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La Banca d’Inghilterra indaga i rischi di una “bolla del carbonio”

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

Inchiesta per valutare le possibilità di un collasso economico se le regolamentazioni per il cambiamento climatico rendessero i beni di carbone, petrolio e gas privi di valore

Vista aerea delle sabbie bituminose a Fort McMurray, Alberta, Canada. Se viene raggiunto un accordo globale per limitare le emissioni di carbonio per i 2°C, le riserve di carbone, petrolio e gas non potrebbero essere bruciate. Foto: Alamy

Di Damian Carrington

La Banca d’Inghilterra sta per condurre un’indagine sul rischio che le società di combustibili fossili causino un grande collasso economico se le future regolamentazioni sul cambiamento climatico rendessero i beni di carbone, petrolio e gas privi di valore. Il concetto di una”bolla del carbonio” si è guadagnato un rapido riconoscimento dal 2013 e viene preso in considerazione sempre più seriamente dalle grandi società finanziarie, comprese Citi Bank, HSBC e Moody’s, ma l’indagine bancaria è finora il riconoscimento più significativo da parte di un istituto regolatore. La preoccupazione è che se i governi del mondo adempiono ai loro obiettivi accordati di limitazione del riscaldamento globale a +2°C tagliando le emissioni di carbonio, allora circa 2/3 delle riserve provate di carbone, petrolio e gas non possono essere bruciate. Essendo le società di combustibili fossili fra le più grandi del mondo, forti perdite del loro valore potrebbero indurre una nuova crisi economica.

Mark Carney, il governatore della banca, ha rivelato l’indagine in una lettera al comitato per il controllo dell’ambiente (EAC) della House of Commons, che sta conducendo la propria indagine. Carney ha detto che c’è stata una discussione iniziale all’interno della banche sui beni di combustibili fossili “immobilizzati”. “Alla luce di queste discussioni, approfondiremo ed amplieremo la nostra indagine sull’argomento”, ha detto, coinvolgendo il comitato di politica finanziaria che ha l’incarico di identificare i rischi economici sistemici. Carney ha sollevato il problema ad un seminario alla Banca Mondiale in ottobre. La notizia dell’indagine della banca giunge nel giorno in cui si aprono i negoziati per l’azione sul cambiamento climatico a Lima, in Perù, e mentre una delle società energetiche europee più grandi, la E.ON, ha annunciato che stava per scorporare gli affari legati ai combustibili fossili per concentrarsi sulle rinnovabili e sulle reti. L’IPCC dell’ONU ha recentemente avvertito che il limite di emissioni di carbonio coerente con i +2°C si stava avvicinando e che l’energia rinnovabile dev’essere perlomeno triplicata.

“I politici ed ora le banche centrali si stanno svegliando rispetto al fatto che gran parte del petrolio, carbone e gas delle riserve mondiali dovrà rimanere nel sottosuolo, a meno che la cattura del carbonio e le tecnologie di stoccaggio non possano venire sviluppate più rapidamente, ha detto Joan Walley MP, che persiede la EAC. “E’ tempo che gli investitori riconoscano anche questo e mettano in conto l’azione per il cambiamento climatico nelle loro decisioni sugli investimenti in combustibili fossili”, ha detto la Walley al Financial Times. Anthony Hobley, amministratore delegato del thinktank Carbon Tracker, che è stato importante nell’analisi della bolla del carbonio, ha detto che l’ultima mossa della banca potrebbe portare a cambiamenti importanti. “Le società di combustibili fossili dovrebbero rivelare ora quante emissioni di carbonio sono racchiuse nelle loro riserve”, ha detto. “Al momento non c’è alcuna coerenza nei rapporti, quindi è difficile per gli investitori prendere delle decisioni informate”. ExxonMobil e Shell hanno detto all’inizio del 2014 che non credevano che le loro riserve di combustibili fossili sarebbero state immobilizzate. A maggio, Carbon Tracker ha riportato che oltre 1 trilione di dollari viene attualmente scommesso in progetti petroliferi ad alto costo che non vedranno mai un ritorno se i governi del mondo adempiono ai loro impegni sul cambiamento climatico.

Il timido ottimismo di Gore

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In questa recente intervista rilasciata al Washington Post, Al Gore si lascia andare a un pacato ottimismo sul futuro climatico del mondo. L’articolo è al momento per angloabili, ma è semplice sintetizzare il messaggio.

La “conversazione sul clima” sta passando il suo punto di svolta e questo, accanto alla riduzione del prezzo delle rinnovabili e agli effetti ormai molto evidenti dei cambiamenti climatici in corso, potrebbe accelerare il processo di “riparazione dei danni” in modo non previsto.

Si farà sul serio, più in fretta, più ampiamente, più capillarmente e alla fine potremmo vedere risultati che non abbiamo mai osato sperare. Gore dice che vede già segnali incoraggianti.

Confesso che qualcosina vedo anche io. Un piccolo esempio sono le centinaia di comuni della mia regione (Emilia Romagna) che stanno siglando il Patto dei Sindaci. Tra questo e avere risultati “veri” ce ne passa, ma segnala un netto cambiamento culturale. Se lo si confronta con lo scenario di 3 anni fa è semplicemente impensabile una tale adesione di massa. Forse in questo Gore ha ragione, questi spostamenti del “sentire comune” potrebbero avere effetti imprevisti, vedremo. Non sono uno che “spera”, ma in questo caso sono un po’ tentato.

Mentre scrivo queste parole mi vengono in mente le facce preoccupate di tanti scienziati che conosco e che avrebbero decine di osservazioni molto pertinenti atte a ridimensionare ogni tentazione di guardare al bicchiere come “mezzo pieno”.

Ma se Gore avesse ragione, anche solo un po’, questo ci darebbe più tempo per cambiare tante cose e sperimentare nuove modalità di economia e relazioni. Come è giusto cogliere e dare peso a tutti gli indicatori negativi, dobbiamo sforzarci di considerare anche quelli positivi. Alla qualità della “conversazione sul clima” stiamo certamente contribuendo anche noi, a certi cambiamenti anche, nel nostro piccolo (o grande che sia), anche semplicemente esistendo come movimento.

Avanti quindi, aumentiamo il rischio statistico che finisca bene, magari avremo delle gradite sorprese.

La Banca Mondiale dà la sveglia sul clima

Ogni tanto qualche grande istituzione si sveglia, prende atto della situazione relativa al cambiamento climatico, sviene, si riprende ed emette un report. L’ultimo è quello della Banca Mondiale (qui il pdf completo), così ingombrante e difficile ignorare da dover essere ripreso sui giornali di tutto il mondo.

Oggi Repubblica ha due belle pagine centrali tutte sull’argomento e sul rischio di perdere totalmente il controllo della situazione (ho visto solo questo quotidiano, ma magari anche altri avranno ripreso la cosa).

Tutto sta a capire se questa è la volta buona in cui i media svoltano e decidono di occuparsi del clima in modo serio, o se è solo uno dei tanti momenti di lucidità che poi lasciano posto al solito confuso rumore di fondo. Vedremo.

Certo è che anche in seno alla Banca Mondiale ci sono stati personaggi che non hanno certo lasciato per ultimi i temi della sostenibilità, potete per esempio guardare questa intervista a Ian Johnson, ex vice presidente di questa istituzione e certamente persona consapevole delle sfide che ci attendono (la feci a Firenze durante l’ultimo convegno organizzato da ASPO-Italia).

+3 gradi nel 2050

Devo dire la verità, le notizie sulla situazione climatica sono sempre più disperanti in contrasto con il fatto che al tema si dà sempre meno attenzione perché ci si preoccupa della crisi e dell’articolo 18. Gli ultimi studi (ad esempio questo) sembrano confermare quanto già si sospettava: non ci fermeremo a 2 gradi di aumento della temperatura media.

Le probabilità di arrivare a +3 entro il 2050 sono consistenti, specialmente se si persiste nel fare poco e niente e nel non decidere in modo drastico. Qualcuno sconsolato sostiene che siamo già oltre il punto di non ritorno e che sarà probabile arrivare a + 6° nel 2100 (a questo è davvero meglio non pensare).

L’Europa nel frattempo si rassegna, l’unica è cercare di adattarsi a quello che verrà, tanto che esiste una piattaforma apposita nella quale potrete scoprire che l’Italia non ha ancora adottato alcuna strategia di adattamento (tanto per cambiare). Non che quelle messe in piedi da altri stati siano tutte particolarmente convincenti, ma insomma, almeno ci stanno pensando.

Anche l’IPCC si orienta ora sulle istruzioni per l’adattamento: è una resa.

Se poi diamo un’occhiata a questo studio in cui si ragiona su quello che succederà dalle nostre parti a causa di questi cambiamenti è davvero faticoso mantenersi sereni.

Aumento degli episodi di siccità. Gli eventi estremi che si ripetevano ogni 100 anni nei modelli di previsione tendono ad avvicinarsi di frequenza fino a cadenze di 10 anni.

Beh, quelli che devono prendere provvedimenti siamo noi, quindi se non siete già in transizione pensateci. Le conseguenze sono comunque già tutte qui, molte notizie dall’interno mi dicono che in tante aree siamo in questo momento a un passo dal razionamento dell’acqua (fate la danza della pioggia). Dalle nostre azioni dipenderà l’entità dei danni da cambiamento climatico e l’incidenza che avrà sulle nostre vite e sull’economia globale (negli scenari peggiori anche sul futuro della specie, ma lasciamo stare…).

Mah… vedremo quello che sapremo fare…

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Grazie a Luca Lombroso per l’assistenza sul tema e i continui aggiornamenti.

Il respiro del pianeta

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=H2mZyCblxS4&feature=player_embedded]

Grazie a Ugo Bardi che lo ha pubblicato sul suo Effetto Cassandra, ecco un bellissimo video del NOAA che rende facilmente comprensibile l’evoluzione della concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre. Certi concetti, quando sono ben visualizzati, diventano subito più chiari e comprensibili.

Questo filmato mi pare molto utile perché concentra diversi quadri evolutivi facendo sì che “il problema” diventi molto più afferrabile anche per chi non ha una cultura specifica.

Da non perdere (per chi ha facilità a capire un grafico cartesiano).

Aggiornamento:

Mi dicono che in effetti non è molto chiaro per chi non conosce bene il tema. Allora aggiungo anche questo filmato, che non sarà chiaro nemmeno lui perché è in inglese, però poi magari con calma spieghiamo tutto.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=S9ob9WdbXx0]

A chi fa divulgazione e facilitazione un avvertimento, il numero di persone in grado di leggere un grafico cartesiano è molto più basso di quel che comunemente si pensa. Allo stesso modo è molto bassa la propensione ad ammettere di non essere in grado di codificare questo tipo di informazione. Il mio piccolo suggerimento è quindi di non dare mai per scontato il fatto che i dati presentati in questo modo siano comprensibili per tutti.

Sir David Attenborough e il riscaldamento globale

Rilancio pari pari un post si Carlo Fusco apparso oggi sul blog di Ugo Bardi. Mi sembrà così ben fatto che non vale la pena cambiare nulla.

Di Carlo Fusco

David Attenborough è la ragione per cui sono diventato un biologo. È il mio eroe personale. I suoi documentari sulle scienze naturali, presentati dentro l’indimenticabile Quark di Piero Angela, sono impressi per sempre nella mia memoria di ragazzino. Ricordo che ne guardai uno proprio la sera prima dell’inizio dei miei esami di stato e in quel momento presi la decisione definitiva: se non mi bocciavano, mi sarei iscritto a Biologia. Non mi bocciarono.

In questo breve filmato DA spiega con la sua inimitabile flemma inglese come lui si sia convinto della realtà del riscaldamento globale.

Con l’aiuto di Peter Cox, climatologo dell’università dell’Exeter, ci mostra tre grafici, proiettati al suolo in dimensioni giganti. Il primo rappresenta le temperature reali degli ultimi 150 anni. Il secondo un modello che non tiene conto della forzante dei gas serra antropici, ma solo dei fattori naturali ed il terzo è un modello completo che tiene conto di tutti gli elementi, inclusi quelli di origine antropica. Per sapere quali dei due modelli si sovrappone perfettamente su tutto il grafico delle temperature reali, dall’inizio alla fine e non solo fino al 1970 circa, dovrete guardarvi il video, ma dubito che sia troppo difficile fare una previsione personale:

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=S9ob9WdbXx0&feature=player_embedded]

Interessante notare che DA è rimasto in silenzio per un lungo periodo sull’AGW, infatti in un’intervista ha dichiarato che essendo un naturalista e non un climatologo non  poteva comprendere la  fisica dell’atmosfera ed i princìpi alla base della climatologia. Quindi, dato anche il peso della sua immagine pubblica, in queste condizioni non se la sentiva di esporsi in prima persona. Ma poi l’accumularsi di evidenze nella letteratura scientifica, in particolare sulla solidità dei modelli, lo hanno infine convinto ad esporsi ed indotto a parlare.

Traduco la sua frase conclusiva del video:

Ecco dunque, non ci sono molti dubbi che questo aumento, questo rapido aumento della temperatura è dovuto alle attività umane

Yes Sir, little doubt indeed.