Uno dei libri che ho letto di recente e che aveva intuizioni utili da offrire per la nostra attuale discussione sul passaggio di scala è stato Changeology, di Les Robinson, sottotitolato “come fare in modo che i gruppi, le comunità e le società facciano cose che non hanno mai fatto prima”. Sembra proprio la cosa giusta. E’ un libro sulla creazione di soluzioni per il cambiamento sociale che attecchiscano e gran parte di esse risuonano con la Transizione. Sono riuscito ad incontrare Les poco prima che partisse per un campeggio di 8 giorni ed ho cominciato chiedendogli di presentarsi ai lettori che non si sono mai imbattuti prima nel suo lavoro.
“Un tempo lavoravo per una piccola compagnia di vendita a Sidney, progettando campagne pubblicitarie per portare le persone a riciclare, a compostare i propri rifiuti, a non fumare di fronte ai propri figli, a non dare il meglio di sé dopo l’ultimo bicchiere, quel tipo di cose. Circa 15 anni fa ho avuto una rivelazione, quando mi sono reso conto che usare la pubblicità per cambiare il comportamento era probabilmente uno spreco di tempo, perché la pubblicità, dopotutto, non mi aveva mai fatto cambiare comportamento. Quindi, cosa poteva farlo? Mi sono reso conto che quando ho adottato nuovi comportamenti nella mia stessa vita, stavo scegliendo comportamenti che pensavo avrebbero migliorato la mia vita e che sembravano sicuri e controllabili. Le ragioni non sembrava che contassero granché, era più una cosa dell’immaginazione, dell’essere capace di visualizzarmi mentre vivevo il sogno. Quindi è stato questo l’inizio del viaggio di scoperta che ha portato a Changeology. Continua a leggere
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Massimilianohttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngMassimiliano2014-01-23 09:27:142014-01-23 09:27:14Spunti per facilitare il cambiamento 1
Salve a tutt*,
premetto di non aver letto il saggio di David Holmgren, ma a giudicare dal grafico elaborato da Albert Bates, dev’esserci stato un passaggio considerevole nella sua visione. Essendo due punti di vista molto importanti (perché anche molto informati) sul nostro futuro, ho deciso di sottoporvi la traduzione di questo articolo di Rob dove ci sono considerazioni importanti. Buona lettura.
Il “Collasso on Demand” di David Holmgren: attenti a cosa desiderate
E’ un evento raro che io non sia d’accordo con David Holmgren. E’ uno dei miei eroi e co-fondatore della Permacultura e generalmente trovo il suo intelletto formidabile, le sue intuizioni sulla Permacultura rivelatrici e il suo punto di vista sui più ampi modelli e scenari che si aprono intorno a noi profondamente perspicaci. Ma mentre nel suo recente saggio, Collasso on Demand, c’è molta intuizione, solleva anche molte domande e problemi che vorrei esaminare qui. Sono preoccupato dalle sue conclusioni e anche se capisco la logica che ci sta dietro, temo che possano rivelarsi una strada pericolosa da percorrere se non contrastata.
‘Collasso on Demand’ in sintesi
Quali sono gli argomenti centrali del saggio? Il saggio raccoglie gli argomenti dal suo lavoro “Scenari futuri” di qualche anno fa, rivalutando la loro rilevanza in un mondo in rapido cambiamento (potete leggere il sommario di Jason Heppenstall sul nuovo saggio qui). In sostanza, Holmgren è giunto a pensare che una graduale discesa energetica non avverrà. Invece del suo scenario Futuro Green Tech, che vede una risposta concertata del governo (simile a quello che vediamo in Germania) o dello scenario di Gestione Planetaria (Earth Stewardship), uno spegnimento intenzionale, Holmgren sostiene che in realtà ci stiamo addentrando in quello che chiama “Tecnologia Marrone” (Brown Tech). Il Brown Tech è emerso perché “gli alti prezzi energetici hanno permesso alle compagnie energetiche nazionali e private di mettere in atto molti nuovi progetti di energia fossile e rinnovabile che stanno tamponando l’impatto del declino della produzione dei vecchi giacimenti ‘supergiganti’”. Gran parte di questi nuovi progetti di combustibili fossili, sostiene, “generano di gran lunga più gas serra delle fonti convenzionali che hanno sostituito”. Continua a leggere
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Massimilianohttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngMassimiliano2014-01-18 09:43:532014-01-18 09:43:53Rob Hopkins sulla svolta di Holmgren
Salve a tutt*,
giovedì 16 gennaio al cinema teatro Odeon di Firenze ci sarà la proiezione del documentario “Ultima Chiamata” (Last Call) di Enrico Cerasuolo. Il film, grazie a materiali originali ed inediti, ripercorre le vicende del Club di Roma e dello studio sui “Limiti dello Sviluppo” (crescita), pubblicato nel 1972 dai coniugi Meadows e Jorgen Randers del MIT, e ne sottolinea la grandissima attualità.
Il documentario è molto ben fatto e potrebbe essere uno strumento di divulgazione in più per la Transizione. A questo proposito ci sono già dei contatti che potrebbero far nascere una partnership fra Cinemambiente, il festival di Torino dove il film ha anche ricevuto il Premio Speciale lo scorso anno, e Transition Italia.
Ad ogni modo, se siete da quelle parti giovedì, credo che valga la pena fare un salto e approfondire. La serata prevede una breve presentazione da parte del regista e di Ugo Bardi, fellow del Club di Roma.
Una giornata analoga potrebbe essere ripetuta anche all’Università di Urbino nella seconda metà di febbraio. Vi informerò senz’altro nel caso il progetto vada a buon fine.
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Massimilianohttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngMassimiliano2014-01-14 19:20:252014-01-14 19:20:25Ultima Chiamata a Firenze
Salve a tutt*,
se foste americani in questo scorcio di inizio anno e vi affidaste ai vostri sensi, sarebbe facile pensare che stiamo entrando in una nuova era glaciale. Il freddo record che stanno sperimentando gli Stati Uniti fino a latitudini molto meridionali è davvero straordinario.
Questo è un esempio a sua volta straordinario di quello che nella dinamica dei sistemi viene definito “controintuitivo” (vedi questo saggio di Donella Meadows) e di come la singola percezione della realtà, basata sui propri sensi o sul proprio intuito, sia uno strumento fallace per interpretarla e della necessità che tutti noi abbiamo di mettere insieme più parti di un quadro per ottenere una visione realistica dello stesso. In sostanza, della necessità di molteplici livelli di osservazione e di una grande capacità di raziocinio, termine che ultimamente ha assunto, purtroppo, un carattere quasi del tutto negativo.
Per tornare al tema del freddo americano e al sistema clima, ecco perché là fa molto freddo e in gran parte dell’emisfero settentrionale (e anche di quello meridionale) fa invece molto caldo. Ovviamente il ragionamento funziona anche al contrario: il fatto che in un luogo faccia più caldo, di per sé non significa né dimostra il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici:
Immagine termografica dell’emisfero settentrionale con centro sugli Stati Uniti del 7 gennaio 2014. Da The Climate Reanalyzer
Quello che sta succedendo, e che già era stato previsto dai modelli (vedi qui ) è, in sostanza, che la corrente che gira in senso antiorario intorno all’Artico, chiamata Vortice Artico (o anche Jet Stream) e che viene alimentata dalla differenza di temperatura fra Polo Nord ed equatore, si sta indebolendo, perché l’Artico si sta scaldando quasi al doppio della velocità dell’Equatore. In questo modo, il Jet Stream perde velocità e diventa più ondulato. Queste ondulazioni possono raggiungere latitudini molto meridionali e portarvi il freddo artico (come in questo periodo negli Stati Uniti) e/o portare il caldo delle latitudini più meridionali all’interno delle aree polari. Dipende in quale lato dell’ondulazione ci si trovi. Al momento, l’Europa è dal lato che porta calore verso nord. Chi di voi fa un orto o coltiva una qualsiasi pianta o, semplicemente, si guarda intorno, si rende conto che non sembra affatto di essere in gennaio (purtroppo, anche se lentamente, sembra che sarà anche il nostro turno di entrare nel lato freddo).
La comprensione di tutto questo è stata possibile grazie a molteplici punti di vista (dalle osservazioni satellitari ai dati sui venti e le temperature a terra e in quota, ecc.) e al lavoro di centinaia, forse migliaia, di persone che studiano questi fenomeni quotidianamente. Ed è solo grazie a questo che possiamo dire “se fa più freddo è a causa del riscaldamento globale”.
Controintuitivo.
La stessa Casa Bianca ha pensato che questa ‘dissonanza cognitiva’ (dovuta alla percezione sensoriale ma anche a molti pregiudizi e leggende sul riscaldamento globale) meritasse una spiegazione. Il risultato è questo video (sottotitolato nell’italico idioma). Buona visione.
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Salve a tutt*, Keeling Curve è il laboratorio dell’Università di S. Diego che da decenni mette insieme le misurazioni del CO2 atmosferico. E’ l’istituzione scientifica che ci aggiorna in tempo reale su quante parti per milione di CO2 ci sono globalmente e mediamente nell’aria che respiriamo. Sono ormai famose le letture dell’osservatorio di Mauna Loa, usate come riferimento. Va da sé che un lavoro del genere è importantissimo per monitorare il clima. Purtroppo, il laboratorio non viene più finanziato (non adeguatamente) e questo lavoro prezioso potrebbe non essere più garantito.
Non conoscendo i retroscena non credo sia opportuno aggiungere altro. Se vorrete potrete approfondire sul sito. Fatto sta che Keeling Curve ha iniziato una raccolta fondi per poter continuare a garantire questo servizio fondamentale. Se vi avanzano degli spiccioli, questo potrebbe essere un buon modo per spenderli. Certo, la cultura è molto vasta e in una società ‘postpicco’ come ormai è di fatto la nostra, si comincia a tagliare proprio su questa. Tanti sarebbero i buoni progetti da finanziare, non c’è certo solo Keeling, ma questo lavoro è fondamentale per rimanere informati su cosa sta realmente succedendo alla nostra atmosfera ed è indispensabile in prospettiva.
Dal sito Keeling Curve: letture dell’osservatorio di Mauna Loa dell’ultima settimana fino al 4 gennaio 2014 e andamento degli ultimi 2 anni, sempre fino al 4 gennaio.
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Ecco un regalo per l’inizio del nuovo anno. Forse ricorderete questa pubblicazione dei nostri amici del Post Carbon Institute firmata da Miller e Hopkins e disponibile solo per angloabili (?). Bene, grazie a Dario Tamburrano, coadiuvato da altri volonterosi traduttori (tutti santi subito) ora potete leggere il tutto in un comodo italiano arricchito da una prefazione dello stesso Dario. Ne cito uno stralcio:
In questo breve documento gli Autori fanno luce sul perché potrebbero essere la nostra, come la passata generazione, ad aver goduto del picco massimo di prosperità media della storia dell’intera umanità, squarciando in poche sintetiche pagine il buio dell’informazione e della cultura mainstream che tuttora colpevolmente ignora i problemi reali che ci minacciano.
Hopkins e Miller infatti, supportati da numerosi dati, focalizzano e descrivono in forma estremamente lucida e comprensibile i nuovi mutati contesti storici che negli ultimi anni si sono andati delineando nel campo dell’energia, del clima e dell’economia e che, perso il loro carattere di eccezionalità, divenuti permanenti e sistemici, vengono pertanto appropriatamente definiti come le Nuove Normalità.
In questo scenario, che delinea un vero e proprio spartiacque, il paradigma della irrinunciabilità della crescita economica assume le sembianze di una medaglia a due facce: se da un lato ha permesso un invidiabile e innegabile “progresso”, dall’altro, non contemplando i limiti biofisici del pianeta, ha creato i presupposti per le sfide che abbiamo di fronte, diventando pertanto una vera e propria trappola mentale ed economica, predominante e globalizzata che ci impedisce di affrontare in maniera logica e razionale i nuovi contesti standard che minano la nostra stessa sopravvivenza.
Già che siete lì a leggere, vi invito a fare anche un po’ correzione di bozze collettiva e se trovate errori, refusi, ecc. segnalatecelo che Dario li sistema. Buona lettura!
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Cristiano Bottonehttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngCristiano Bottone2014-01-02 16:51:432014-01-02 16:51:43Climate After Growth in italiano
un articolo interessante dalla stampa transizionista internazionale. Spero sia utile a stimolare la creatività in un campo in cui io stesso sono spesso in difficoltà: l’economia.
Buona lettura e buon anno a tutt*
Bombardare di semi: applicare i Principi della Permacultura alla Finanza
La finanza, anche nelle sue formulazioni più high-tech, è basata sui sistemi ecologici. Un fondo di scambio commerciale ad alta frequenza (high-frequency trading hedge fund), per esempio, si basa sull’elettricità creata bruciando materia organica fossilizzata. Si basa su impiegati che sopravvivono grazie al sistema agricolo. Commercia coi dividendi delle imprese, valore dato dalle azioni degli impiegati di quelle aziende che usano beni (come computer e sistemi di telecomunicazione) che dipendono (a qualche livello) dall’estrazione mineraria, dalle attività forestali e da altre industrie estrattive. Il sistema finanziario è stato però uno scarico netto sui sistemi ecologici. La finanza comporta la deviazione di energia economica – simbolizzata coi soldi – nel tentativo di generare un rendimento nel tempo. Per esempio, gli investitori potrebbero deviare soldi attraverso strumenti finanziari come quote e bond in attività economiche e tentare di estrarne dei ritorni sotto forma di dividendi e interessi. Puntano ad estrarre il massimo rendimento a breve termine, da una quantità di spesa minima, preferibilmente col minor livello possibile di rischio.
TUTTA LA VOSTRA ENERGIA CI APPARTIENE
La Permacultura è un corpo di pensiero che cerca di costruire dinamiche ecologiche nella progettazione. Un progettista in Permacultura capisce completamente l’idea di ottenere un rendimento dalla Terra dall’investimento di tempo ed energia, ma la differenza chiave è che si cerca di farlo senza minare l’equilibrio ecologico. Il focus è sulla mutua integrazione con le ecologie, agendo in accordo con i processi rigenerativi naturali piuttosto che sfruttarli in modo parassitario. Possiamo quindi usare i principi della Permacultura per progettare strumenti finanziari e istituzioni?
Coltivare l’equilibrio a lungo termine
Un esempio classico di istituzione finanziaria parassitaria è un “prestatore payday”. La compagnia di “prestiti payday” è fissata con i rischi a breve termini presentati da un debitore vulnerabile e sfrutta questa situazione chiedendogli i maggiori tassi di interessi possibili. Così facendo, la compagnia esaurisce ulteriormente la comunità intorno a sé ed aumenta lo stato di privazione. E’ una cosa simile alla pesca eccessiva in un sistema fluviale già fragile, distruggendo ulteriormente l’equilibrio ecologico. Il progettista in Permacultura, che si occupi di pesca o di inclusione finanziaria, perseguirà la costruzione del potenziale produttivo del sistema complessivo. Un ‘finanziere permaculturale’ punta così al rafforzamento dei debitori vulnerabili, lavorando con loro per migliorare il loro merito creditizio. La Permaculture Credit Union di Santa Fe è un esempio di questo genere di istituzione finanziaria rigenerativa. Se pensiamo in termini di energia economica, questa istituzione punta a coltivare l’equilibrio energetico a lungo termine piuttosto che estrarre la massima energia a breve termine prima del collasso.
Osserva e interagisci
Ma come arriviamo al punto di progettare tali sistemi? Chiunque abbia familiarità con la Permacultura sa che questa ha 12 principi di progettazione. Il primo, e forse il più importante, principio è “osserva e interagisci”. Le istituzioni finanziarie mainstream come le grandi banche fanno poca attenzione alle sfumature culturali delle comunità dalle quali discendono e i loro progettisti di certo non interagiscono con tali comunità in nessun senso significativo. Offrono prodotti e servizi standardizzati, a prescindere da dove si trovano, e nelle aree in cui questi non funzionano, le banche semplicemente non ci sono (nota come “esclusione finanziaria”). Chi pratica la finanza alternativa dev’essere in sintonia col proprio ambiente. Ho tenuto di recente un laboratorio al Festival di Shambala, dove abbiamo esaminato l’idea di costituire una moneta improvvisata per la durata del festival. Diversi partecipanti hanno suggerito di creare qualcosa di simile al Brixton Pound, una moneta locale usata per il commercio nel sud di Londra. Il punto del Brixton Pound però è quello di raccogliere l’energia economica che altrimenti scorrerebbe al di fuori di Brixton. Il sistema economico del Festival di Shambala, a differenza di Brixton, è già di per sé locale, quindi c’è un bisogno minimo di introdurre una tale valuta in quell’ambiente. Costruire qualcosa di più interessante richiede un’osservazione molto più profonda del perché le persone sono al festival (non è per fini commerciali, per esempio) e come un sistema diverso di scambio potrebbe aggiungere una nuova dimensione a quell’esperienza. In termini antropologici, potremmo chiamarla “osservazione partecipata”, dove ci si impegna in una lenta osservazione ed interazione con un particolare ambiente culturale per sperimentare le sfumature. Attraverso questo processo si può cominciare ad avere un’idea di come si può costruire un sistema più integrato, inclusivo ed interattivo. Un problema chiave della finanza moderna è proprio il fatto che le persone si sentano scollegate da essa. Considerate la banca media del centro citta’. Le persone che stanno in coda o che usano il bancomat spesso sembrano totalmente scollegate dal processo. Spesso non sanno da dove vengono i soldi o dove vanno. Per contrasto, una semplice piattaforma di prestito peer-to-peer (fra pari) come Abundance Generation – che permette di prestare direttamente a progetti per l’energia rinnovabile – ha la riconnessione incorporata nel suo progetto.
Zone e diversità
I permacultori sono intensamente interessati ai flussi di energia all’interno e fra diverse zone ecologiche e a come equilibrarli. Per esempio, nella progettazione agricola, pensano a come le famiglie interagiscono con l’orto più prossimo e come l’orto interagisce con le zone semi selvagge che stanno più lontane. Perseguono le sinergie fra le diverse componenti. Questa promozione della diversità è fondamentale per costruire resilienza (non mettere “tutte le uova nello stesso cesto”), ma le interrelazioni fra diverse parti sono anche viste come fonte di creatività.
RACCOGLIERE L’INTERESSE: ARRIVANO LE BANCHE
Il settore finanziario mainstream è la monocoltura finale. Non solo non è resiliente, ma non è nemmeno molto creativo e reattivo al cambiamento. Il settore bancario in generale è capace di fare solo una cosa: ricavare profitto a breve termine mentre concentra il potere in una sola serie di istituzioni. Ciò di cui abbiamo bisogno, piuttosto, è qualcosa che somigli ad un movimento finanziario ‘open source’, dove quel potere sia diffuso a reti di istituzioni più piccole, dove l’accesso ai servizi finanziari venga ampliato e dove i mezzi per produrre servizi finanziari siano estesi alle persone che avevano in precedenza un introito piccolo. Le banche locali sono un elemento importante di questo ethos, ma ne cogliamo anche i barlumi nella vasta gamma di piattaforme di nicchia di crowdfunding che sono emerse e che offrono opportunità finanziarie a progetti che gran parte delle banche ignorerebbero.
Olismo finanziario
Al centro della Permacultura c’è l’olismo. Gran parte del pensiero mainstream incoraggia le persone a inscatolare aspetti delle loro vite in silos intellettuali, come ‘la mia vita economica’ e ‘la mia vita politica’. Questo è un modo terribile di iniziare un processo di progettazione, perché ignora la natura intrinsecamente multiforme di tutte le nostre azioni e che noi equilibriamo sempre vari obbiettivi e valori. Per esempio, una grande valuta nazionale può essere molto efficiente per il cambio, ma quella stessa efficienza può agire per atomizzare gli individui indebolendo i legami di fiducia, che sarebbero altrimenti richiesti per il cambio. Così, piuttosto che perseguire la progettazione per usi singoli, specialistici e segregati (massimizzare un particolare risultato), un progettista in Permacultura persegue un’ottimizzazione olistica. Per esempio, come si crea una valuta che raggiunga l’efficienza senza alienare le persone l’una dall’altra? Può una moneta locale come il Bristol Pound mescolare l’efficienza di un pagamento dal cellulare con l’obbiettivo di energizzare lo scambio nella comunità locale? Molto importante è che l’olismo presuppone di integrare sé stessi nel processo di progettazione, piuttosto che immaginarsi come degli outsider obbiettivi. Gli attivisti impegnati nel settore finanziario passano gran parte del tempo a scagliarsi contro il sistema, ma frequentemente si prendono poco tempo per vedere come ne fanno personalmente parte. Vi siete mai chiesti come il settore finanziario mainstream si imprime e si replica nei nostri pensieri sul cambio e sul linguaggio che usiamo? Gran parte del potere del sistema finanziario è predicato su persone che inconsciamente gli rinviano il potere senza rendersene conto. Il vero olismo, e la chiave per svelare i principi di progettazione nascosti nei sistemi esistenti, è tanto nell’osservare sé stessi, quanto nell’osservare Canary Wharf. Pensateci la prossima volta che tirate fuori una banconota dal portafogli.
Bombardamento di semi: le frontiere della finanza ecologica
Quindi come cominciano gli aspiranti progettisti in Permacultura a rendere le loro visioni una realtà nel settore finanziario? Dopo tutto, se si è circondati da una monocoltura è difficile seminare nuove idee. In questo contesto aiuta a prendere ispirazione dal movimento di guerilla gardening ed in particolare dalle loro tecniche di seedbombing. Il seedbombing (bombardamento di semi) è l’atto di lanciare pacchetti compressi di semi in giardini rigidamente controllati. Gran parte dei semi non ce la fanno, ma è divertente provare e, per di più, di tanto in tanto si stabilisce effettivamente un avamposto per sé stessi. Usando questa come analogia per il cambiamento economico, abbiamo bisogno di creare continuamente portafogli di alternative e di tirarle alla società, imparando da ciò che funziona e cosa no. E’ così che hanno cominciato grandi istituzioni come Ecology Building Society – un gruppo di persone con un’idea si è fatto avanti e lo ha fatto. Queste soluzioni spesso sono piccole, ma è proprio questo il punto. Non vogliamo sostituire una monocoltura con un’altra monocoltura. L’ideale è creare un giungla ricca e reattiva di servizi creativi e resilienti, radicati nella realtà del proprio contesto locale.
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Massimilianohttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngMassimiliano2013-12-30 20:38:252013-12-30 20:38:25Osserva e interagisci: Permacultura e Finanza
Interessante questa attenzione della Banca di Inghilterra al tema (e al diffondersi) delle monete locali. Date un’occhiata qui per farvi un idea (in inglese).
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Cristiano Bottonehttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngCristiano Bottone2013-12-19 09:44:532013-12-19 09:44:53Bank of England e le monete locali
spero di farvi un regalo gradito (e spero che lo possiate a vostra volta usare come regalo per altr*) pubblicando queste immagini.
Gregory C. Johnson ha pensato di concentrare (distillare, dice lui) il recente quinto rapporto del IPCC in 19 Haiku, che qui vi propongo nella mia versione “sottotitolata” (su segnalazione di Nate J. Hagens).
Usatele pure a vostro piacimento.
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Volevo segnalarvi due documentari che ho recentemente sottotitolato e che potrebbero essere utili, a scopo divulgativo, per chi è attiv* in un’iniziativa di Transizione o in un Gruppo Guida.
L’argomento è per entrambi il clima.
Il primo è “Chasing Ice” (2012), del fotografo americano James Balog. Anni di fotografie scattate giorno dopo giorno durante la spedizione “Extreme Ice Survey” ricostruiscono il ritiro dei ghiacci in Islanda, Groenlandia, Alaska e Montana. “E’ una cosa magica, miracolosa, orribile e spaventosa”, una frase del film che lo rappresenta piuttosto bene. (Grazie a Ludovico e Ilaria per le segnalazioni di errori nel testo).
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Visto che non troverò mai il tempo di farlo tutto d’un fiato, ho deciso di scrivere a tappe a proposito del viaggio a Lione in occasione del primo meeting mondiale degli hub nazionali del movimento di Transizione.
Tanto per cominciare, spieghiamo a tutti cos’è un hub nazionale (un elenco di quelli ufficializzati). Si tratta di una organizzazione più o meno formale (il nostro in Italia è un’associazione) che si occupa di supportare il processo di Transizione a livello di nazione. Tipicamente si impegna nelle traduzioni di documenti e libri utili, si occupa di organizzare i training, di fornire assistenza alle Iniziative di Transizione Locali (quelle che normalmente chiamiamo Transition Towns o Città di Transizione). Infine mantiene i collegamenti con il resto della rete nel mondo e con il Transition Network, ovvero il gruppo inglese che ha dato origine al movimento.
Tra hub e iniziative locali non c’è logica gerarchica, l’hub è uno strumento di facilitazione al servizio delle iniziative locali, che però possono operare anche completamente separate dal loro hub nazionale.
Il buon Rupo ne ha fatta un’altra delle sue (traduzioni) accanendosi sui poveri transizionisti angloinabili che ora potranno vedersi con i sottotitoli il breve documentario del progetto Last Hours.
Avvertenza, questo lavoro si concentra molto sullo scenario in cui l’aumento della temperatura globale innesca un massiccio rilascio di metano (gas che produce un potente effetto serra) in atmosfera (curiosità: nome in codice in Italia di questo fenomeno è “L’Etrusco“). Si tratta di una situazione possibile, prevista dai modelli e che dobbiamo decisamente fare a meno di sperimentare (o siamo bolliti).
Si tratta ovviamente di argomento inquietante e fortemente ansiogeno, sconsigliato a chi è già sufficientemente preoccupato. Il documentario ci marcia anche un pochino sopra spettacolarizzando i fatti, ma resta sostanzialmente nell’ambito della correttezza scientifica (abbiamo verificato con gli esperti).
Insomma, se serve, se volete, ora è sottotitolato.
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Cristiano Bottonehttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngCristiano Bottone2013-10-10 15:40:122013-10-10 15:40:12Il progetto Last Hours
Vista la profusione di training in arrivo, onde evitare che ci siano spostamenti inconsulti da un lato all’altro del bel Paese, vi segnalo che a novembre (23/24) dovrebbe esserci anche l’occasione di partecipare a quello di Macomer in Sardegna. Appena avremo i dati logistici completi lo pubblichiamo, nel frattempo fatevi un nodo alle dita o prendetevi un appunto sul fazzoletto.
Questi tre strani tipi nella foto pare siano già iscritti…
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Cristiano Bottonehttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngCristiano Bottone2013-10-10 14:55:012013-10-10 14:55:01In arrivo anche un tTraining sardo
Da questa mattina stiamo seguendo le notizie provenienti dall’IPCC relative al loro ultimo rapporto sulla situazione climatica. Grazie alla solerzia di Rupo trovate qui di seguito la traduzione di uno dei documenti chiave, ovvero il riassunto delle indicazioni destinate ai responsabili politici.
Una cosa sembra ora certa, dopo un’immane sforzo coordinato, la scienza sembra aver fatto quello che doveva fare definendo alcuni aspetti fondamentali del problema Riscaldamento Globale:
È indubitabilmente in corso, il mondo si sta scaldando, fine delle discussioni
È causato dalle attività umane con una certezza che supera ora il 95%*
Il CO2 non è mai stato a questo livello da 800.000 anni
Non possiamo usare tutte le riserve di energia fossile disponibili, le emissioni eccederebbero qualsiasi parametro di sicurezza
Bisogna reagire, subito e massivamente
* Gli scienziati son personcine serie e non potendo produrre una prova sperimentale (non avendo un secondo pianeta identico alla terra su cui fare dei test) conservano sempre margini di sicurezza. Questo però non vale per i politici per i quali una certezza scientifica del 95% deve voler dire azione al 100%. Se un farmaco avesse il 10% di probabilità di produrre tumori lo vorremmo fuori dal mercato, le emissioni serra hanno una probabilità del 95% di ammazzarci tutti e non riusciamo a fare nulla.
Quindi ora tocca a noi, ai politici, agli imprenditori, ai cittadini, a tutti… non ci sono più scuse.
segnalazione rapida per un’intervista ad Ugo Bardi che va in onda stasera sul canale Raistoria alle 22:30. Ugo Bardi è un ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra della Facoltà di Chimica dell’Università di Firenze, fondatore di ASPO-Italia, fellow del Club di Roma e autore di diversi libri come “La Fine del Petrolio“, “The Limits to Growth Revisited“, “La Terra Svuotata” e “Plundering the Planet” (pubblicato in tedesco e prossimamente in inglese). Tiene diversi blog in Italiano e in Inglese, dove da anni fa divulgazione sui temi dei limiti delle risorse e sui rischi dei cambiamenti climatici (blog tenuti dal Prof. Bardi o ai quali collabora o ha collaborato qui, qui, qui, qui, qui, qui).
E’ stato ed è una fonte di riflessione importante e di dati significativi per capire dove siamo diretti. Personalmente, come in molti sapranno già, ho l’onore (e l’onere) di collaborare con lui al blog Effetto Cassandra.
Se stasera non avete impegni…
http://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.png00Massimilianohttp://transitionitalia.it/wp-content/uploads/2015/03/logo_transition_italia-300x138.pngMassimiliano2013-09-26 16:56:032013-09-26 16:56:03Intervista ad Ugo Bardi