Sono stato in giro per lavoro e ora che mi sono seduto al computer per raccontare l’esperienza di questo week end di Open Space ho trovato la mia casella un paio di commenti piuttosto ricchi che credo siano più utili delle mie considerazioni.
Ne esce un post un po’ corposo, quindi se avete fretta tornate un’altra volta. Se invece avete tempo, vi consiglio di farvi una tazza di te, caffè o di qualsiasi cosa possa farvi piacere e di scorrerlo con calma.
Per chi volesse scoprire tutto quello che è nato durante questa esperienza ecco il nostro Istant Report e il conseguente Action Plann (scaricalo in formato PDF). Vi ricordo che la nostra è stata un’attività “mista”, eravamo contemporaneamente in Open Space e in training, oscillando spesso tra il ruolo di partecipanti coinvolti e quello di allievi facilitatori in fase di apprendimento.
Francesca
Libero e responsabile. E’ così che si sente chi partecipa ad una riunione condotta sulla base del metodo Open Space. E’ questo un approccio alla partecipazione il meno strutturato possibile ma chiaro nella sua impostazione, che risulta potentissima: chi partecipa lo fa fintanto che lo vuole, nella modalità che preferisce e in condizioni paritetiche con tutti gli altri partecipanti; chi lo propone rinuncia ad ogni controllo od orientamento, rispetta i risultati e li valorizza; chi lo facilita non è strumento di controllo del processo ma riferimento simbolico costante dello spazio e delle regole alla base della riunione. Non vi è una conduzione “sapiente”, non ci sono tecnici o esperti del tema. L’ipotesi di base è che, dato un tema di interesse generale, tutte le idee, apporti, punti di vista, progetti che ne scaturiscono sono i migliori poiché gli unici “sostenibili” dai proponenti. In tal modo, le riunioni funzionano sempre e possibilmente con soddisfazione di tutti.
L’Open Space si rivela quindi un potentissimo strumento di attivazione delle energie diffuse nella comunità, i cui risultati possono restringersi all’aver parlato assieme in un contesto collaborativo, oppure svilupparsi nel tempo a differente livello – magari dando vita a gruppi di lavoro e progetto, o non svilupparsi affatto – senza trascinare iniziative su cui evidentemente non c’è il sufficiente interesse o coinvolgimento.
Qual è il problema: sono in genere di due, ma il primo sovrasta per dimensione culturale il secondo ed è la questione del controllo. Se si pensa ai processi di partecipazione o progettazione partecipata associati a momenti in cui le istituzioni territoriale formulano una strategia o un progetto urbano, culturale, o altro, il controllo su chi partecipa e sui risultati è una questione difficile da disattivare ed anzi, soprattutto al sud – dove la politica pervade la società nella maniera meno rispettosa dei ruoli e della cittadinanza, è una proposta eretica. Il controllo è diventato patologico nella pervasività raggiunta dalla politica ma anche l’unico modello culturale delle istituzioni, che non hanno colto la grande trasformazione alla base della società della conoscenza e dell’informazione, confinando il nostro paese alla retroguardia culturale, organizzativa e quindi economica.
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Deborah
Transition Italia esiste – è probabilmente questa l’impressione più forte che mi lascia la due giorni di formazione sull’Open Space Technology, allo stesso tempo momento di discussione sul network e sul suo possibile ruolo nella ricostruzione del tessuto sociale e urbano abruzzese. “Transition Italia esiste” ha voluto dire vedere incarnate personalità conosciute grazie alla grande rete, con conversazioni e scambi di cortesie ormai praticamente quotidiane, personalità che in questo fine settimana di sole Montevegliese diventano persone. “Preparatevi ad essere stupiti”, annuncia Gerardo, facilitatore dell’incontro, ma io lo sono già… Un cerchio di prevalentemente trenta-quarantenni, con qualche faccia più giovane e qualcuna più anziana, che trasmette fiducia, ottimismo, e impegno, pragmatico e creativo. Penso che abbiamo questo: una cultura condivisa.
Monteveglio – Locus miticus delle scorribande nella Transizione del Web, che scopro essere paese di boschi, Beghelli, baretti, pannelli solari, fagiani e partigiani. Come ricorda Cristiano, uno quando arriva in una Transition Town si aspetta di, beh, vederla, la transizione, invece si vede ben poco… Insomma, non c’è nessun cartello (ancora) che all’ingresso del paese da il benvenuto a “Monteveglio, città di Transizione”… però capisco l’humus fertile: un parco regionale sormontato da pittoresca abbazia, una grande ditta fornitrice di tecnologie alternative, e parecchio vino.
L’Abruzzo – E mentre Gerardo ci ripeteva la domanda-stimolo: Ricostruire l’Aquila – Come trasformiamo questa tragedia in una grande opportunità?, piano piano il gran foglio di lavoro si riempiva di proposte, dalle piccole e pratiche, alle grandi e programmatiche, passando per i molti dubbi. A ogni tavolo si chiedevano e richiedevano notizie di Gabriella e del gruppo abruzzese, dei loro sforzi prima del terremoto, delle loro richieste a noi, dei loro lutti. Dire che siamo qui “per loro” non sarebbe giusto – ma dire che siamo qui senza di loro, beh, non avrebbe senso per nulla.
Difficile dire cosa si sia concluso, anzi impossibile. Ciascuno ha le sue, di conclusioni. La mia impressione è che ne siamo usciti con un sentito comune di cosa potrebbe essere, la ricostruzione dell’Abruzzo. Potrebbe essere un momento fondamentale per la transizione della nostra povera Italia, potrebbe essere fiero rinascimento di valli e montagne trasformate in “eccellenze” energetiche, urbanistiche, educative, sociali. Quanto potrà essere grande il nostro apporto di formichine pensanti, non è chiaro – più volte è emersa l’idea di mettersi in contatto con un piccolo centro (e non Onna, poverini, loro hanno già il neo-partigiano Silvio con cui fare i conti, non ci viene proprio da travolgerli con i problemi del peak oil) a cui offrire competenze in termini di metodo e di visione di un futuro alternativo. Se a queste e altre idee, brevemente riassunte nei vari Report, ci saranno seguiti, beh, emergerà da queste pagine…
Intelligenza collettiva – L’OST ha molto a che vedere con alcune cose che mi piacciono. Mi ricorda il teatro, o meglio il laboratorio teatrale, il suo elemento di “spreco” – si “spreca” tempo, non si conclude niente, non si produce niente. Sistema estemporaneo, vive nel momento. Mi ricorda il sogno, che ci dicono servire per rielaborare i ricordi – ma che maniera folle, esuberante e sprecona di mettere in ordine dei file nella testa! Mi ricorda il rito magico, che intuisce, afferra, agisce e poco spiega. Mi ricorda che oltre alla ben evidente stupidità collettiva, abbiamo anche un’intelligenza collettiva.
25 Aprile – La seconda giornata dell’incontro era il 25 aprile. Molti partecipanti arrivano con il Manifesto, tradendo una certa tendenza politica di un movimento apolitico. E noi, che andiamo all’orto per salvare la patria…
Last day – Io e Alessandro ce se siamo andati prima della fine del Training, soprattutto perché avevamo deciso di aver bisogno di un giorno di riposo prima di tornare al lavoro lunedì. Insomma abbiamo fatto le “farfalle” (ruolo di chi nell’OST va in giro per lo spazio di lavoro senza apparentemente fare nulla) all’ennesima potenza. E più lasciavo andare il pensiero, più ammiravo il fatto che trenta persone disinteressate possano dedicare due giorni a seminare transizione su una terra che si vorrebbe strangolare nel cemento.
Mutamento – Mi è venuta in mente una cosa che ho imparato pochi giorni fa da un’amica artista. Mi ha raccontato, Tia dai capelli scompiglio, dei serpenti che cambiano pelle. Se un serpente è sano, ma proprio proprio sano, la vecchia pelle viene via integra, insieme, in un colpo solo. In caso contrario viene via a fatica, un pezzo per volta. E’ più difficile far nascere la nuova verità da un corpo malato. E’ faticoso il mutamento sul terreno che non è pronto. E noi siamo qui per questo, per preparare il terreno. A L’Aquila, Gabriella e i suoi hanno avuto poco tempo, troppo poco tempo. Sento un senso di urgenza e di giustezza. Perché come ebbe fumosamente a dire Victor Hugo, “nulla al mondo ha la forza di un’idea il cui tempo è venuto”.
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