Intervista a Richard Heinberg – parte seconda

ECCO LA TRADUZIONE DELLA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA A RICHARD HEINBERG, DEL POST CARBON INSTITUTE. L’INTERVISTA ORIGINALE LA TROVATE SUL SITO DI ROB HOPKINS CLICCANDO QUI

BUONA LETTURA!

Se si considera per esempio il cambiamento climatico e si cerca di capire meglio su quale posizione stare, c’è un consenso scientifico e ci sono delle ricerche, cioè che ti servono a capire cosa è giusto o sbagliato. Mentre con l’economia è come essere in un area grigia – ci sono così tante opinioni – quindi come possiamo capire cosa sta succedendo su scala globale, quali criteri utilizzare per capire quanto certe teorie possono essere valide oppure no? Quali criteri hai utilizzato tu quando hai fatto le ricerche per il tuo libro ?


E’ una domanda interessante, un’ottima domanda.  E’ molto complesso in quanto in gran parte l’economia non è una scienza – è composta da una serie di filosofie e assunzioni alle quali è stata abbinata una matematica molto complicata. La parte matematica sembra molto scientifica ad un osservatore esterno, ma, nuovamente, è basata su tante assunzioni. Veramente, è stata filosofia morale sin dagli inizi.  Quindi come interpretarla e quali criteri utilizzare ? Mi sono avvicinato a persone che prima di tutto utilizzavano alla base dei loro pensieri la realtà biofisica – invece di considerare la teoria economica come un dato di fatto su cui basare tutto il resto.  Si parte dall’energia e dalle risorse e così via, che sono molto più tangibili e possono essere studiati utilizzando il metodo scientifico. Si arriva molto velocemente a quello che molti economisti considererebbero territorio marginale, in quanto la teoria economica standard ancora considera l’ambiente come un sussidiario dell’economia e che le risorse sono infinitamente sostituibili, ecc. – che in effetti è totalmente assurdo ma è un’eresia se metti ciò in dubbio.  Sei costretto a rivolgerti agli eretici, ma a quelli  il cui pensiero è legato al mondo reale.

Quindi, in termini di comprensione della situazione finanziaria in termini di debito e di tutto il mondo delle ipoteche e delle leve finanziarie  e così via, ho cercato di trovare persone che avevano un buon record in termini di previsioni – che avevano intuito il collasso prima che ciò accadesse, quelli che sanno come è fatta una bolla e non si fanno intrappolare da essa, chi sa com’è fatta una bolla assomiglia e non si fa intrappolare da essa. Non ce ne sono troppi.

 

La scorsa settimana abbiamo incontrato Chris Huhne – il Segretario di Stato per l’Energia e il Cambiamento Climatico qui in GB – e parlava in modo eccitato di un rapporto che avevano fatto e che mostrava che i loro piani per l’energia rinnovabile diventavano convenienti con un costo del petrolio a oltre 100$ al barile, perché diventava più conveniente dei sistemi energetici convenzionali. C’è sicuramente un punto debole in tale asserzione ma mi chiedo … cosa risponderesti?

Sicuramente il problema è che una volta che il petrolio raggiunge i 100$ al barile, l’economia incomincia a sgretolarsi e questo rende gli investimenti per le future risorse energetiche molto problematici. Negli USA per esempio, sta crescendo la consapevolezza tra gli esperti energetici che abbiamo un vero problema con il sistema elettrico, per mantenerlo. Anche ignorando i limiti del carbone, continuare a bruciare tanto carbone sta diventando problematico dal punto di vista politico per la questione dei gas serra e così via, e altre risorse per produrre energia elettrica non si stanno affermando in modo sufficientemente veloce e quindi assistiamo ad una grande spinta per incrementare il nucleare.

Ma l’economia è troppo debole per sostenere gli investimenti richiesti. Quindi ci si trova con l’industria nucleare che vorrebbe subito costruire 20 nuovi impianti, anche il governo lo vorrebbe, ma non ci sono soldi per i prestiti. La stessa cosa sta succedendo anche nell’industria delle rinnovabili, ma quando aprono il libretto degli assegni non c’è nulla a supporto.

Con le rinnovabili, è veramente molto importante fare l’investimento con grande anticipo perché non è solo questione di costruire impianti eolici e fotovoltaici ma dobbiamo riconfigurare la rete e dobbiamo creare dei sistemi di accumulo in quanto si tratta di risorse energetiche intermittenti.  Non possiamo incrementare in modo consistente l’eolico e il fotovoltaico se non investiamo cospicuamente anche nelle altri parti del sistema.  Quindi il petrolio a 100$ superficialmente rende le altre alternative energetiche più attraenti – ma quando vai più in profondità ti accorgi che avremmo dovuto fare questo già tanto tempo fa e che ora manca il capitale per farlo.

Considerando i tagli sulla spesa pubblica in GB, c’è un movimento emergente che dice che non sono necessari questi tagli. Ciononostante, si potrebbe argomentare, seguendo le tue analisi, che questo è solo l’inizio, e opporsi a questi tagli pubblici  è come opporsi alla marea che si alza. Qual’è la tua posizione sui tagli della spesa pubblica, ed opporsi ad essi può essere in qualche modo giustificato?

Stiamo assistendo ad un declino degli standard di vita materiali (misurato in termini di consumi energetici e merci) indipendentemente da quello che faranno i governi.  Se i governi e le banche centrali continueranno a ignorare e mascherare l’emorragia deflazionistica che sta alla base dell’economia proteggendo gli investitori dalle perdite, come risultato si avrà il taglio delle spese pubbliche.  L’economista americano Robert Reich sostiene invece che il governo dovrebbe sostenere i consumi e che questo metterebbe nuovamente in moto il motore della crescita.  Sfortunatamente, quest’ultima aspettativa non è realistica, considerando le limitazioni alla crescita imposte dalla disponibilità di energia e risorse e dai disastri ambientali sempre peggiori.   Comunque la strategia di Reich è più sensata di quello di affamare le persone per salvare le banche.

In teoria potrebbe essere possibile per governi e banche centrali creare una moneta libera da interessi per mantenere i servizi di supporto, anche se questo a lungo andare creerebbe problemi con i partner commerciali, che considererebbero una tale strategia come inflazionistica.   Comunque, anche se le persone dovessero avere più soldi nelle loro tasche, questo non risusciterebbe le risorse (anche se gli economisti sostengono il contrario) Questa è la ragione per cui gli standard di vita scenderanno in ogni caso.  E’ veramente una questione se la contrazione avverrà in modo controllata ed equa oppure in modo caotico il che aumenterebbe probabilmente le sofferenze generali e la sommossa politica.

Mi stavo chiedendo se ti erano giunti dei segnali positivi dalla Cina su due punti: si dice che ogni settimana la Cina apre una nuova centrale a carbone. Qualcuno che vive lì e lavora come consulente su questi temi dice che ogni  volta che una nuova centrale viene aperta una vecchia viene chiusa. E anche uno scienziato del clima di nome David Wasdell, che è uno specialista sulle retroazioni, ha raccontato che quando ha parlato ad gruppo di alti funzionari cinesi questi lo hanno ascoltato con grande attenzione  e hanno rievocato la cultura cinese della “sufficienza”.  Non austerità ma la consapevolezza che si dovrà ridurre le aspettative.

Sì, penso che i cinesi si stanno preoccupando dei limiti alla loro crescita che si stanno avvicinando.  I limiti dati dall’inquinamento e dalla disponibilità delle risorse si fanno sempre più pressanti. Di quanto spazio di manovra dispongono ancora lo andremo a scoprire. Temo che non sarà molto perché i Cinesi hanno utilizzato la crescita economica come sollievo sociale durante gli ultimi decenni.  Il popolo cinese ha fatto sacrifici enormi per far avanzare la nazione nella speranza di diventare ricchi.  “Essere ricco è glorioso” diceva Deng Xiao Ping ma solo una piccola parte della popolazione ci è riuscita.

Staranno anche chiudendo qualche vecchio ed inefficiente impianto a carbone ma in realtà il consumo di carbone in Cina è raddoppiato durante gli ultimi dieci anni, e in nessun modo possono mantenere un tasso di crescita annuo del 7-10%  senza incrementare l’utilizzo di carbone. Stanno diventando i leader mondiali nell’energia rinnovabile e pianificano di costruire 250 centrali nucleari durante i prossimi vent’anni.  Ma anche considerando tutto questo, un 7-10% di crescita economica significa raddoppiare il consumo energetico ogni dieci anni, e l’unico modo in cui attualmente possono farlo è continuare a bruciare più carbone – che probabilmente non ci sarà. Importeranno più carbone dall’Australia, Indonesia e forse anche dall’Alaska!  Si parla oggi dell’Alaska che esporta carbone in Cina, ma in considerazione dell’infrastruttura globale non si sa quanto di questo commercio sarà possibile per soddisfare gli appetiti della Cina.

Se fossi un funzionario cinese penserei esattamente quello che hai detto – penserei a come contenere la crescita senza provocare sommosse civili ? La Cina sarà il prossimo Egitto? E’ quanto sta passando per le loro menti ora.

Sai come la Shell fa i workshop sui scenari futuri ? Una persona che conosciamo ci è stato e c’erano due scienziati cinesi dell’alimentazione che stavano speculando su problemi alimentari imminenti legati al clima con delle previsioni di 150 milioni di persone in gravi situazioni di alimentazione.

Questo è imminente a causa della siccità di quest’anno nel Nord della Cina che potrebbe significare un mancato raccolto e che potrebbe a sua volta significare che la Cina cercherà di importare quantità enormi di grano dal resto del mondo.  Siamo già in una situazione, a causa delle inondazioni in Australia, ecc., in cui stiamo riducendo le nostre riserve alimentari a livelli veramente pericolosi.

E’ stato interessante quello che hai detto a proposito della contrazione economica … è quello che abbiamo discusso nella Transition Town Totnes quando abbiamo parlato della sussistenza e le competenze di cui le persone avranno bisogno. E’ una sorta di percorso in cui non approcci le persone con delle competenze di cui avranno bisogno più avanti nel tempo, che sono troppo difficili per essere comprese oggi e troppo lontane da come stiamo vivendo attualmente.  Stavamo pensando di cosa le persone potrebbero avere bisogno … se si prova a far cambiare il consueto modo di concepire il lavoro e vederlo in modo diverso.   Cosa si potrebbe fare ora che potrebbe essere accolto ?

RobHopkins:   Una cosa che abbiamo fatto qui di recente è stato un workshop su Transizione e impresa sociale a cui hanno partecipato anche il sindaco d Totnes e il capo della Camera di Commercio e anche qualche persona chiave a livello locale. Quello che faremo qui i prossimi mesi insieme alla Camera di Commercio, il Comune e alcune organizzazioni strategiche è un progetto economico per la città che gira intorno al concetto di transizione o impresa sociale per vedere da dove potrebbe arrivare la rinascita di questo posto. Cosa dovrebbe includere un piano come questo ?

Certamente si dovrà aumentare l’autosufficienza in tutte le aree – probabilmente nessuna città potrà essere completamente autosufficiente. Tutta la storia delle città è quella del imperialismo regionale e delle risorse, non penso che questo cambierà in modo sostanziale. In ogni caso non possiamo continuare a dipendere da questi reti di trasporto globale   che dipendono totalmente da combustibili fossili a basso prezzo. Quindi ogni piano economico che focalizza sull’autosufficienza andrà nella direzione giusta.  
Ma ci  sarà l’esigenza di avere un vantaggio competitivo per Totnes tanto da chiedersi: “come possiamo contribuire ad altre regioni in modo da rimanere economicamente vitali ?” Questo arriva fino al livello individuale. Direi alle persone di chiedersi “  Cosa potrei fare in una situazione di economia fragile?” Se hai un lavoro e se non hai tantissimi risparmi cercherai di mantenerlo e investire il reddito per finanziare un  processo di apprendimento dove imparare a fare più cose in proprio e diventare maggiormente autosufficiente. Allo stesso tempo, inizia a chiederti se ci fossero molto meno soldi in circolazione e con persone che vivono in situazioni economiche contratte, per cosa sarebbero ancora disposti a pagare e prova a apprendere questa competenza.

Ancora qualche domanda.  Hai utilizzato il termine “autosufficienza” per due volte – sento sempre un campanello d’allarme quando lo sento o lo vedo scritto – proprio per il mito dell’autosufficienza. Ho il sentore che puntare all’autosufficienza sia come erigere un muro intorno alla città, mentre un modo molto più appropriato per descrivere quello che dobbiamo fare è diventare molto meno dipendenti dalle reti globali, come hai detto, e diventare più dipendenti dalle reti locali e regionali, che penso sia nettamente diverso dall’essere autosufficiente.

Giusto, se preferisci il termine “sostituzione delle importazioni” – questo è un modo diverso per descriverlo – trovare modi per sostituire le cose che attualmente importiamo con cose che autoproduciamo o coltiviamo. Ma in un modo o l’altro importeremo meno, quindi se lo chiami autosufficienza oppure sostituzione delle importazioni o qualcos’altro ancora, è la direzione generale verso la quale tenderemo.

Non pensi che il termine “autosufficienza” predispone a una certa mentalità?

Sì, penso che particolarmente tra quelli vocati alla sopravvivenza potrebbe essere problematico.  C’è un libro fantastico scritto negli anni settanta da John Seymour sull’autosufficienza. Penso che abbia fatto un gran lavoro per aiutare le persone a esplorare come farsi nuovamente le cose da soli.

Ok. Controbatto con un saggio di Tony Hemenway  chiamato The myth of self reliance (il mito dell’autosufficienza)  che ritengo molto buono. L’altro termine che hai utilizzato è “vantaggio competitivo”, che in genere contempla una visione economica in cui i costi della manodopera e dei materiali compensano i costi di trasporto per portare qualcosa al mercato. Tutti questi calcoli economici sono stati fatti con un costo dei combustibili quasi a costo zero, per cui penso che il termine “vantaggio competitivo” debba essere ridefinito oppure rimpiazzato.

Deve assolutamente esserlo. C’è il concetto classico del vantaggio competitivo. Ma nel mondo verso il quale ci stiamo muovendo, il modo di intenderlo ora semplicemente non funzionerà. Tutto quello che sembrava un vantaggio competitivo si trasformerà in svantaggio competitivo !

Questo sembra un buon titolo per un saggio – “ Quando il vantaggio competitivo si trasforma in svantaggio competitivo”! E’ un’opportunità, vero?

Herman Daly direbbe che quello che sembra un vantaggio competitivo è un vantaggio assoluto – ma non farmi spiegare questo.

L’ultima domanda che vorrei farti – sono circa 3 anni e mezzo dall’ultima volta che sei venuto a Totnes, quando la Transition Town era appena sul nascere.  Tante cose sono successe da allora e mi chiedevo cosa sono i tuoi pensieri e riflessioni sul successo del movimento della transizione negli ultimi anni e anche sulle sfide che dovrà affrontare nel futuro? Recentemente ho intervistato Michael Shuman e quando gli ho chiesto cosa il movimento della transizione potrebbe fare per aiutare seriamente la localizzazione lui ha detto “andare alla scuola d’impresa. Tutti abbiamo bisogno di andare alla scuola d’impresa” Mi chiedevo, proprio per le sfide che abbiamo davanti, cosa abbiamo bisogno di fare …?

Penso sia vero. Certamente il successo della transizione negli ultimi anni sia stato spettacolare e lodevole – è cresciuto in modo enorme e negli USA da zero siamo ora arrivati a 80 iniziative ufficiali. La sfida è di andare  oltre i pionieri. Penso che in ogni popolazione ci sia meno del 5% che si potrebbero definire come pionieri – persone disposte a fare cose che potrebbero sembrare strane ai vicini.  Penso che questa sia la sfida. Per me il fatto che siamo dinanzi ad una crisi economica potrebbe essere vista come una opportunità da cui cercare di trarre il massimo, in modo che il trend di crescita possa veramente continuare e decollare. Per persone in situazioni economiche difficili in tempi economici incerti, penso sia importante che un’organizzazione o movimento come la Transizione possa offrire alle persone qualche speranza e benefici tangibili, qualcosa che possa aiutarli nelle loro circostanze di vita. Durante tempi economici incerti, le persone sono meno interessate in questioni intellettuali o idealiste, ma saranno maggiormente interessati a quelli che possa aiutarli ad andare avanti, a mangiare, a prendersi cura della propria famiglia, ecc. Se la Transizione riesce ad offrire delle reti cooperative all’interno della comunità che possa dare dei vantaggi tangibili, penso che questo aiuterà enormemente.