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La crescita è finita? Paul Krugman sul New York Times

Ndt: pur restando fedele al paradigma della crescita, Krugman evidenzia alcuni punti importanti; altre osservazioni a margine qui, sul blog di Carpi.

La crescita è finita?

Paul Krugman sul New York Times, 27-12-2012

La maggioranza degli editoriali economici che si leggono sui giornali è centrata sulla corta distanza: gli effetti del “fiscal cliff” sulla ripresa in USA, le difficoltà della zona euro, gli ultimi tentativi giapponesi di spezzare la deflazione. Questo focus è comprensibile, visto che una depressione globale può rovinare la festa a tutti. Ma le nostre traversie attuali passeranno. Cosa sappiamo invece riguardo alle aspettative di prosperità nel lungo termine?

La risposta è: meno di quanto crediamo.

Le proiezioni a lunga scadenza elaborate da organismi ufficiali, come il CBO (Ufficio di bilancio del Congresso), generalmente si basano su due pesanti presupposti. Uno è che la crescita economica nei prossimi decenni sarà comparabile con quella degli ultimi. In particolare, si presume che la produttività – il motore fondamentale della crescita – cresca a un ritmo non molto diverso da quello medio calcolato dagli anni settanta ad oggi. D’altro canto, invece, queste previsioni danno per scontato che le disuguaglianze di reddito, che negli ultimi tre decenni si sono impennate, da qui in avanti aumenteranno solo di poco.

Non è difficile comprendere perché le agenzie accettino queste premesse. Considerato quanto poco sappiamo sulla crescita a lungo termine, assumere banalmente che il futuro somiglierà al passato è una inclinazione naturale. D’altra parte, se le disuguaglianze economiche continuano ad amplificarsi, ci aspetta un futuro distopico, di lotte di classe; non il tipo di futuro che le organizzazioni governative abbiano voglia di considerare.

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Verstraete con sottotitoli ITA

Max sta tentando di entrare nel Guinnes dei Primati nella sezione Sottotitolatura Rapida (e se non c’è che la inventino, cribbio…). Ecco quindi a voi il nostro nuovo amico Willy Verstraete sottotitolato nell’italico idioma…

Attenzione a Mercalli domenica sera

Attenzione perché domani sera succede una cosa un po’ particolare. A “Che Tempo che Fa”, su RAI 3, sarà super-ospite il Presidente del Consiglio Mario Monti e nella stessa serata Luca Mercalli spiegherà in circa 6 minuti perché l’idea di cercare di continuare la crescita non è compatibile con la fisica del nostro pianeta.

Avremo quindi l’uomo a cui sono state affidate le speranze del Paese, che continua a lavorare per salvarlo e farlo ripartire e, nello stesso contesto televisivo qualcuno che spiega perché la cosa non è possibile (non nei termini e nei modi che gli economisti continuano a considerare logici e auspicabili).

Situazione davvero inedita e interessante, no?
Che succederà?

Nell’immediato forse nulla, lunedì vedremo se ci saranno reazioni dei media nei confronti di Luca (al quale facciamo un in bocca al lupo), ma lasciando che la cosa maturi… chissà.

Se potete seguite la trasmissione, potrebbe essere un momento di televisione interessante.

I leader chiedono crescita: sono stupidi?

Altra segnalazione, su Effetto Cassandra è uscita la versione in italiano di un post di Ugo Bardi (che magari molti hanno già letto in inglese su Cassandra Legacy): “Perché la crescita economica è così popolare?”.

Questo per la gioia degli angloinabili e grazie al parapsicologico Rupo (credo che non dorma più da mesi sto ragazzo).

La Crescita Antieconomica

Parlare di crescita antieconomica sembra un nonsense, invece è proprio ciò che stiamo vivendo in questo momento.
La fine della crescita economica è alle porte o, molto più verosimilmente, è già arrivata, ma già ora, e da diverso tempo, siamo entrati nel regno della crescita antieconomica, la crescita, cioè, che se venisse ricalcolata coi propri costi reali nessuno vorrebbe veramente.
In questo articolo di Herman Daly maggiori dettagli.

(Grazie a Luca per la revisione della traduzione)

I limiti dello sviluppo – Ancora quarant’anni?

Di Herman Daly

Da The Next Forty Years (I prossimi quaranta anni) di Jorgen Randers

Quarant’anni fa, quando ho letto I Limiti dello Sviluppo credevo già che una crescita nell’uso delle risorse totali (cioè il valore della popolazione moltiplicato per l’utilizzo di risorse pro-capite) si sarebbe fermata entro i successivi quarant’anni. Il modello d’analisi del team Meadows è stata una conferma forte di quella convinzione di buonsenso sulla base di principi primi che risalgono almeno a Malthus e a precedenti economisti classici.

Bene, ora sono passati quarant’anni e la crescita economica è ancora l’obbiettivo numero uno della politica di praticamente ogni nazione, questo è innegabile. Gli economisti della crescita dicono che i “Neo-Malthusiani” si sono semplicemente sbagliati e che continueremo a crescere. Ma io credo che la crescita economica sia già finita, nel senso che la crescita che sta continuando in questo momento è antieconomica – costa più di quanto valga al margine e ci rende più poveri piuttosto che più ricchi. La chiamiamo ancora crescita economica o semplicemente “crescita” nella confusa credenza che la crescita debba essere sempre economica. Io asserisco che noi, specialmente nella nazioni ricche, abbiamo raggiunto il limite economico della crescita ma non lo sappiamo e disperatamente lo nascondiamo attraverso conti pubblici difettosi, perché la crescita è il nostro idolo e smettere di adorarla è un anatema.

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Daly e i limiti della crescita

Segnalo agli angloabili questo articolo che fa un bel quadro generale della situazione che stiamo vivendo. Herman Daly è uno dei più noti economisti ecologici, opera all’Università del Maryland e ha lavorato nel dipartimento ambientale della World Bank.

I nostri prodi traduttori stanno già lavorando per renderlo italocompatibile.

La fine della Crescita

Salve a tutte/i,
a chi fosse sfuggito, su Cassandra è stata pubblicata la traduzione in italiano di un vecchio post di Richard Heinberg che è un estratto dal suo ultimo libro “The End of Growth”, appunto. Se riuscite a soprassedere sul fatto che l’autore della traduzione sia io e sulla qualità della traduzione stessa, troverete la cosa interessante. A questo proposito, approfitto per smetire l’uso da parte mia di sostanze eccitanti paventato da Cristiano 🙂
Augurandoci che qualcuno si interessi alla traduzione dell’intero libro, intanto facciamo tesoro di questo (a parte gli “angloabili” che se lo sono già pappato integralmente).
Saluti.