Non solo petrolio … ma anche le terre rare

Non è solo la crisi del petrolio – ma una crisi più complessiva che include anche la futura disponibilità di terre rare. Le terre rare, come dice già il nome, non sono mai state super-abbondanti in natura, ma ora anche l’industria delle automobili elettriche se ne sta accorgendo in quanto sono basilari per costruire le batterie ricaricabili.

Ecco un articolo da Ecoblog che ne parla. Buona lettura:

Il prezzo del petrolio cresce e gli standard di emissione per le autovetture si sono fatti più severi. Queste le due buone ragioni che hanno spinto i costruttori di automobili europei,Renault con Nissan in testa (Fiat non è pervenuta) a investire nella progettazione e produzione di auto elettriche. L’obiettivo della casa francese è venderne un milione entro il 2016.

Ma qualcosa sembra essere arrivato a rompere la festa: a creare nervosismo tra le case automobilistiche che stanno investendo nelle auto elettriche è la notizia che iniziano a scarseggiare le materie prime, per lo più metalli, tra cui le preziose terre rare uno dei componenti necessari alla costruzione dellebatterie elettriche ricaricabili.

Un gruppo di esperti dell’UE ha identificato 14 materie prime, valutate come “critiche” per le industrie tecnologiche e eco dell’Europa. Queste sono: antimonio, berillio, cobalto, fluorite, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, MGP (Platinum Group Metals), terre rare, tantalio e tungsteno.


Tra i produttori la Cina, che estrae oltre il 95% delle terre rare ma che ha progressivamente ridotto le sue quote di esportazione per mantenere i minerali a disposizione dei mercati interni. Politica che ha suscitato allarme tra le nazioni con le industrie che dipendono da loro per le applicazioni hi-tech.

Spiega Philippe Schulz esperto di energia e materie prime per Renault:

La questione è troppo strategica. Tutte le materie prime sono esposte o a un rischio di aumento brutale dei prezzi o alla carenza entro breve tempo. Bisogna anticipare le soluzioni e metterle in atto.

Se per le terre rare si calcola che vi siano riserve disponibili per i prossimi 800 anni, per piombo e rame si calcola che si possano esaurire nei prossimi 30-35 anni. A gestire per ora l’export di terre rare è la Cina già dalla seconda metà degli anni ottanta grazie alla competitività dei costi. Prima di allora le esportavano Brasile e India che poi hanno chiuso le loro miniere a causa del tracollo dei prezzi.

Le case automobilistiche però fanno sapere di aver messo in atto strategie che consentono a loro o ai partner di iniziare a abbandonare leterre rare per la produzione delle batterie. Resta però il problema dell’approvvigionamento del litio, per cui si cercano alternative con il nichel-zinco. Diciamo che il problema si presenterà massiccio dal 2020 in poi, data per cui è prevista l’espansione sui mercati dell’auto elettrica. Ad esempio, occorre un chilo di neodimio, uno dei minerali di terre rare, usato come magnete permanente per l’alta potenza nelle batterie di auto elettriche e ibride come nel caso della Toyota Prius. Immaginiamo cosa possa significare se la diffusione di queste auto dovesse superare l’attuale 10%.

Nell’attesa del dominio delle auto elettriche sul mercato non resta che affidarsi alle batterie al piombo, metallo per cui i problemi si potrebbero presentare molto presto. Infatti è proprio il settore auto a assorbire il 60% della produzione mondiale di piombo che secondo US Geological Survey, è destinato a esaurirsi nel 2030 se i livelli di produzione saranno mantenuti come nel 2008, ossia 3,5 milioni di tonnellate l’anno. Problemi simili per il rame per cui sono annunciati 35 anni di riserve se continuiamo a produrre come il 2008. Ma questa scadenza potrebbe essere accorciata considerata la crescente domanda.

Uno dei sistemi migliori di approvvigionamento viene individuato nel riciclo dei metalli che non è affatto economico come si pensa e che obbliga i costruttori a stringere accordi caso per caso e con ogni singolo produttore. Volvo Trucks è uno dei rari produttori a comunicare le sue statistiche su come i pezzi riciclati siano utilizzati nelle sue linee di produzione. Dice l’azienda:

Il 30% del peso dei nuovi camion sono ottenuti da materie prime riciclate, con tassi che vanno fino al 50% per il ferro e al 97% per la ghisa.

Ogni anno, 12 milioni di veicoli sono distrutti nell’ Unione Europea, il che rappresenta un potenziale significativo per il recupero dei materiali grezzi. E la Cina ora ha iniziato a sfruttare il potenziale per emergere come uno dei principali attori sul mercato del riciclo delle automobili. Per esempio la Huaren Resources Recycling (H&R), compagnia cinese acquista auto rottamate pre-trattate in Europa e le spedisce in Cina, dove sono recuperati i preziosi componenti: alluminio, acciaio, litio, terre rare, piombo, plastica, palladio. H&R ha annunciato l’ obiettivo di recuperare due milioni di auto rottamate in Europa entro il 2012. Tra i primi partner Austria e Spagna.

Rileva Patrick Poincelet, responsabile del riciclo per CNPA, associazione francese che rappresenta gli operatori del settore automobilistico:

Abbiamo bisogno che la Commissione europea inizi a considerare la questione delle esportazioni di rifiuti riciclabili in Cina, se vogliamo assicurare i nostri approvvigionamenti di materie prime. Il problema con il riciclo deriva principalmente da una mancanza di mercati a valle dei prodotti riciclati. Finché non abbiamo messo in atto mercati competitivi, il riciclo non sarà valutato come soluzione sufficientemente attraente per l’industria. Prendiamo in esame i soli veicoli: riusiamo solo il 3% della plastica. E questo perché non abbiamo un industria a valle che permetta di reintrodurre i materiali recuperati in nuovi veicoli in maniera competitiva.


 

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