Rob Hopkins a Bologna

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Dunque, dunque, il buon Rob, importante ispiratore delle nostre avventure transizioniste, viene a Bologna il 28 e 29 ottobre prossimi e gli faremo fare la “vita d’inferno” che ora vado a descrivervi.

LANCIO DI ALMA LOW CARBON

La ragione principale di questo viaggio è il lancio ufficiale del gruppo di ricerca Alma Low Carbon (ALC) istituito dall’Università di Bologna (tecnicamente si tratta di un Integrated Research Team o IRT). Il tutto nasce su ispirazione (diciamo così) del gruppo “Terracini in Transizione”, iniziativa di Transizione sbocciata nella facoltà di ingegneria ambientale (di via Terracini, appunto), altra bellissima cosa (grazie ad Alessandra, Francesca e a tutti gli altri genitori di questa creatura).

Questa contaminazione tra accademia e Transizione si sta approfondendo qui, come nel resto del mondo. È molto bello e riempie di speranza vedere UniBo che comincia a muoversi, in modalità interdisciplinare, verso un ruolo di traino e supporto di processi di innovazione sociale e scientifica orientati a modelli economici e organizzativi a bassa intensità di carbonio.

Solo un paio di anni fa sarebbe stato impensabile. L’attuale ProRettore alla ricerca è apparso invece molto determinato, e ALC conta più di 100 ricercatori che convergono da ambiti disciplinari differenti, sembrano buoni auspici. Magari aiuterà altri poli universitari in Italia a fare lo stesso? … vediamo.

UniBo ha anche pensato di manifestare in modo pubblico e istituzionale questa sua scelta e ha voluto invitare Rob per rendere la cosa più “solenne”, coinvolgendo le istituzioni cittadine e creando un link molto esplicito e diretto con le idee della Transizione.

SCUOLA, FESTA E RICERCA

Ma visto che calava (rigorosamente in treno) da Totnes fino a qui, ne abbiamo approfittalo per organizzare qualche altra cosuccia collaterale (poveretto) e la cosa migliore mi pare pubblicare il programma in ordine cronologico, così se siete interessati potete partecipare agli eventi aperti.

L’aspirazione è quella di portarlo a gettare “semi” in alcuni ambienti specifici che in questo momento sembrano particolarmente disponibili alle contaminazioni. Il tempo è limitato quindi abbiamo dovuto fare delle scelte, la logica è quella di fare cose che poi possano avere effetti non solo nell’area di Bologna, ma in molti altri posti in Italia, ecco perché un forte accento sull’area ricerca educazione che speriamo possa ispirare molti anche in altri contesti nel nostro paese.

Informazione accessoria, ma non trascurabile, la nostra Deborah sarà incollata a Rob tutto il tempo e quindi l’ostico idioma della perfida Albione verrà costantemente convertito in italiano a beneficio di chi non sa l’inglese.

IL PROGRAMMA DEL 28 OTTOBRE

ore 10:00
Sala Cento Fiori, via Gorki, 16 – Bologna (aperto ma con precedenza agli studenti)
Grow in Transition
Un incontro dedicato a studenti e insegnanti delle scuole superiori. Cos’è Transition e come possiamo immaginare un futuro meraviglioso in tempi di crisi? Possiamo prepararci? Qual è il ruolo della scuola?
info qui

ore 15:00
The quiet room (evento riservato)
Incontro informale con alcuni sindaci e assessori operanti in provincia di Bologna e che hanno già in qualche modo sperimentato la presenza di un’iniziativa di Transizione sul territorio che sono stati chiamati ad amministrare.
sei un sindaco e non ti abbiamo invitato? Manda una mail a questo indirizzo :
cristiano.bottone chiocciola transitionitalia.it

ore 17:00
Media
Una finestra di un paio d’ore dedicata ad alcune interviste
contatto media

ore 20:00
Ritrovo transizionista
Una festa senza nessun programma per transizionisti e amici, ognuno porta cibo, bevande e transition kit, unico obiettivo conoscere Rob e passare una bella serata assieme (lui sarà a pezzi quindi ci sta che a un certo punto lo mandiamo a letto) e la baldoria continua tra noi.

IL PROGRAMMA DEL 29 OTTOBRE

ore 10:00
Sala Cappella Farnese del Comune di Bologna (aperto)
Verso una società low carbon

Ore 9.30 – Registrazione dei partecipanti
Ore 10:00 – Introduzione e saluti

Virginio Merola, Sindaco di Bologna
Dario Braga, Prorettore alla Ricerca Università Bologna
Patrizia Brigidi, Direttrice ISA, Università Bologna
Alessandra Bonoli, Integrated Research Team AlmaLowCarbon, Università Bologna
Cristiano Bottone, Presidente di Transition Italia

Ore 11:00 – Rob Hopkins ,  fondatore delle Transition Town e del Transition Network
Transizione: dalla crisi alla prosperità, un cambio di paradigma

Ore 12:00 – Alessandro Rossi, ANCI Energia Regione Emilia Romagna
Verso una Società Low Carbon: il punto di vista dei Comuni

Ore 12:20 – Guido Caselli, Centro Studi di Unioncamere, Emilia Romagna.
Verso una Società Low Carbon: il punto di vista delle Imprese

Ore 12:40 – Giovanni Fini, Comune di Bologna.
“Bologna Resiliente: i progetti del Comune di Bologna”

Ore 13:00 Conclusioni

ore 15:00
UniBo, facoltà di sociologia (luogo esatto da definire – aperto specialmente a studenti, ricercatori e docenti)
Educazione e ricerca per la Transizione
Discussione aperta su con il sistema educativo e della ricerca possono contribuite a una positiva transizione da un contesto di crisi a uno di prosperità diffusa.

tTalk ad Ancona

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Questo sabato sono invitato ad Ancona da Scholanova (vedete nel volantino qui sopra tutte le info). Facciamo un Transition Talk, quindi è una buona occasione per chi si avvicina alla Transizione per la prima volta o, magari, ne ha sentito parlare vagamente e vuole capire meglio di cosa si stratta.

Questa sorta di “seminario” dura circa quattro ore con una pausa in mezzo, sembrano tante, ma vi assicuro che volano via e alla fine, solitamente si vorrebbe restare a parlare, fare domande ecc. (ecco perché abbiamo inventato il tDay che dura tutta una giornata).

Una raccomandazione che vorrei fare è di prendersi tutto il tempo necessario, la prima parte riguarda quello che i transizionisti chiamano “lo scenario” ed è molto dura ed emozionalmente complessa (è la realtà delle cose ad esserlo, ogni mese di più). Per questo è importante rimanere anche per la seconda parte, ma a volte gli impegni, le cose da fare… qualcuno pensa: “vado a vedere di che si tratta poi magari faccio altro”. Ecco, ve lo sconsiglio, se venite, restate fino alla fine, sennò venite un’altra volta (a Roma ho scoraggiato perfino la povera assessora che non poteva restare fino alla fine e che ha quindi, intelligentemente, scelto di non restare).

È nella seconda parte che si capisce come da un grosso guaio potrebbe nascere una straordinaria prospettiva di evoluzione e prosperità (e mi raccomando, ho scritto potrebbe).

Una seconda raccomandazione riguarda la puntualità, non è una conferenza normale, assomiglia ad un treno sul quale è necessario salire tutti assieme alla prima fermata. Se si sale durante il viaggio si perde inevitabilmente parte del senso del discorso, quindi vi prego di arrivare in tempo per una partenza collettiva.

Fine delle raccomandazioni, se ne avete voglia ci si vede ad Ancona.

Resoconto dell’audizione in Senato sulla Permacultura

AUDIZIONE INFORMALE dei RAPPRESENTANTI DEL SETTORE DELLA PERMACULTURA IN ITALIA

Audizione presieduta da Leana PIGNEDOLI, dalle ore 14.00 alle 14.50

Primo ad intervenire è stato il Presidente dell’Accademia Italiana di Permacultura dott. Massimo Candela che ha fatto una breve presentazione del concetto di permacultura, in particolare ha evidenziato il fatto che la permacultura non è in effetti solo un metodo agricolo ma si fonda su determinati principi etici e pratici.

Ha presentato la storia e le attività dell’Accademia, comprese le relazioni con organizzazioni internazionali e gli aspetti riguardanti la formazione composta attualmente dal corso base di 72 ore, standard riconosciuto anche a livello internazionale e alle fasi successive di formazione pratica intervallata da seminari di approfondimento. Ha enumerato il numero di diplomati e di partecipanti ai corsi di formazione. Accenna il legame tra sovranità alimentare e permacultura e la microeconomia che ha bisogni di una semplificazione amministrativa. Fa notare che la permacultura è un modo nuovo di utilizzare conoscenze già acquisite in diversi campi tecnici e scientifici quali la biologia, l’ecologia, l’ingegneria, ….

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Il secondo intervento è di Pietro Zucchetti fondatore e coordinatore dell’istituto Italiano Permacultura, anche lui parla della storia e della nascita del suo Istituto, dell’esperienza in Inghilterra e della permacultura come un sistema di Landscape design. Illustra un’esperienza di recupero dell’acqua piovana e di riciclo e della fitodepurazione. Illustra alcuni progetti italiani di permacultura, in particolare un progetto di un’azienda agricola di due ettari in Puglia e altri progetti di design effettuati in Italia. Illustra brevemente un gioco/laboratorio sul significato di permacultura che è realizzato durante i corsi di formazione dell’Istituto, tale esperienza non si è potuta effettuare per mancanza di tempo ma è stata consegnata ai Senatori una memoria scritta.

Il terzo intervento è di Roberto Salustri direttore scientifico dell’EcoIstituto RESEDA ed esponente della Permacultura Bioregionale.  “La permacultura non è solo una pratica agricola ma una pratica per progettare un modo di vita completamente sostenibile dove, grazie ad un insieme di ecosistemi costruiti dall’uomo, si possa vivere di quello che gli ecosistemi producono. In questo percorso è importante ridisegnare e rivedere il nostro stile di vita, la riduzione dei consumi e la decrescita energetica in modo da adeguarsi ai limiti dei cicli naturali”. Parla di semplificazione della normativa per le piccole e micro aziende agricole, nonché per la vendita diretta delle autoproduzioni artigianali e alimentari. Per illustrare le linee guida dell’EcoIstituto illustra il progetto di Permacultura a Cuba, il parallelo del “Bloqueo” con il picco del petrolio, il crollo dell’agricoltura industriale cubana e la nascita degli orti urbani e delle esperienze di Permacultura a Cuba (cooperativa Roberto Amaral, 235 ettari), il ruolo della permacultura all’interno del movimento delle transition town, il concetto di resilienza e le esperienze di permacultura “difficile” nel deserto (orti familiari solari).

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Permacultura in Senato

tTraining Campogalliano problemi iscrizione

Ci hanno segnalato dei problemi nella form di iscrizione a questo training, in effetti il modulo aveva smesso di funzionare, può essere quindi che qualcuno abbia provato senza successo. Nel caso riprovate ora, dovrebbe essere di nuovo in ordine.

In Veneto è salpata la Nave della Transizione – Com’è andata? 

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A Santorso (VI) la Nave della Transizione è finalmente salpata: c’è già un centinaio di persone pronte per partire all’arrembaggio!

Domenica scorsa si respirava un’aria elettrica, di entusiasmo e cambiamento: si poteva già percepire una comunità desiderosa di impegnarsi in progetti nuovi e avventurosi.

Una folta ciurma ha dato vita a più di dieci gruppi che nei prossimi mesi si troveranno per fare rete, approfondire il manuale, imparare a conoscere il proprio territorio e facilitare la transizione.

Anche voi non vedete l’ora di partire per l’avventura? I gruppi sono aperti e cominceranno a incontrarsi più o meno da metà ottobre. Controllate se ce n’è uno vicino a voi, potrebbe essere l’occasione giusta per mettersi in viaggio!

Ci sono gruppi a Schio, Thiene, Caldogno, Bassano, Valdagno, Camisano, Montecchio, Arzignano, Lonigo, Monteviale, Padova, Rovigo e ovviamente a Santorso.

Ci saranno molte occasioni per incontrarci nuovamente lungo questo percorso, quindi tenetevi sintonizzati!

Per informazioni e per prendere contatto scrivete a Giulio – giulio_pc@yahoo.it

Permatransition: primo feedback.

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Con una settimana di ritardo, dovuta ad una scampagnata permaculturale all’estero, raccolgo i feed back del primo modulo del corso permatransition. Questa volta Fabio ed io abbiamo improvvisato un fine settimana di lavoro in coppia, abbiamo lavorato su principi e basi della Permacultura con un continuo ping pong su agricoltura e comunità, il successo, a quanto dicono, è stato notevole. Nella foto potete vedere il docente che descrive la dimensione dei pomodori che ha nel suo giardino, i miracoli della Permacultura. Parecchie persone hanno espresso interesse nel partecipare pur avendo perso il primo modulo, se il numero lo permette, si è pensato di fare una nuova mini introduzione.

tTalk a Roma

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Sabato 27 faccio un tTalk a Roma nel contesto dell’EcoFestival di Think Green, si comincia alle 11:00 in via Appia Antica 42 alla Ex Cartiera. Se ne avete voglia, se vi interessa saperne un po’ di più sull’esperimento della Transizione, direi che ci vediamo là.

Il Festival però comincia domani (venerdì) e finisce domenica, quindi magari date un’occhiata al programma e approfittatene, a Roma c’è sicuramente moltissimo da fare… potrebbe essere un’occasione per cominciare.

Decrescita Energetica – Gruppo di lavoro TT

Ciao a tutti,

durante la memorabile Transition Fest sono stati creati numerosi gruppi di lavoro. Uno dei più piccoli era quello della Decrescita Energetica e, come un piccolo seme, ha cominciato a germogliare. Ancora non ci siamo riuniti di nuovo, ma alcuni dei partecipanti al gruppo si sono mandati qualche email! hehehhe

L’idea del gruppo di lavoro della Decrescita Energetica all’interno delle Transition Town nasce per supportare le iniziative locali di decrescita energetica e per condividere informazioni e idee, oltre a tenerci aggiornati sulle attività “energetiche” dei gruppi locali di Transizione e su quello che succede anche in altri paesi.

Corso su i forni solari a Cesena GRTA

Corso su i forni solari a Cesena GRTA

Sicuramente possiamo organizzare un incontro nazionale di due o tre giorni in primavera dove incontrarci anche fisicamente. Durante l’anno possiamo organizzare laboratori pratici sull’autocostruzione di forni solari e impianti, sul risparmio energetico ma soprattutto scambiarci informazioni sulle attività che facciamo localmente. Inoltre possiamo incontrarci online con Skype o similari per fare riunioni a distanza.

La decrescita energetica è sicuramente importante per la transizione verso un mondo senza petrolio e dobbiamo approfondire il tema delle tecnologie quanto quello su gli strumenti sociali. Sicuramente l’energia è uno dei campi dove c’è più fermento, vedi le questioni biogas, eolico, fotovoltaico. A volte è difficile districarsi su quello che è realmente decrescita energetica e quello che invece prosegue su i canali tradizionali.

Quello che cerchiamo è un approccio per l’autosufficienza a livello comunitario, con stili di vita dai bassi consumi energetici e piani di adattamento per una società resiliente ai cambiamenti climatici e alle crisi. Un agire collettivo, che metta insieme le menti di una collettività per realizzare progetti sui consumi, soprattutto energetici.

Per il lavoro di questo gruppo abbiamo creato una mailing list/forum cui si può accedere chiedendo a Roberto (reseda@resedaweb.org). Per far parte di questo gruppo di lavoro è importante iscriversi al forum perchè essendo un gruppo di lavoro nazionale è bene che rimaniamo informati e discutere anche senza la possibilità di incontrarsi.

Inoltre abbiamo creato un blog per le news e le informazioni in cui si trovano articoli interessanti su questo argomento:

http://decrescitaenergetica.wordpress.com/

cui vi invito ad aderire per seguire e leggere gli articoli non appena escono, a questo blog possono partecipare tutti e chi vuole può anche scrivere qualche articolo.

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Due nuove iniziative di Transizione

Non so se avete notato ma abbiamo due nuove iniziative di Transizione nella colonna di destra, Campogalliano e Monteviale. Grazie di esservi uniti al nostro flusso di lavoro, pensieri, sperimentazioni, preoccupazioni e speranze…

Bartlett sottotitolato

Circa un annetto fa ero alle prese con la preparazione di un talk per il TedXBologna. Il tema era l’innovazione esponenziale, roba affascinante e potenzialmente pericolosa.

Così pensai di aprire il mio intervento con un ricordo del buon professor Albert Bartlett, l’uomo che ha tentato infaticabilmente, per tutta la vita, di metterci in guardia (noi umani) sui pericoli della crescita esponenziale.

Ora grazie a un’altro infaticabile (Massimiliano Rupalti), ecco una lezione di Bartlett completamente sottotitolata in italiano per la gioia di tutti coloro che non masticano l’inglese. Buona visione.

Copenaghen: chi decide?

Questa è la seconda volta che scrivo questo post, il primo lo ha mangiato WordPress, spero che sia sazio e che lasci passare il messaggio fino a voi… riproviamo.

Dunque, dunque, che ci facevamo tutti imbacuccati in un parcheggio? È storia lunga, ma prova due cose interessanti: che i transizionisti sono abbastanza resilienti e che a Copenaghen stanno veramente riducendo l’uso dell’auto, tanto che i parcheggi pubblici sono vuoti e ci puoi lavorare per due giorni di fila senza grossi problemi (vabbè, su questo godetevi il filmetto fatto dal buon Rob).

E ALLORA CHI DECIDE?

Ci eravamo fatti questa domanda nel post precedente, domanda che nell’attività pratica a Copenaghen aveva la forma di “What is a hub?” (Cos’è un hub?). Come decidiamo che un certo gruppo di persone è davvero un hub nazionale (ad esempio), perché proprio quelle?

In un sistema “tradizionale” la questione viene generalmente risolta con criteri legati alla rappresentanza, rappresentanza che conferisce legittimità a un certo organismo. Diremmo quindi, ad esempio, che se tutte le iniziative di transizione di un certo paese eleggono un gruppo di rappresentanti allora quello diventa l’hub di quel paese.

Ma come abbiamo detto, la democrazia rappresentativa non ci convince molto, ha da tempo mostrato i suoi limiti e ci sono scenari in cui non è nemmeno applicabile (che succede se in quel paese di iniziative di transizione ancora non ce ne sono e sarebbe utile avere un hub per partire dall’imponente lavoro di traduzione necessario? Pensate alle Filippine).

LASCIAMO PERDERE LA RAPPRESENTATIVITA’

Tra il meeting di Lione e quello di Copenaghen abbiamo fatto diversi tentativi di sviluppare un documento che inquadrasse questo problema, tentativi direi miseramente falliti. Non ci è mai venuto fuori qualcosa di convincente. C’è da dire che lavorare per via virtuale non aiuta e che forse non eravamo ancora pronti ad affrontare temi così complessi e articolati.

A Copenaghen invece qualcosa si è mosso, com’era già successo quando si è trattato di inventare un modo per selezionare il “grande orecchio” una delle chiavi per affrontare la situazione è di ristrutturare l’approccio.

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Partiamo così: l’hub è un centro risorse al servizio delle iniziative di Transizione in una certa area funzionale. Deve essere una nazione? Non è detto, i confini politici non sono sempre sensati, potrebbe essere quindi una bio-regione, un’area linguistica o altro a seconda dei casi.

Come centro servizi viene naturale pensare che abbia delle funzioni fondamentali e le vedete un po’ elencate nella mappa mentale qui sopra prodotta a Copenaghen (ho lasciato chiuse molte delle articolazioni sennò diventava gigante). L’hub è quindi un organismo bidirezionale, votato da un lato al servizio delle iniziative locali e dall’altro a mantenere le relazioni con tutti gli altri hub in modo da contribuire alla rete di apprendimento continuo che già opera.

Ha inoltre alcune funzioni e diritti speciali. Si fa custode della prospettiva dell’area in cui opera, quindi cerca di ascoltare e raccogliere ciò che emerge. Al contempo custodisce i principi e il DNA di Transition in quell’area, perché anche se spesso sottile, esiste un confine tra ciò che fa parte di questo esperimento che chiamiamo Transition e ciò che è invece “altro”.

Chi naturalmente emerge, riconosce e assume queste funzioni è “quello giusto” (non so se vi ricorda qualcosa). Per aiutare questa focalizzazione, ci saranno una serie di criteri e di piccole regole che potranno essere combinate in varie forme (a seconda dei contesti) che ci aiuteranno a riconoscere un hub in modo più efficace. Una, per fare un esempio, è quella che chi è in un hub debba essere attivo contemporaneamente anche in un’iniziativa locale. Ma se iniziative locali non ce ne sono? Allora si farà riferimento a criteri sussidiari per rispondere a quella particolare situazione.

Abbiamo l’impressione che questo approccio (molto basato su quanto sperimentato fin ora) possa risultare sufficientemente flessibile da adattarsi a una moltitudine di contesti e abbastanza focalizzato da non consentire che qualunque cosa possa essere un hub o la nascita di più hub in conflitto tra loro nella stessa area (sapete come sono gli umani no?).

IL LAVORO DEL PROSSIMO ANNO

Nel corso di quest’anno un il gruppo di lavoro “Organization Co-design” (altra interessante novità di quest’anno) proverà a produrre un documento organizzativo basato su questa idea (se qualcuno vuole dare una mano… si lavora in inglese però). Speriamo quindi di arrivare al prossimo meeting con una definizione più completa e una migliorata capacità di riconoscere nella complessità i nodi fondamentali che sono utili allo sviluppo di un processo.

Accogliere la complessità è infatti una delle sfide più grandi quando si cerca di introdurre il pensiero sistemico nell’attuale struttura culturale. Un limite che determina poi il nostro modo di organizzarci e di gerarchizzare le relazioni. Il limite tra elasticità e caos però ci spaventa, tanto che spesso, quando le cose si mettono male, continuiamo a preferire l’uomo solo al comando rispetto alla complessità del pensiero collettivo (pur sapendo che quest’ultimo funziona meglio).

Quello che mi affascina profondamente nei tentativi che si fanno all’interno del processo di Transizione è che si cerca di trovare, davvero, soluzioni adatte al mondo reale per superare questi blocchi che impediscono l’evoluzione della cultura e della società.

Lo stesso tipo di problema lo ritroviamo ogni giorno nelle nostre attività a livello locale, nella raccolta firme di fronte alla scuola, nella difficoltà di costruire strutture organizzative che superino i confini delle singole associazioni, enti, partiti, ecc.

Vediamo se si riesce a individuare un’altro COME anche per questo, sono fiducioso.

 

Salpa la Nave della Transizione (nel vicentino)

nave-transizione-def-copy Domenica 28 settembre a Santorso (VI) salperà la Nave della Transizione. La nave che usa le tempeste della crisi per spingersi verso un futuro più prospero, fatto di persone consapevoli e comunità attive.

Di cosa si tratta?

L’idea è quella di coinvolgere tutte le persone che in un modo o nell’altro stanno da tempo girando attorno all’idea della transizione, sono curiose ma non hanno mai avuto il coraggio di provarci, o non hanno mai trovato l’occasione giusta per farlo.Sarà un momento quindi per conoscere e conoscersi, scoprire in maniera divertente cosa si cela dietro a questo meraviglioso esperimento sociale, creare rete e festeggiare.

Al termine dell’evento ogni partecipante potrà decidere se far parte della ciurma o meno. Ci saranno diverse ciurme, che cominceranno a incontrarsi nelle settimane successive per approfondire per bene i temi della transizione.

In realtà, ma non ditelo a nessuno, si tratta del percorso di Condivisione e Approfondimento del Manuale della Transizione, detto anche CEAT (qui un esperienza dei nostri cugini bolognesi): al termine avremo tutti ben chiaro quello che sta succedendo alla nostra povera economia, società e ambiente e disporremo di nuovi strumenti utili per non perdere la rotta in questa burrasca.

Non occorre essere di Santorso per far parte della ciurma: ci sono già diversi paesi vicini pronti a salpare insieme a noi (Thiene, Schio,Vicenza, Padova, e molti altri), magari tra questi c’è anche il vostro!

Durante la navigazione, inoltre, le ciurme potranno incontrarsi insieme per riposare in qualche isolotto, dove troveranno proiezioni di film, conferenze e, se sapranno dimostrare il loro valore, un bell’Open Space per mettere alla prova la loro abilità di marinai.

Siete pronti?

Per informazioni: qui.

Copenaghen: come decidiamo?

Copenaghen

Ecco a voi il “branco transizionista” che si è riunito la scorsa settimana a Copenaghen per il meeting degli Hub nazionali. C’erano presenze da 19 nazioni differenti includendo USA, Brasile e Mexico e sono stati 4 giorni di lavoro intensissimo su molti temi chiave di comune interesse. Il primo meeting di questo tipo si era svolto lo scorso anno a Lione.

Ci eravamo fatti molte domande su come dovrebbe e potrebbe funzionare un’organizzazione mondiale che non vuole usare “le regole del sistema” e vuole proteggersi dalle più comuni derive che si possono osservare in molti movimenti, istituzioni e enti transnazionali.

Le risposte necessarie non sono banali e hanno ricadute piuttosto importanti, soprattutto perché sono risposte che possono essere applicate, come nei sistemi frattali, a tutti i livelli di scala: globale, nazionale, locale, famigliare… La bella notizia è che a distanza di un anno da quando abbiamo cominciato a ragionarci si cominciano a vedere risultati incoraggianti.

COME DECIDIAMO?

Una delle consapevolezze piuttosto forti che si è sviluppata all’interno del mondo della transizione è quella che i meccanismi democratici attualmente in uso, in particolare quelli della democrazia rappresentativa, non siano un buon modo per perdere le decisioni, costruire relazioni, regolare attività, ecc. Nel movimento di Transizione generalmente nessuno è chiamato a rappresentare altri, o decide per altri, soprattutto se si tratta di decisioni importanti e davvero rilevanti.

Servono quindi altre modalità che portino comunque a decidere collettivamente cosa fare e come comportarsi. Serve un COME diverso da quello a cui siamo abituati, con la semplice convinzione che un altro COME produce poi anche altri COSA: se scegliamo in modo diverso, finiremo anche per fare cose diverse da quelle che il sistema generalmente produce. Così nel corso dell’anno che è passato dal meeting di Lione, un folto gruppo di lavoro ha elaborato una metodologia ispirata alla Sociocrazia e al Metodo del Consenso, che ci consenta di prendere decisioni senza ricorrere ai modelli prettamente rappresentativi.

Il metodo è stato sperimentato su temi reali nei mesi passati, ad esempio per scegliere il membro di nomina internazionale da collocare nel board del Transition Network. Così, quando ci siamo ritrovati quest’anno, eravamo dotati di uno strumento abbastanza completo da usare ogni qual volta ci fosse qualcosa da decidere.

Come tutti gli strumenti sviluppati nel contesto della Transizione, non può essere considerato definitivo e sarà sottoposto a continue trasformazioni e miglioramenti ogni qual volta ci si renda conto che sono necessari. Per il momento però sembra funzionare abbastanza bene.

PROVIAMO A USARLO SEMPRE?

Il tutto potrebbe forse sembrarvi un po’ astratto e lontano, ma la proposta potrebbe essere anche: perché non provare a usarlo in tutti i contesti di lavoro di gruppo o di comunità in cui siamo coinvolti?

Per farvi un’idea di come funziona potete scaricare questo schema semplificato (in italiano, in inglese qui) e nei prossimi giorni farò un post specifico per spiegare meglio come funziona. In realtà è una procedura semplice il cui risultato produce però effetti molto diversi da quelli di una “votazione” tradizionale. Una di quelle piccole cose che, se vogliamo vedere succedere cambiamenti nel mondo, potrebbe fare una differenza non irrilevante.

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ORA ABBIAMO IL COME, MA ABBIAMO ANCHE UN CHI?

Bene, ammettendo che questa variante della metodologia del consenso vi piaccia (o ci piaccia), ora abbiamo un simpatico strumento per prendere decisioni. Rimane comunque un problema: chi dovrebbe perdere queste decisioni, soprattutto se influenzano non solo chi decide, ma anche altri?

In effetti questo è un altro grande tema che si è discusso molto intensamente a Copenaghen. Ancora una volta è una questione di scala mondiale che può essere ricollocata in ogni dimensione relazionale e ad ogni livello. Tutti i nostri sistemi organizzativi, le nostre istituzioni, i governi, le imprese, tutti hanno un modo per selezionare “chi” prende le decisioni (indipendentemente da come queste vengano prese).

Nel contesto del meeting degli hub questo problema prende forma nella domanda “Ma cos’è un hub?”. Come facciamo a definirlo, come facciamo a sapere che un certo gruppo di persone, per esempio i soci di Transition Italia, sono l’hub italiano? Ma chi l’ha detto? Che legittimità hanno?

In effetti, non ci è bastato un anno, da Lione ad oggi, per trovare una soluzione “elegante” a questo problema. Siamo arrivati a Copenaghen con una bella pila di tentativi falliti e una certa apprensione.

Transition sta raggiungendo dimensioni che sono difficili da gestire solamente attraverso le relazioni di fiducia interpersonali, serve qualcosa di più, senza che questo “più” diventi “troppo”. Però mai sottovalutare il potere di problem solving dell’intelligenza collettiva, direi che anche su questo versante siamo a una bella svolta, ve la racconto nel prossimo post.

Corso Permatransition, ultima chiamata, si comincia!

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Miei cari, il prossimo fine settimana, 20 – 21 Settembre, comincia il corso Permatransition a Monteveglio. Permacultura e Transizione insieme, quest’anno in una nuova veste, con più docenti e più informazioni. Spazieremo dall’orto alla casa, dal nostro mondo interiore alla comunità, concentrandoci molto sulla progettazione. Per chi volesse l’attestato del corso di 72 ore di Permacultura il prossimo fine settimana è obbligatorio, per tutti gli altri il corso è sempre aperto, basta scrivermi per avere le informazioni e iscriversi ai singoli fine settimana.

a presto Davide davboch@hotmail.com