Su un aereo per fermare il CO2
Salve a tutte/i,
eccovi uno splendido spunto di Rob Hopkins per riflettere sulle nostre scelte. Quando può essere utile al processo, dovremmo essere capaci di fare anche cose che ci sembrano apparentemente sbagliate, o che vanno contro il nostro modo di sentire e le nostre scelte. La resilienza è adattamento a ciò che la vita ci pone di fronte, unita alla capacità di pensare a lungo termine.
Magari a nessuno di noi si è presentata una possibilità come questa che si è presentata a Rob, ma potrebbe essere utile calare la situazione che lui ci descrive nella nostra esperienza specifica, per capire dove anche noi potremmo tirare le leve giuste e dalla parte giusta. E poi, chi lo dice che non potrebbe capitarci una situazione simile?
Buona lettura e… non prenotate un volo dopo aver letto questo articolo!
Perché marco il passaggio a 400 ppm tornando su un aereo
Di Rob Hopkins
Da “Transition Culture”. Traduzione di MR
Nel novembre del 2006, ero seduto in fondo al cinema Barn, a Dartington, e guardavo “Una scomoda verità”. Quel film ha avuto un tale impatto su di me allora, che avevo deciso che semplicemente non potevo lasciare quel cinema senza marcare l’evento facendo un qualche cambiamento nella mia vita. Ho deciso quella sera di non volare più e non ho più preso un aereo da allora. Ho svolto un ruolo attivo nel sostenere la crescita di un movimento internazionale in 40 paesi da allora, partecipando a innumerevoli workshop e discusso la Transizione a livello internazionale via Skype e discorsi pre-registrati, in molti dei quali comincio parlando di quanto carbonio ho risparmiato non viaggiando di persona. Tuttavia, ho visto recentemente il film “Chasing Ice”, e questo ha avuto, se non altro, un impatto ancora più viscerale di “Una scomoda verità”. La mia decisione dopo averlo visto, rafforzata dal recente passaggio per la prima volta a 400 ppm di CO2 in atmosfera, è stata che fosse tempo di tornare su un aereo e voglio utilizzare questo post per raccontarvi il perché.
Quando sono nato, la concentrazione atmosferica di CO2 nell’atmosfera terrestre era di 325,36 ppm. Avevo 19 anni quando ha superato le 350 ppm per la prima volta, il livello che scienziati del clima come James Hansen sostengono essere la concentrazione più alta possibile se vogliamo “preservare un pianeta simile a quello sul quale si è sviluppata la civiltà ed al quale si è adattata la vita sulla Terra”. Quando, nel 2004, sono stati seminati i primi semi della Transizione, nel momento in cui ero seduto coi miei studenti al Further Education College di Kinsale (Irlanda) a guardare The End of Suburbia, ci trovavamo a 376,15 ppm. Nel giorno in cui è partito questo blog col suo primo post, ci trovavamo a 378,29 ppm. Quando ho visto “Una scomoda verità”, era a 380,18 ppm. Il giorno in cui è stato fondato ufficialmente il Transition Network avevamo raggiunto le 386,40 ppm. Il
Il giorno in cui ho lasciato Venezia lo scorso settembre, dopo la conferenza sulla Decrescita (alla quale ero andato in treno), guardando Venezia dal battello come quel gioiello straordinario che è, a pochi pollici sul livello del mare, le concentrazioni avevano raggiunto le 391,06 ppm.
Un paio di settimane fa abbiamo superato, per la prima volta, 400 ppm. E’ solo un numero, ma ha avuto un profondo impatto su di me, una linea sulla sabbia che fa riflettere, uno schiaffo in piena faccia profondamente inquietante da parte della realtà. Come dice Joe Romm su Climate Progress:
Certo, visto che siamo arrivati a 400 ppm per la prima volta nell’esistenza umana senza nemmeno un piano per evitare i 600 ppm, o gli 800 ppm e quindi i 1000 – senza nemmeno una discussione nazionale o una protesta da parte della cosiddetta intelligentia – vale la pena di chiedersi, perché? C’è qualcosa di innato nell’Homo “Sapiens” che ci rende dimentichi dell’ovvio?
Questo significa che gli attuali livelli di CO2 nell’atmosfera sono di gran lunga maggiori di quanto lo siano stati perlomeno negli ultimi 4,5 milioni di anni. Il grafico sotto mostra come le concentrazioni siano fluttuate durante gli ultimi 800.000 anni. Per via del contesto, 30.000 anni fa, l’uomo di Cro-Magnon era fiorente, cacciava, raccoglieva e dipingeva le pareti delle grotte. Il Guardian ha creato una splendida infografica che racconta la storia delle 400 ppm e cosa significano in modo molto ben comprensibile. Come dice Damien Carrington sul The Guardian “l’ultima volta che c’è stata così tanta CO2 in aria è stato diversi milioni di anni fa, quando l’Artico era senza ghiacci, la Savana si è diffusa sul deserto del Sahara e il livello del mare era fino a 40 metri più alto di oggi”.
Nonostante tutti gli sforzi dei movimenti verdi, delle iniziative di Transizione, di una moltitudine di conferenze internazionali e di inutili accordi, l’aumento è continuato inesorabilmente. Mostra piccoli segni di rallentamento, l’International Energy Agency ha avvertito lo scorso anno che il mondo è sulla strada per un aumento delle temperature di almeno 6 °C per il 2100.
So che la mia scelta di non volare più ha ispirato molta gente a fare la stessa cosa, ma ha avuto un qualche impatto in termini assoluti sull’aumento dei livelli di emissione? Chiaramente no. Ma è stata la cosa giusta, finora, da fare? Assolutamente. Un affascinante saggio di Joakim Sandberg dal titolo Le mie emissioni non fanno differenza ha esplorato questo tema. Egli scrive:
Il mio consiglio è che abbiamo un obbligo collettivo di cambiare i nostri modi e questo obbligo collettivo potrebbe essere parzialmente separato dall’obbligo individuale. Mentre il mio volare o non volare non fa differenza, dovrebbe essere considerato, il cambiamento climatico potrebbe essere evitato se tutti cambiassimo i nostri modi. Ma allora sembra plausibile dire che noi agiamo in modo sbagliato come collettività, anche se nessun guidatore o passeggero di aerei non stesse facendo niente di sbagliato. Questa visione potrebbe essere ulteriormente spiegata dicendo che la questione morale può essere posta almeno su due livelli, con riferimento implicito ai diversi tipi di attori. Una cosa è chiedersi “Cosa dovrei fare?”, ma chiedersi “Cosa dovremmo fare?” è una cosa molto diversa e le risposte potrebbero non essere sempre convergenti.
Il fatto è che in un momento della storia in cui abbiamo disperatamente bisogno di tagliare in modo netto le emissioni, abbiamo tutti la responsabilità di rivalutare il comportamento che intraprendiamo e che rende normale, per le persone intorno a noi, modi di agire che generano alti livelli di emissioni. Come dice Sandberg, “mentre potrebbe non essere proprio sbagliato per me guidare o volare, potrebbe però essere sbagliato per noi farlo e dobbiamo per questo trovare modi per coordinare i nostri sforzi ambientali in modo più efficace”. Continuerò a non volare per le vacanze o per ragioni familiari, alle conferenze, praticamente quasi per nessuna ragione. Tuttavia ho deciso, dopo discussioni con le persone con le quali lavoro, che superare le 400 ppm, la portata della crisi climatica, significa che è tempo di tornare su un aereo, nel caso in cui i benefici possano essere considerati come maggiori degli impatti. Circa il 25% delle emissioni mondiali provengono dagli Stati Uniti, il più grande emettitore mondiale di biossido di carbonio. Di recente ho avuto una conversazione toccante con una persona che negli Stati Uniti lavora per un’organizzazione che finanzia i gruppi che agiscono sul cambiamento climatico e che è molto ben collegata politicamente negli Stati Uniti. Lei mi ha detto, con la voce rotta dall’emozione, che aveva la sensazione, dai sui colloqui con gente che conosce alle Nazioni Unite e di altre organizzazioni, che sembra esserci un consenso nel dar loro altri 18 mesi, al massimo 2 anni, e poi il finanziamento e quindi lo sforzo politico passeranno dalla mitigazione all’adattamento e la difesa. Lo dirò ancora. Il finanziamento e lo sforzo politico passeranno dalla mitigazione all’adattamento e la difesa. O, per dirlo con altre parole, si arrenderanno. Il consenso passerà al presupposto che sia troppo tardi. Ufficialmente. L’imminente briefing della Casa Bianca sullo stato del ghiaccio Artico e le sue implicazioni probabilmente non sarà di aiuto, data la gravità e l’apparente irreversibilità della situazione. Mi rifiuto di accettare che lo sbilanciamento a 500 ppm, 600 ppm, 800 ppm sia una cosa inevitabile. Mi rifiuto di accettare, come ha cercato di dire Nigel Lawson nel suo dibattito con l’incredibilmente paziente Kevin Anderson alla trasmissione radiofonica di Jeremy Vine di recente, che fare qualcosa per il cambiamento climatico impatterebbe sulla crescita economica e quindi non dovremmo disturbarla. Mi rifiuto di essere d’accordo con Peter Lilley che l’unico modo di preservare la nostra economia si di permettere il fracking per il gas senza restrizioni e ovunque l’industria del gas decida di voler perforare perché “non ci sono semplicemente tecnologie rinnovabili disponibili che ci possiamo permettere per rimpiazzare i combustibili fossili”. Mi rifiuto di accettare che non possiamo fare un po’ meglio di quanto facciamo ora e che le comunità abbiano solo un ruolo passivo da giocare nel fare qualcosa per questo col lavoro vero fatto dai governi e dalle aziende. Mi rifiuto di arrendermi finché c’è ancora una possibilità.
Così, quando mi è arrivato un esplicito invito a parlare ad un incontro dai più grandi finanziatori filantropi al loro incontro negli Stati Uniti, e l’opportunità di presentare loro con la Transizione un modello dal basso, un’azione condotta dalla comunità e di spiegare come la Transizione si sia sempre più concentrata sulla creazione di una nuova economia, di proprietà della gente, a beneficio della gente, del clima e del futuro, ho dovuto pensarci due volte. Questa è proprio un’opportunità straordinaria di provare ed influenzare la mentalità della gente che ha il potere e la capacità di sostenere significativamente le comunità, e di altri attori cruciali, che hanno bisogno di agire per fare un vero e rapido passaggio così necessario. Ci ho pensato a lungo e duramente.
E sono giunto a un punto, anche questo attraverso discussioni con altra gente qui al Transition Network e con discussioni coi nostri amici di Transition US e del Post Carbon Institute, di sentire che valga la pena di andare e salire su un aereo per fare il viaggio, nella (probabilmente ingenua) speranza che questo possa seminare qualche seme di una nuova direzione nelle menti di qualcuno dei più importanti finanziatori statunitensi, dare una spinta a Transition US, elevarne il profilo, facendo quello che posso per provare e sostenere ciò che sta già avvenendo lì. Mi aspetto di tornare spremuto come una spugna. Questo non apre la porta al volare qua e là. Questo è un invito molto particolare che è stato valutato interamente nel merito.
Cosa faccio adesso? Molti dei movimenti, idee, persone e progetti che mi hanno ispirato durante gli ultimi 20 anni sono venuti dagli Stati Uniti. Avvengono cose straordinarie laggiù, progetti ispirati, grandi movimenti, reti incredibili. Ma se la Transizione può portare qualcosa di energizzante, qualche intuizione dal proprio esperimento globale di 7 anni, qualche tipo di rinnovato ottimismo sul fatto che il cambiamento è possibile, qualcosa, qualsiasi cosa, allora sembra valere la pena farlo, prima che la finestra di possibilità si chiuda.
Ciò che mi tormenta ogni giorno, e non c’è dubbio che lo farà per il resto dei miei giorni, è cosa dirò ai miei nipoti quando mi chiederanno cosa ho fatto durante il tempo in cui il cambiamento climatico poteva essere messo sotto un qualche tipo di controllo, quando i cambiamenti necessari potevano essere messi in atto per creare una cultura a basso tenore di carbonio, resiliente e prosperosa che nutrisse le culture umane. Sono stato efficace come potevo essere? Ho fatto tutto ciò che potevo? Avendo riflettuto su questo per un po’ di tempo, sembra meschino declinare un’opportunità che potrebbe potenzialmente avere un impatto di gran lunga più positivo di quello negativo del volo. Così, a un certo punto a fine settembre, sembra che farò quel viaggio. Piuttosto, quello che farò quando sarò lì deve ancora essere concordato (anche se ovviamente vi farò sapere). Se questo avrà un qualche impatto significativo è ancora meno certo. Ma deve essere fatto, quindi lo faccio.
Le statistiche della concentrazione di CO2 provengono dal sito web dell’Earth System Research Laboratory, da misurazioni prese alla stazione di ricerca di Mauna Loa.
398,35 pronti per il grande salto?
Era il 1986, sembra un tempo ormai lontano, ed è stata l’ultima volta che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera terreste è stata sotto il livello di guardia di 350 parti per milione (ppm). Sono passati 27 anni da quando, per l’ultima volta, abbiamo visto un mese in cui la temperatura fosse più fredda della media.
Ora si avvicina il momento storico in cui sfonderemo il muro delle 400 ppm, il “lieto” evento è previsto nel maggio di quest’anno. È un’altro di quei passaggi che potrete raccontare ai nipotini (beh… forse) dicendo: io c’ero. Quindi è mia premura avvertirvi per tempo, in modo che non ve lo perdiate (un po’ come si fa per le eclissi).
Ma dove si va dopo aver passato la soglia? Ci aiuta a capirlo il grafico qui sopra e alcuni specchietti diffusi da Climate Nexus, come sempre si ragiona per scenari (da 1 a 4) e si prova a capire che succede nei vari casi. Vediamo…
La transizione si muove in Sicilia
Cari e care tutt*,
oggi vogliamo lanciarvi un appello e condividere con voi la gioia di aver visto crearsi, per la prima volta in Sicilia, la prima micro rete regionale che sta ragionando su come portare la transizione nelle nostre comunità locali.
Nella voglia di capirne di più, amplificare il fenomeno e farlo conoscere, abbiamo deciso di organizzare il primo momento di formazione ufficiale sulla transizione in regione: un Transition Tour Siculo che si svolgerà il prossimo ottobre.
Abbiamo pensato quindi di scrivere questo appello per spargere la voce e poter allargare la rete di transizionisti e transizioniste (o aspiranti tali!) in Sicilia. Vorremmo discutere con tutti voi siciliani in loco (ma anche simpatizzanti, emigrati con voglia di rientrare, emigrati con amici siculi sensibili che però non conoscono ancora il tema etc..) l’idea di come creare una prima rete in cui scambiarci mutuamente supporto, idee e materiali su come implementare la transizione nelle nostre comunità locali.
Al momento siamo un piccolo gruppo che si riunisce su skype. Chiunque voglia entrare in contatto con noi sia per fare massa critica che proporre idee-attività per il Transition Tour Siciliano del prossimo ottobre non esiti a scrivere a manuelatrovato [at] gmail [punto] com.
Vi abbracciamo,
Manuela, Peppe, Simona, Marco ed Elisa
Assemblea ordinaria Transition Italia
Bene gente, l’annuale assemblea ordinaria di Transition Italia è convocata per giovedì 16 maggio a Bologna via Saffi, 1 – presso Bit Wave (grazie a Massimo e Silvia per la disponibilità). Prima convocazione ore 12:00 seconda convocazione ore 14:00 (cerchiamo di finire per le 19:00).
Il luogo non è lontano dalla stazione ferroviaria, raggiungibile con l’autobus n. 33 (circolare esterna sinistra – scendi a Porta S. Felice e sei arrivato) o 36 (direzione Naldi – scendi sempre a Porta S. Felice). Volendo si può fare anche a piedi semplicemente seguendo i viali di circonvallazione (fuori dalla stazione a destra).
Per chi venisse in auto, consigliamo il parcheggio Tanari + Bus 29 fino a Porta Lame + passeggiatina (o semplicemente Tanari + passeggiatina). Se prendete l’autobus il parcheggio è gratis.
L’ordine del giorno prevede:
– Approvazione bilancio 2012
– Ragionamenti strategici per il futuro
– Varie e eventuali
Chi pensa di farcela magari lasci un commento, così sappiamo più e meno chi aspettare prima di cominciare.
Ci vediamo lì.
Uk dovrà zappare per mangiare
A volte è interessante vedere cosa dicono i ministri negli altri Paesi europei. Quando lo racconto negli incontri non è semplice far capire quanto fatica faccia il nostro apparato culturale (parlo dell’Italia) a rimanere al passo con gli eventi.
Date allora un occhiata a questo articolo apparso oggi su The Telegraph e che riporta le dichiarazioni del ministro UK David Heath (il suo ministero è quello dell’Agricoltura e Alimentazione) in merito ai rischi alimentari che il paese corre nel prossimo futuro.
“We made a huge mistake a few years ago when the idea got around that we didn’t need to produce in the agricultural sector any more, that we would be able to buy our way through whatever was necessary to feed the country.
We need to be able to produce enough to deal with the requirements in this country. Food security is going to be an issue of increasing relevance.”
“Abbiamo fatto un errore enorme anni fa, quando abbiamo pensato di non aver più bisogno della produzione del settore agricolo e che saremmo stati in grado di comprare qualsiasi cosa fosse necessaria per nutrire il paese.
Dobbiamo essere in grado di produrre a sufficienza per soddisfare le esigenze di questo paese. La sicurezza alimentare diventerà un problema di crescente rilevanza.”
Ovviamente può fare una grande differenza il fatto di avere un governo che informa la nazione e dice le cose come stanno. Anche se va notato che poi lo stesso Heath ripone grandi fiducia nelle tecnologie OGM per la creazione di varietà a grande resa (magari non ci metterei tutte le uova in quella cesta).
In ogni caso stiamo parlando di un paese che si e ridotto a un livello di dipendenza dall’esterno davvero spaventosa. L’Italia non è a questo livello di disperazione, ma si muove spesso in direzioni pericolose e invece di conservare l’immenso capitale agricolo di cui ancora dispone lo distrugge o lo orienta in direzioni folli (mi spiegate cosa dovremmo fare con tutta questa vigna che abbiamo messo ovunque?)
Spesso negli ambienti della Transizione si trova un atteggiamento un po’ ossessivo nei riguardi del cibo, degli orti, dell’agricoltura, ma le ragioni sono sempre più evidenti, le minacce sempre più presenti. Continuiamo quindi a riprogettare i nostri territori, preoccupiamoci degli aspetti di adattamento climatico e della grande rete di relazioni sociali che la produzione del cibo deve saper innescare.
Facciamo esperienza, perché via via che le istituzioni si risvegliano avranno tanto, tanto bisogno di aiuto e non sapranno che direzione prendere.
Da Fiesole a Ferrara
Questa settimana sarò ospite di due eventi pensati per affrontare, con taglio differente, i temi chiave di questo particolare momento storico.
Il primo, venerdì 12 a Fiesole, “Prepararsi al Cambiamento Climatico“, sarò in compagnia di vecchi amici come Ugo Bardi e Toufic El Asmar, credo sia un’ottima opportunità per chi avesse voglia di farsi un quadro generale sulla situazione del pianeta e sul concetto di “adattamento” alle evoluzioni in corso.
Il secondo è sabato 13 a Ferrara, 12° Convegno Nazionale Franco Argento dal titolo “Le Geometrie della Chiocciola – decrescita, convivialità, letteratura”. In questo caso non so esattamente cosa aspettarmi, sarà divertente scoprirlo e a quanto so questo evento coinvolge moltissimi studenti.
Se siete in giro ci si vede lì.
Il treno della transizione ad Ariccia (Roma)
Concluso il secondo Transition Training nel centro Italia, 30 persone provenienti dal Lazio, circa la metà, e da altre parti d’Italia per apprendere gli strumenti per sostenere il percorso di transizione nel proprio territorio. Il corso è ospitato da Ariccia in transizione, uno dei gruppi di base del Transition network. Il corso è condotto da un gruppo di facilitatori di Transition Italia. Sono stati due giorni intensi di lavoro ma molto piacevoli, tra persone molto positive impegnate nel proprio territorio e nella propria vita a promuovere la transizione verso un mondo più ecologico e solidale.
La prima giornata di lavoro è stata dedicata ai principi della transizione e ad alcuni strumenti di lavoro di gruppo. Il secondo giorno invece è servito ad andare più in profondità iniziando un percorso di transizione interiore.
Un workshop di due giorni per introdurre il modello della transizione come risposta da parte della comunità locale alle sfide della crisi del sistema. Permacultura, monete alternative, decrescita energetica e fonti rinnovabili non sono i soli strumenti di cui abbiamo bisogno per affrontare i problemi epocali che si affacciano all’orizzonte. Dobbiamo soprattutto imparare a lavorare in gruppo, usare l’intelligenza e la creatività collettiva per realizzare nuovi modi di vivere senza consumare le risorse del pianeta e per vivere una vita degna di essere vissuta, sicuramente più solidale e tranquilla.
Foto seria!!!!
E molto meno seria!!!!!!!!!!
Da sabato a Firenze
Questo sabato comincia a Firenze un ciclo di incontri dal titolo “Verso un nuovo paradigma”. Il percorso è organizzato da MDF, Cohousing Toscana, il gruppo di Transizione di Firenze e Arcipelago SCEC con la collaborazione de L’Ecologist e AAM TerraNuova.
Il primo incontro verterà sul tema delle risorse e vede ospite Luca Pardi (attuale presidente di ASPO Italia). Il suo intervento è intitolato “Il picco del petrolio: penuria/sobrietà” e potrete ascoltarlo alla Sala delle Lepoldine, in piazza Tasso a Firenze. Le attività sono programmate dalle 10:00 del mattino alle 17:00 e l’intervento del relatore ospite è solitamente la mattina con tutto il tempo, poi, per discutere, ragionare, conoscersi, ecc.
Gli incontri successivi, ogni sabato, vedranno come ospiti Alfonso Crisci (climatologo CNR), Franco Pedrini (agricoltore biodinamico) e Mimmo Tringale (direttore AAM TerranNuova), Stefano Bartolini (docente di economia politica- Siena) e l’ultimo sabato ci sono io che dico le solite cose…
Se siete in zona, da non perdere (qui il programma).
La scienza e il futuro
Visto che abbiamo tutti vite piuttosto piene e concitate, vi informo che è in preparazione per ottobre prossimo (dal 28 al 31) questa quattro giorni su scienza e futuro. È organizzata dal Politecnico di Torino con un comitato che conta parecchi nomi a noi noti (ad esempio Ugo Bardi e Luca Mercalli).
Date un’occhiata al programma, si preannuncia piuttosto interessante, e magari mettetevi un appunto in agenda. È possibile iscriversi sul sito per rimanere informati sulle evoluzioni (la scaletta mi pare ancora una traccia di lavoro).
È nata Arvaia
Il modello CSA (Community Supported Agricolture), ovvero quello di imprese agricole supportate in modo diretto da una comunità di fruitori dei prodotti è uno dei più interessanti per attuare percorsi di transizione dell’agricoltura.
Vi segnalo quindi l’esperimento di Arvaia, appena nata a Bologna e che prova ad attuare questo tipo di schema in forma di cooperativa. Sarà molto interessante seguirne l’evoluzione.
Com’è andata a Montecchio
Quello che mi è rimasto in testa dopo il tDay di Montecchio sono soprattutto i sorrisi degli organizzatori (li vedete qui sopra) e come sempre gli incontri “straordinari” che si fanno quando si traffica con la Transizione.
Ancora una volta grazie a tutti della pazienza, dell’attenzione e dell’intensità che ha caratterizzato questa giornata (e ovviamente grazie ad Andrea per il mistico cous cous).
Quello che abbiamo scoperto è che nel vicentino esiste un certo fermento inespresso, in molte località diverse ci sono persone che stanno pensando alla Transizione come strumento di riorganizzazione della realtà, ma mancano al momento le connessioni e dei veri e propri gruppi guida in grado di facilitare l’accensione del processo nel territorio in cui vivono.
In pratica abbiamo scoperto che c’è un Centro di Avviamento Temporaneo (quello che poi viene abbreviato CAT) già bello e pronto, forse devono solo decidere di prendere atto e passare all’azione. Nessuno della trentina di presenti ritiene invece di avere già le condizioni necessarie per la formazione di un Gruppo Guida, ma in molti avrebbero voglia di provare.
Appello ai vicentini
Faccio quindi subito un appello, se ci sono persone interessate in quell’area, forse è una buona idea entrare in contatto e vedere che fare. Già ieri si è parlato di un possibile Transition Training o di altre strade da percorrere.
tDay Montecchio: ci riproviamo
Superata la fase nevosa, questo sabato si va a Montecchio per il tDay che abbiamo dovuto rimandare a causa del maltempo e delle difficoltà di spostamento.
A parte la data, le info sono quelle che avevo già pubblicate qui.
A sabato.
Dragon Dreamers siete pronti ?
Dragon Dreamers siete pronti ? Il nostro bando è in scadenza e stiamo aspettando i vostri progetti. Magari state facendo gli ultimi incontri, magari state scrivendo e raccogliendo la documentazione, magari siete in super ritardo. Anche se non avete proprio tutto pronto, fateci sapere celermente se ci siete e inviateci una mail a ellen.bermann(at)gmail.com con quello che avete fatto e quello che ancora eventualmente manca.
Quello che per noi è importante è raccogliere delle storie che possano ispirare altre persone ad utilizzare questo magico strumento per fare progetti di successo. Non è quindi tanto la bontà del progetto stesso (siamo del resto sicuri che saranno comunque tutti dei bei progetti) ma quanto voi come gruppo vi siete trasformati ed avete imparato e di come il sogno da sogno individuale si è trasformato in sogno collettivo. Ricordiamo quindi la traccia di quello che vorremmo ricevere:
- descrizione del “sogno”
- motivazione perché è a beneficio della terra, a sostegno della comunità e per la crescita personale
- composizione del dream team
- documentazione (verbali, filmati, ecc.) del circolo dei sogni
- il Karabirrdt del progetto
- il budget
EVVIVA I SOGNI CHE CI CAMBIANO !
Wiser Earth Day 2013 + Cantiere Ecologia Day
9 e 10 marzo 2013
Via Rufelli 81 – Casa Sociale Piamarta, Ariccia (Roma)
Due giornate per collaborare allo sviluppo del Social Network per la sostenibilità è imparare a creare una rete locale per costruire un mondo ecologico e solidale!
La prima giornata per diventare WiserVolunteer e organizzatore di WiserLocal nel tuo territorio.
La seconda insieme al Gruppo Cantiere Ecologia per apprendere gli strumenti utili a promuovere azioni locali
Due giorni di lavoro di gruppo per attivarsi nel creare un mondo migliore!
I WiserLocals sono incontri informali organizzati dai membri del social network Wiser.org per coloro che sono coinvolti nel cambiamento sociale e ambientale nella loro comunità, o quelli che vogliono essere coinvolti nella creazione di un cambiamento.
I WiserLocal mirano a sostenere la collaborazione in una comunità e rafforzare la nostra capacità di affrontare le questioni critiche che riguardano il nostro pianeta – la povertà, il cambiamento climatico, la fame, i diritti umani, i diritti d’acqua, biodiversità e molto altro ancora.
L’incontro si svolgerà in concomitanza del Cantiere Ecologia Day, una delle prime e
sperienze italiane di Wiserlocal. il Gruppo Cantiere Ecologia nasce dall’idea di creare sinergie e collaborazioni con i gruppi e le associazioni locali, in collaborazione anche con realtà come le Transition town, Bioregionalismo, Wiser, … .