali criteri hai utilizzato tu quando hai fatto le ricerche per il tuo libro ?


E’ una domanda interessante, un’ottima domanda.  E’ molto complesso in quanto in gran parte l’economia non è una scienza – è composta da una serie di filosofie e assunzioni alle quali è stata abbinata una matematica molto complicata. La parte matematica sembra molto scientifica ad un osservatore esterno, ma, nuovamente, è basata su tante assunzioni. Veramente, è stata filosofia morale sin dagli inizi.  Quindi come interpretarla e quali criteri utilizzare ? Mi sono avvicinato a persone che prima di tutto utilizzavano alla base dei loro pensieri la realtà biofisica – invece di considerare la teoria economica come un dato di fatto su cui basare tutto il resto.  Si parte dall’energia e dalle risorse e così via, che sono molto più tangibili e possono essere studiati utilizzando il metodo scientifico. Si arriva molto velocemente a quello che molti economisti considererebbero territorio marginale, in quanto la teoria economica standard ancora considera l’ambiente come un sussidiario dell’economia e che le risorse sono infinitamente sostituibili, ecc. – che in effetti è totalmente assurdo ma è un’eresia se metti ciò in dubbio.  Sei costretto a rivolgerti agli eretici, ma a quelli  il cui pensiero è legato al mondo reale.

Quindi, in termini di comprensione della situazione finanziaria in termini di debito e di tutto il mondo delle ipoteche e delle leve finanziarie  e così via, ho cercato di trovare persone che avevano un buon record in termini di previsioni – che avevano intuito il collasso prima che ciò accadesse, quelli che sanno come è fatta una bolla e non si fanno intrappolare da essa, chi sa com’è fatta una bolla assomiglia e non si fa intrappolare da essa. Non ce ne sono troppi.

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Gli incidenti nucleari in Giappone

Post tratto dal blog di ASPO Italia (originale qui)

Domenico Coiante fisico, è stato ricercatore e dirigente per trentacinque anni presso l’ENEA, ove ha diretto il settore Fonti Rinnovabili contribuendo in particolare ai programmi di ricerca sulle tecnologie fotovoltaiche. Da diversi anni collabora con gli Amici della Terra sui temi dell’uso razionale dell’energia.

di Domenico Coiante

Sollecitato a scrivere qualcosa di chiaro sugli incidenti nucleari giapponesi mentre sono ancora in corso gli eventi, mi trovo in una posizione difficile. Non essendo in possesso di tutte le informazioni necessarie sarò sicuramente parziale e non esauriente. Tuttavia ci provo.

La prima domanda che mi viene rivolta da parenti e amici è: “Che cosa è avvenuto?”
Per i reattori di Fukushima, quelli che stanno dando i guai peggiori, la risposta è LOCA: Loss of Coolant Accident, cioè incidente per perdita di fluido refrigerante.
Questo incidente viene classificato fra quelli detti a bassa frequenza di accadimento, a cui il Rapporto Rasmussen sulla sicurezza dei reattori della II generazione (quelli in questione) assegna la probabilità più bassa, cioè 1 caso su 10000 per anno e per reattore. Detto in termini più comprensibili, su 400 reattori in funzione per 25 anni, un incidente di questo tipo accade quasi sicuramente. L’ENEL in una sua stima successiva, fatta per il caso specifico del reattore PWR di Trino Vercellese, ha calcolato una probabilità ancora più bassa, pari a 1 caso su 1 milione.
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Richard Heinberg: sarà un anno interessante…

Richard Heinberg, autore de “La festa è finita” e “Powerdown” è stato intervistato a Totnes, occasione in cui ha presentato il suo ultimo libro “The End of Growth”:  “Penso che il 2011 sarà un anno interessante … in senso cinese …”

Questa è la traduzione della prima parte dell’intervista comparsa sul blog di Rob Hopkins:


Benvenuto a Totnes, è bello averti nuovamente qui!  La prima domanda è: il tuo nuovo libro è sull’economia mentre quello precedente parlava del carbone … ma considerando i tuoi libri antecedenti sul picco del petrolio, a che punto siamo su questo ? Le tue analisi complessive sono sempre le medesime?

Sì, certamente. Il nuovo libro, The End of Growth (La fine della crescita) sostiene che la crescita economica mondiale è giunta al capolinea, sia per ragioni interne al sistema monetario e finanziario globale che per ragioni esterne a questo sistema e il fattore primario all’esterno del sistema monetario è il petrolio. Ora, in una situazione in cui il sistema (finanziario, politico, economico globale) – in teoria – è relativamente stabile, penso sia concepibile che potremmo vedere un altro anno di incremento nella produzione globale di petrolio. Ovviamente non c’è garanzia – non si può definire con certezza che siamo esattamente al picco, poco dopo oppure poco prima.  E’ quasi un esercizio accademico, perché chiaramente siamo nel periodo del picco – una sorta di altopiano accidentato che tutti sapevano sarebbe stata la situazione tipica del periodo del picco di produzione.   Ma non abbiamo il lusso di una situazione economica e politica stabile a livello globale.  Quindi  ogni tentativo di fare previsioni diventa un pasticcio. Prima di tutto abbiamo un’economia molto fragile che potrebbe collassare in qualsiasi momento. Mettendo tutte queste cose insieme ci troviamo in una situazione molto volatile.   Penso che il 2011 sarà un anno interessante … in senso cinese …

Da una prospettiva del picco del petrolio, c’è sempre quella tensione che nei momenti di recessione economica la domanda di petrolio si riduce che poi a sua volta attenua e rimanda il picco nel tempo. Vedi una correlazione tra queste due cose?

Fino a qualche settimana fa, all’inizio delle rivoluzioni in Medio Oriente, sembrava …. non direi evidente ma almeno comprensibile che, come abbiamo visto nel 2008 con il prezzo del greggio che è arrivato  quasi a 150$ al barile; l’economia è crollata e ha causato il declino della domanda; il prezzo è sceso a 35$, che a sua volta ha fatto scendere gli investimenti nella produzione futura di petrolio.  Ci sono 3 variabili da seguire: il prezzo del petrolio, gli investimenti in future produzioni e la produzione attuale.  Si potrebbe quindi prevedere che la domanda aumenterà gradualmente quando l’economia si riprenderà, particolarmente in posti come la Cina.  Ma a un certo punto – magari nel 2012 o 2013 – la domanda supererà la capacità di produzione e farà nuovamente salire il prezzo come abbiamo visto nel 2008. Ma penso che l’instabilità del Medio Oriente ha aggiunto una quarta variabile a questo mix, che sta facendo sì che questo ciclo si ripeta prima di quanto avrebbe fatto altrimenti. Stiamo assistendo a prezzi alti che non sono solo causati da un’ulteriore domanda cinese, ma sono i risultati delle rivoluzioni in Libia e quelle potenziali nel Bahrein e nell’Arabia Saudita. Se questo continua, potremmo  vedere un’impennata nei prezzi – nuovamente a 150$ o addirittura a 200$ e questo porterebbe a un crollo immediato dell’economia e poi vedremo fino a dove cadranno i prezzi in quel caso. Potrebbero anche non cadere così tanto se la produzione globale di petrolio fosse seriamente limitata.  Ricordatevi che nel 2008 non è stato un declino nella produzione di petrolio a determinare la caduta del prezzo – era una caduta della domanda.  Questa volta vedremo una caduta della domanda in un contesto di problemi di approvvigionamento, una situazione molto diversa. Potrebbe pertanto essere molto peggio.

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