A seguito del suo ultimo rapporto (scaricatelo qui) la Banca Mondiale sembra entrare in modalità “è tempo che tutti sappiano in che razza di guai siamo”, un atteggiamento che si sta diffondendo tra le principali istituzioni del pianeta.
Piuttosto significativo questo articolo apparso sul sito della Thomson Reuters Foundation in cui Laurie Goering intervista Jim Yong Kim (attuale presidente della Banca Mondiale) cercando di indagare le prospettive che emergono dallo studio “Turn Down the Heat”.
Kim non usa mezzi termini e inanella una serie di affermazioni che vale davvero la pena incorniciare:
“This report should make us lose sleep over what our world will look like in our lifetimes.”
Questo rapporto dovrebbe farci perdere il sonno rendendoci coscienti di come cambierà la faccia del mondo nel corso della nostra vita.
“Climate change is a short and medium term risk to the global economy. People think it’s about their grandkids. It’s not.”
Il cambiamento climatico è un rishio a breve e medio termine per l’economia globale. La gente pensa sia qualcosa che riguarderà i nipoti, non è così.
“I’ve lost count of the number of once-in-a-lifetime [climatic] events that happened in the last two or three years,”
Ho perso il conto degli eventi da “una volta nella vita” che sono accaduti negli ultimi due o tre anni.
“Part of what is necessary to drive political action on climate change, is a genuine grassroots movement, something that is currently missing.”
In parte di ciò che serve per guidare l’azione politica sui cambiamenti climatici è un vero movimento dal basso, qualcosa che al momento manca.
“We need to put together a plan that is equal to the challenge, and we have not done that yet”
Dobbiamo mettere assieme un piano adeguato alla sfida, e ancora non ce l’abbiamo.
Se alle esternazioni di Kim accostiamo il paragrafetto che la IEA ha pensato di inserire nella quarta di copertina del suo Rapporto Speciale 2013, cominciamo probabilmente a intravedere la direzione che potremmo finire per prendere in assenza di una reazione, spontanea, democratica e sufficientemente “adeguata” alla sfida.
…il settore energetico deve occuparsi sin da ora, nel suo stesso interesse, dei rischi impliciti del cambiamento climatico – sia che si tratti di impatti fisici che di conseguenze derivanti da azioni drastiche implementate dai governi in un secondo momento, quando la necessità di ridurre le emissioni diventerà PERENTORIA.
(il grassetto e il maiuscolo li ho messi io)
Di che stiamo parlando quindi? Dello svegliarsi troppo tardi. Del rendersi conto all’improvviso che l’eterno procrastinare ci ha condotto a una situazione già oggi disperata. Abbiamo passato tanto tempo a negare, confondere le idee, tergiversare… ma ora i fatti ci riportano brutalmente alla realtà fisica del mondo che abitiamo.
Dovremmo muoverci in fretta, compatti, facendo scelte enormi per qualità, scala e sostanza. Allo stesso tempo ci rendiamo conto di non essere preparati a farlo. Non lo sono i vertici politici, non lo sono i cittadini, non lo è il mercato. Ecco allora che cominciano ad affiorare altri scenari. Quel “perentoria” fa venire un po’ di brividi, non credete?
Produrre consapevolezza
Provo a vedere il versante positivo di tutto questo. Con messaggi di questo tipo, provenienti da entità di questo peso, diventa molto più facile fare crescere la consapevolezza di tutti. Oggi è molto più facile aiutare un amministratore pubblico, un sindaco, un imprenditore a capire cosa sta succedendo e quale sia il livello d’urgenza.
Bene, sfruttiamo questo momento e cerchiamo di facilitare la comprensione dello scenario climatico e la sua connessione con tutti gli altri scenari di crisi che stanno modificando il mondo. Grazie a questi risvegli, è sempre più facile.