19 Haiku per il clima

Salve a tutt*,

spero di farvi un regalo gradito (e spero che lo possiate a vostra volta usare come regalo per altr*) pubblicando queste immagini.
Gregory C. Johnson ha pensato di concentrare (distillare, dice lui) il recente quinto rapporto del IPCC in 19 Haiku, che qui vi propongo nella mia versione “sottotitolata” (su segnalazione di Nate J. Hagens).
Usatele pure a vostro piacimento.

Buone feste a tutt*.

COPERTINA HAIKU CLIMA


PRESENTAZIONE HAIKU

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Intervista a Nafeez Ahmed

Salve a tutte/i,
chiedo scusa se la formattazione dell’intervista è un po’ aleatoria, ma non avevo troppo tempo da dedicarci (e mi pare che wordpress sia peggiorato ultimamente…). Spero che risulti ugualmente leggibile. E interessante. Buona lettura.

“Questa è un’opportunità senza precedenti”

Da “Transition Network”. Traduzione di MR

Di Rob Hopkins

Una delle voci più illuminanti nei media britannici al momento è Nafeez Ahmed, che ha scritto con regolarità su picco del petrolio, cambiamento climatico, geopolitica e come tutte queste cose si sovrappongano sul Guardian. Mi sono sentito davvero onorato di poter parlare con Nafeez per sentire i suoi pensieri sull’attuale stato del dibattito sul picco del petrolio e sul futuro dei combustibili fossili, cosa dovremmo fare a riguardo e il ruolo che potrebbe giocare la Transizione. Come sempre, potete anche scaricare o ascoltare il podcast (ovviamente, in inglese).
Ho cominciato chiedendo a Nafeez di presentarsi…
Mi chiamo Nafeez Ahmed. Ho un passato nella sicurezza internazionale. Ero un accademico all’Università del Sussex in Rapporti Internazionali, osservavo la violenza di massa e le cause strutturali della stessa. Questo è ciò che mi ha portato a guardare più in profondità alle sfide che stiamo affrontando oggi, come il cambiamento climatico, il picco del petrolio e tutto il resto. E come tutto questo stia cambiando il mondo e creando un maggiore pericolo di conflitto, se guardiamo alle vie d’uscita limitate ed abitudinarie piuttosto che alle soluzioni trasformative. Ho scritto un libro su questo, dal titolo “Guida alla Crisi della Civiltà” ed ho anche fatto un documentario sul libro dal titolo La Crisi della Civiltà, che si può vedere gratuitamente su youtube (anche sottotitolato in italiano). Continua a leggere

Che faremo alla Fest’? Teatro!

Venerdi sera alla prima Transition Fest’ Nazionale, ad apertura (o chiusura) della Pecha Kucha night, la compagnia teatrale “I Camminanti” presenta

FINANZA VERSO LA FINE DI UNA SCHIAVITU’

spettacolo nato dalla risposta creativa di un gruppo di cittadini coinvolti in un gruppo di studio sulla Transizione

Ecco come lo raccontano Raffaella, Luigi, Carmine, Giada, Iacopo,  Isabella , Francesco, Maria Cristina, Giorgio, Claudio e Jane:

Prima di affrontare un problema, bisogna conoscerlo, ma non si arriverà mai a conoscerlo se prima non ci si rende conto di essere di fronte ad un grosso problema.

Il nostro scopo è di illustrare i problemi finanziari senza essere pesanti e proporre un nuovo modello di economia solidale.

Quando la schiavitù fu abolita in America, molti degli ex schiavi — non sapendo cosa farsene della libertà — chiesero agli ex-padroni di tenerli con sé. Lo stesso sta succedendo oggi. Il frutto del nostro lavoro ci dà la libertà economica! Continua a leggere

Cinema in transizione, istruzioni per l’uso

Estate… tempo di cinema all’aperto, di proiezioni caserecce in cortile e di pop-corn a fiumi. Un’occasione che molte iniziative di transizione (e affini) colgono per organizzare rassegne di film, documentari e video di animazione che possono aiutarci nella doppia impresa di capirne di più su come funziona il mondo e di stimolare nuove visioni del futuro. Ieri sono stata a vedere un documentario sui rifiuti e oggi ho deciso di prenderne spunto per fare qualche riflessione sul “Cinema di Transizione… istruzioni per l’uso”.

cinema

Vedere un film o un documentario al cinema non è la stessa cosa che guardarselo da soli a casa.  I gestori dei piccoli cinema superstiti nei centri città vi diranno anche che è una forma di impegno.

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Scollocarsi ? Se ne parla nel Biellese …

Avevo fatto girare il “diario di scollocamento” di Ivan Sirtori nel Google Group “Biellese in Transizione” e sono piovuti commenti a raffica (ben 44 !) – chi di profonda approvazione e chi di forte scetticismo. Ma non ha lasciato indifferenti. Ivan, direttore artistico dello Spazio Manabi (www.manabi.it) non va per il sottile, mosso da una profonda spinta interiore, ha iniziato a fare parecchie scelte radicali, dal “divorziare” dalla moglie (per stare insieme per scelta e amore), al chiudere partita iva fino a proclamare la sua sovranità individuale. Il tema è complesso e sentito, sappiamo tutti che l’attuale sistema è morente e disfunzionale, ma ne siamo comunque figli. Ha senso persistere nel cercare di modificarlo dall’interno oppure è veramente meglio dirgli addio e dedicare le proprie energie a costruire il nuovo ? Direi di aprirci a riflessioni e soprattutto esercitare le nostre scelte non spinti da rabbia e colpevolizzazione , ma da compassione e amore. Anche verso quanto ora davvero non funziona più e non riesce a dare le risposte necessarie alla crisi sistemica. Rendendo gratitudine per quello che comunque ci ha dato di positivo per voltarci finalmente verso nuovi orizzonti di rinascita … Se ne parla il 1° giugno in un evento organizzato da Biellese in Transizione.

Scollocarsi 1giu13

Su un aereo per fermare il CO2

Salve a tutte/i,

eccovi uno splendido spunto di Rob Hopkins per riflettere sulle nostre scelte. Quando può essere utile al processo, dovremmo essere capaci di fare anche cose che ci sembrano apparentemente sbagliate, o che vanno contro il nostro modo di sentire e le nostre scelte. La resilienza è adattamento a ciò che la vita ci pone di fronte, unita alla capacità di pensare a lungo termine.

Magari a nessuno di noi si è presentata una possibilità come questa che si è presentata a Rob, ma potrebbe essere utile calare la situazione che lui ci descrive nella nostra esperienza specifica, per capire dove anche noi potremmo tirare le leve giuste e dalla parte giusta. E poi, chi lo dice che non potrebbe capitarci una situazione simile?

Buona lettura e… non prenotate un volo dopo aver letto questo articolo!


Perché marco il passaggio a 400 ppm tornando su un aereo

Di Rob Hopkins

Da “Transition Culture”. Traduzione di MR



Nel novembre del 2006, ero seduto in fondo al cinema Barn, a Dartington, e guardavo “Una scomoda verità”. Quel film ha avuto un tale impatto su di me allora, che avevo deciso che semplicemente non potevo lasciare quel cinema senza marcare l’evento facendo un qualche cambiamento nella mia vita. Ho deciso quella sera di non volare più e non ho più preso un aereo da allora. Ho svolto un ruolo attivo nel sostenere la crescita di un movimento internazionale in 40 paesi da allora, partecipando a innumerevoli workshop e discusso la Transizione a livello internazionale via Skype e discorsi pre-registrati, in molti dei quali comincio parlando di quanto carbonio ho risparmiato non viaggiando di persona. Tuttavia, ho visto recentemente il film “Chasing Ice”, e questo ha avuto, se non altro, un impatto ancora più viscerale di “Una scomoda verità”. La mia decisione dopo averlo visto, rafforzata dal recente passaggio per la prima volta a 400 ppm di CO2 in atmosfera, è stata che fosse tempo di tornare su un aereo e voglio utilizzare questo post per raccontarvi il perché.

Quando sono nato, la concentrazione atmosferica di CO2 nell’atmosfera terrestre era di 325,36 ppm. Avevo 19 anni quando ha superato le 350 ppm per la prima volta, il livello che scienziati del clima come James Hansen sostengono essere la concentrazione più alta possibile se vogliamo “preservare un pianeta simile a quello sul quale si è sviluppata la civiltà ed al quale si è adattata la vita sulla Terra”. Quando, nel 2004, sono stati seminati i primi semi della Transizione, nel momento in cui ero seduto coi miei studenti al Further Education College di Kinsale (Irlanda) a guardare The End of Suburbia, ci trovavamo a 376,15 ppm. Nel giorno in cui è partito questo blog col suo primo post, ci trovavamo a 378,29 ppm. Quando ho visto “Una scomoda verità”, era a 380,18 ppm. Il giorno in cui è stato fondato ufficialmente il Transition Network avevamo raggiunto le 386,40 ppm. Il

Il giorno in cui ho lasciato Venezia lo scorso settembre, dopo la conferenza sulla Decrescita (alla quale ero andato in treno), guardando Venezia dal battello come quel gioiello straordinario che è, a pochi pollici sul livello del mare, le concentrazioni avevano raggiunto le 391,06 ppm.

The rise in atmospheric CO2 concentrations during my lifetime (http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/#mlo_data).

Un paio di settimane fa abbiamo superato, per la prima volta, 400 ppm. E’ solo un numero, ma ha avuto un profondo impatto su di me, una linea sulla sabbia che fa riflettere, uno schiaffo in piena faccia profondamente inquietante da parte della realtà. Come dice Joe Romm su Climate Progress:

Certo, visto che siamo arrivati a 400 ppm per la prima volta nell’esistenza umana senza nemmeno un piano per evitare i 600 ppm, o gli 800 ppm e quindi i 1000 – senza nemmeno una discussione nazionale o una protesta da parte della cosiddetta intelligentia – vale la pena di chiedersi, perché? C’è qualcosa di innato nell’Homo “Sapiens” che ci rende dimentichi dell’ovvio?

Questo significa che gli attuali livelli di CO2 nell’atmosfera sono di gran lunga maggiori di quanto lo siano stati perlomeno negli ultimi 4,5 milioni di anni. Il grafico sotto mostra come le concentrazioni siano fluttuate durante gli ultimi 800.000 anni. Per via del contesto, 30.000 anni fa, l’uomo di Cro-Magnon era fiorente, cacciava, raccoglieva e dipingeva le pareti delle grotte. Il Guardian ha creato una splendida infografica che racconta la storia delle 400 ppm e cosa significano in modo molto ben comprensibile. Come dice Damien Carrington sul The Guardian “l’ultima volta che c’è stata così tanta CO2 in aria è stato diversi milioni di anni fa, quando l’Artico era senza ghiacci, la Savana si è diffusa sul deserto del Sahara e il livello del mare era fino a 40 metri più alto di oggi”.

Nonostante tutti gli sforzi dei movimenti verdi, delle iniziative di Transizione, di una moltitudine di conferenze internazionali e di inutili accordi, l’aumento è continuato inesorabilmente. Mostra piccoli segni di rallentamento, l’International Energy Agency ha avvertito lo scorso anno che il mondo è sulla strada per un aumento delle temperature di almeno 6 °C per il 2100.

Carbon dioxide concentrations for the last 800,000 years (http://keelingcurve.ucsd.edu/)

So che la mia scelta di non volare più ha ispirato molta gente a fare la stessa cosa, ma ha avuto un qualche impatto in termini assoluti sull’aumento dei livelli di emissione? Chiaramente no. Ma è stata la cosa giusta, finora, da fare? Assolutamente. Un affascinante saggio di Joakim Sandberg dal titolo Le mie emissioni non fanno differenza ha esplorato questo tema. Egli scrive:

Il mio consiglio è che abbiamo un obbligo collettivo di cambiare i nostri modi e questo obbligo collettivo potrebbe essere parzialmente separato dall’obbligo individuale. Mentre il mio volare o non volare non fa differenza, dovrebbe essere considerato, il cambiamento climatico potrebbe essere evitato se tutti cambiassimo i nostri modi. Ma allora sembra plausibile dire che noi agiamo in modo sbagliato come collettività, anche se nessun guidatore o passeggero di aerei non stesse facendo niente di sbagliato. Questa visione potrebbe essere ulteriormente spiegata dicendo che la questione morale può essere posta almeno su due livelli, con riferimento implicito ai diversi tipi di attori. Una cosa è chiedersi “Cosa dovrei fare?”, ma chiedersi “Cosa dovremmo fare?” è una cosa molto diversa e le risposte potrebbero non essere sempre convergenti.

Il fatto è che in un momento della storia in cui abbiamo disperatamente bisogno di tagliare in modo netto le emissioni, abbiamo tutti la responsabilità di rivalutare il comportamento che intraprendiamo e che rende normale, per le persone intorno a noi, modi di agire che generano alti livelli di emissioni. Come dice Sandberg, “mentre potrebbe non essere proprio sbagliato per me guidare o volare, potrebbe però essere sbagliato per noi farlo e dobbiamo per questo trovare modi per coordinare i nostri sforzi ambientali in modo più efficace”. Continuerò a non volare per le vacanze o per ragioni familiari, alle conferenze, praticamente quasi per nessuna ragione. Tuttavia ho deciso, dopo discussioni con le persone con le quali lavoro, che superare le 400 ppm, la portata della crisi climatica, significa che è tempo di tornare su un aereo, nel caso in cui i benefici possano essere considerati come maggiori degli impatti. Circa il 25% delle emissioni mondiali provengono dagli Stati Uniti, il più grande emettitore mondiale di biossido di carbonio. Di recente ho avuto una conversazione toccante con una persona che negli Stati Uniti lavora per un’organizzazione che finanzia i gruppi che agiscono sul cambiamento climatico e che è molto ben collegata politicamente negli Stati Uniti. Lei mi ha detto, con la voce rotta dall’emozione, che aveva la sensazione, dai sui colloqui con gente che conosce alle Nazioni Unite e di altre organizzazioni, che sembra esserci un consenso nel dar loro altri 18 mesi, al massimo 2 anni, e poi il finanziamento e quindi lo sforzo politico passeranno dalla mitigazione all’adattamento e la difesa. Lo dirò ancora. Il finanziamento e lo sforzo politico passeranno dalla mitigazione all’adattamento e la difesa. O, per dirlo con altre parole, si arrenderanno. Il consenso passerà al presupposto che sia troppo tardi. Ufficialmente. L’imminente briefing della Casa Bianca sullo stato del ghiaccio Artico e le sue implicazioni probabilmente non sarà di aiuto, data la gravità e l’apparente irreversibilità della situazione. Mi rifiuto di accettare che lo sbilanciamento a 500 ppm, 600 ppm, 800 ppm sia una cosa inevitabile. Mi rifiuto di accettare, come ha cercato di dire Nigel Lawson nel suo dibattito con l’incredibilmente paziente Kevin Anderson alla trasmissione radiofonica di Jeremy Vine di recente, che fare qualcosa per il cambiamento climatico impatterebbe sulla crescita economica e quindi non dovremmo disturbarla. Mi rifiuto di essere d’accordo con Peter Lilley che l’unico modo di preservare la nostra economia si di permettere il fracking per il gas senza restrizioni e ovunque l’industria del gas decida di voler perforare perché “non ci sono semplicemente tecnologie rinnovabili disponibili che ci possiamo permettere per rimpiazzare i combustibili fossili”. Mi rifiuto di accettare che non possiamo fare un po’ meglio di quanto facciamo ora e che le comunità abbiano solo un ruolo passivo da giocare nel fare qualcosa per questo col lavoro vero fatto dai governi e dalle aziende. Mi rifiuto di arrendermi finché c’è ancora una possibilità.

Così, quando mi è arrivato un esplicito invito a parlare ad un incontro dai più grandi finanziatori filantropi al loro incontro negli Stati Uniti, e l’opportunità di presentare loro con la Transizione un modello dal basso, un’azione condotta dalla comunità e di spiegare come la Transizione si sia sempre più concentrata sulla creazione di una nuova economia, di proprietà della gente, a beneficio della gente, del clima e del futuro, ho dovuto pensarci due volte. Questa è proprio un’opportunità straordinaria di provare ed influenzare la mentalità della gente che ha il potere e la capacità di sostenere significativamente le comunità, e di altri attori cruciali, che hanno bisogno di agire per fare un vero e rapido passaggio così necessario. Ci ho pensato a lungo e duramente.

E sono giunto a un punto, anche questo attraverso discussioni con altra gente qui al Transition Network e con discussioni coi nostri amici di Transition US e del Post Carbon Institute, di sentire che valga la pena di andare e salire su un aereo per fare il viaggio, nella (probabilmente ingenua) speranza che questo possa seminare qualche seme di una nuova direzione nelle menti di qualcuno dei più importanti finanziatori statunitensi, dare una spinta a Transition US, elevarne il profilo, facendo quello che posso per provare e sostenere ciò che sta già avvenendo lì. Mi aspetto di tornare spremuto come una spugna. Questo non apre la porta al volare qua e là. Questo è un invito molto particolare che è stato valutato interamente nel merito.

Cosa faccio adesso? Molti dei movimenti, idee, persone e progetti che mi hanno ispirato durante gli ultimi 20 anni sono venuti dagli Stati Uniti. Avvengono cose straordinarie laggiù, progetti ispirati, grandi movimenti, reti incredibili. Ma se la Transizione può portare qualcosa di energizzante, qualche intuizione dal proprio esperimento globale di 7 anni, qualche tipo di rinnovato ottimismo sul fatto che il cambiamento è possibile, qualcosa, qualsiasi cosa, allora sembra valere la pena farlo, prima che la finestra di possibilità si chiuda.


Ciò che mi tormenta ogni giorno, e non c’è dubbio che lo farà per il resto dei miei giorni, è cosa dirò ai miei nipoti quando mi chiederanno cosa ho fatto durante il tempo in cui il cambiamento climatico poteva essere messo sotto un qualche tipo di controllo, quando i cambiamenti necessari potevano essere messi in atto per creare una cultura a basso tenore di carbonio, resiliente e prosperosa che nutrisse le culture umane. Sono stato efficace come potevo essere? Ho fatto tutto ciò che potevo? Avendo riflettuto su questo per un po’ di tempo, sembra meschino declinare un’opportunità che potrebbe potenzialmente avere un impatto di gran lunga più positivo di quello negativo del volo. Così, a un certo punto a fine settembre, sembra che farò quel viaggio. Piuttosto, quello che farò quando sarò lì deve ancora essere concordato (anche se ovviamente vi farò sapere). Se questo avrà un qualche impatto significativo è ancora meno certo. Ma deve essere fatto, quindi lo faccio.

Le statistiche della concentrazione di CO2 provengono dal sito web dell’Earth System Research Laboratory, da misurazioni prese alla stazione di ricerca di Mauna Loa.

La transizione si muove in Sicilia

Cari e care tutt*,

oggi vogliamo lanciarvi un appello e condividere con voi la gioia di aver visto crearsi, per la prima volta in Sicilia, la prima micro rete regionale che sta ragionando su come portare la transizione nelle nostre comunità locali.

Nella voglia di capirne di più, amplificare il fenomeno e farlo conoscere, abbiamo deciso di organizzare il primo momento di formazione ufficiale sulla transizione in regione: un Transition Tour Siculo che si svolgerà il prossimo ottobre.

Abbiamo pensato quindi di scrivere questo appello per spargere la voce e poter allargare la rete di transizionisti e transizioniste (o aspiranti tali!) in Sicilia. Vorremmo discutere con tutti voi siciliani in loco (ma anche simpatizzanti, emigrati con voglia di rientrare, emigrati con amici siculi sensibili che però non conoscono ancora il tema etc..)  l’idea di come creare una prima rete in cui scambiarci mutuamente supporto, idee e materiali su come implementare la transizione nelle nostre comunità locali.

Al momento siamo un piccolo gruppo che si riunisce su skype. Chiunque voglia entrare in contatto con noi sia per fare massa critica che proporre idee-attività per il Transition Tour Siciliano del prossimo ottobre non esiti a scrivere a  manuelatrovato [at] gmail [punto] com.

Vi abbracciamo,
Manuela, Peppe, Simona, Marco ed Elisa

Accesso alla terra – è nata Arvaia

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Nella mia personale ricerca di Accesso alla terra, di cui ho già parlato più volte e ne ricordo  una per tutte, mi sono alla fine imbattuta nella realtà di Arvaia. Ovviamente ho preferito passare la palla a Stefano Peloso che ne sa molto più di me ma non era stato sufficiente. C’è stato bisogno di un’ulteriore connessione e questa è arrivata dal buon Giorgio Draghetti che ha chiesto proprio a Stefano di facilitare un world cafè..

arvaia

Insomma scrivo questo post per dire che alla fin fine tutto torna e la Coop Arvaia è nata ( e Stefano è tra i soci fondatori). Continua a leggere

Quanto sono larghe le tue spalle?

Salve a tutte/i, credo che questo post di Rob Hopkins sia particolarmente significativo ed importante. Forse in Italia quello di cui si parla qui non è ancora accaduto o è accaduto in forme ancora leggere. Ragione in più per farsi le ‘spalle larghe’ sin da ora. Buona lettura.

Quanto sono larghe le tue spalle? Monbiot, Mann, McKibben, vari Transizionisti ed altri ancora su cosa fare quando la vostra Iniziativa di Transizione è sotto attacco.

Da “Transition Culture”. Traduzione di MR

Quando i gruppi di Transizione vanno in profondità col proprio lavoro e cominciano ad avere un impatto tangibile, forse è inevitabile che coloro che non sono d’accordo esprimano le loro opinioni con vigore. Durante gli ultimi mesi è stata anche la mia esperienza personale di trovarmi in questa posizione a Totnes e devo dire che non è stato particolarmente piacevole. Alla fine le cose sembrano essersi calmate e quindi quello che mi piacerebbe fare in questo post, con l’aiuto di qualche nome che potreste conoscere e che ha avuto molta più esperienza di me su questo tipo di cose, è di provare a tirar fuori da tutto questo un qualche insegnamento.

Il vostro gruppo di Transizione potrebbe aver vissuto qualcosa di simile, o potrebbe viverlo in futuro, quindi spero che troviate questa conversazione utile. E’ una cosa della quale non ho visto parlare granché altrove. Lo scorso anno, ho partecipato alla Conferenza del Giorno dell’Indipendenza a Frome. Gruppi da tutto il Regno Unito si sono riuniti per condividere le proprie esperienze per cercare di fermare sviluppo indesiderato, nuovi supermercati, la clonazione delle proprie vie principali e così via. C’è stata un’utile condivisione di idee, ispirazione ed esperienze, ma quello che mi ha sorpreso è stato che praticamente tutti hanno vissuto una reazione da un gruppo locale che dichiara di rappresentare la “maggioranza silenziosa” della comunità. In alcuni casi è stata una cosa relativamente civile, in altri è stata un’esperienza orribile. Quindi qual è il miglior modo di far fronte ad attacchi del genere?


Naturalmente potrei solo dire, come hanno fatto alcune persone alle quali ho parlato quando stavo vivendo questo, che tutto ciò di cui hai bisogno in una situazione tale è di farsi le “spalle larghe” e continuare, che è in linea con le cose. Tuttavia un tale approccio, anche se possibile, ignora gli effetti che tali cose hanno realmente su di noi e, ignorare quegli impatti può portare a esaurimento e stress. La mia esperienza è stata certamente così, la mie spalle non erano così larghe quanto avrei potuto pensare e questo a volte, quando ci si trova dalla parte di chi riceve una cosa del genere, può essere un vissuto di solitudine e isolamento che può anche portarti a mettere in dubbio ciò che fai. Non è una buona situazione in cui trovarsi e non la augurerei a nessuno. Continua a leggere

Sedersi in cerchio

 

 

 

… quanto è importante, sedersi in cerchio!!

(nella foto, di Massimo Mucci, il TTraining 18 di Portogruaro)

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Dragon Dreamers: pronti per i vs sogni?

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A fine febbraio scade il nostro bando sul Dragon Dreaming e sappiamo che diversi gruppi stanno già attivamente lavorando per candidare il proprio sogno per questo piccolo dono a sostegno.

Avete ancora circa un mese per ballare con il vostro drago e provare a realizzare i vostri progetti in un modo diverso – davvero innovativo. Dai, chi ancora ci sta rimuginando e teme di non essere in grado o che non c’è abbastanza tempo per  farcela, ricordiamo alcune massime apprese da John Croft:

“Fake it till you’ll make it !” (Fingi, finché non riesci)

“Perfection is the enemy of good!” (La perfezione è nemica del buono)

Che fare quando finisce la luna di miele?

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Riflessioni all’interno del gruppo di supporto N° 3 che vertevano intorno al quesito:

“Abbiamo dei momenti in cui nelle nostre iniziative andiamo alla grande, c’e’ entusiasmo e voglia di fare. Ma ad un tratto finisce la fase di innamoramento e ci sentiamo scoraggiati e cadiamo in sconforto.

Come vivere al meglio anche i momenti che ci sembrano “no” e cogliere eventuali doni che questi ci offrono ?”

Pensiamo che condividere gli spunti che sono stati sintetizzati (grazie Massimiliano per questo riassunto ! ) da questa bella chiacchierata serale (Grazie a tutti coloro che hanno arricchito questa discussione!) potrebbero essere utile materiale per una riflessione per molti: Continua a leggere

La crescita è finita? Paul Krugman sul New York Times

Ndt: pur restando fedele al paradigma della crescita, Krugman evidenzia alcuni punti importanti; altre osservazioni a margine qui, sul blog di Carpi.

La crescita è finita?

Paul Krugman sul New York Times, 27-12-2012

La maggioranza degli editoriali economici che si leggono sui giornali è centrata sulla corta distanza: gli effetti del “fiscal cliff” sulla ripresa in USA, le difficoltà della zona euro, gli ultimi tentativi giapponesi di spezzare la deflazione. Questo focus è comprensibile, visto che una depressione globale può rovinare la festa a tutti. Ma le nostre traversie attuali passeranno. Cosa sappiamo invece riguardo alle aspettative di prosperità nel lungo termine?

La risposta è: meno di quanto crediamo.

Le proiezioni a lunga scadenza elaborate da organismi ufficiali, come il CBO (Ufficio di bilancio del Congresso), generalmente si basano su due pesanti presupposti. Uno è che la crescita economica nei prossimi decenni sarà comparabile con quella degli ultimi. In particolare, si presume che la produttività – il motore fondamentale della crescita – cresca a un ritmo non molto diverso da quello medio calcolato dagli anni settanta ad oggi. D’altro canto, invece, queste previsioni danno per scontato che le disuguaglianze di reddito, che negli ultimi tre decenni si sono impennate, da qui in avanti aumenteranno solo di poco.

Non è difficile comprendere perché le agenzie accettino queste premesse. Considerato quanto poco sappiamo sulla crescita a lungo termine, assumere banalmente che il futuro somiglierà al passato è una inclinazione naturale. D’altra parte, se le disuguaglianze economiche continuano ad amplificarsi, ci aspetta un futuro distopico, di lotte di classe; non il tipo di futuro che le organizzazioni governative abbiano voglia di considerare.

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Transition Town Anywhere

Salve a tutte/i,
in pieno festeggiamento e celebrazione per il premio vinto (fa ancora più piacere sapere che questo sia avvenuto anche grazie al lavoro degli Streccapogn!), credo non sia fuori tema proporvi questo articolo da Transition Culture, dove ci viene raccontata la nascita e lo svolgimento di ‘Transition Town Anywhere’, l’attività svoltasi alla Conference di quest’anno e di cui ci aveva già parlato Ellen qualche tempo fa. Ruth Ben-Tovim ci racconta questo percorso e si offre di facilitarne lo svolgimento (e il relativo e simultaneo training) per poterla replicare ovunque. Città di Transizione Ovunque, appunto.

Buona lettura.

Evoluzione e pratica di ‘Transition Town Anywhere’

Da “Transition Culture”.

Per molta gente, il momento culminante della Transition Network Conference del 2012 è stata l’attività di ‘Transition Town Anywhere’ (Città di Transizione Ovunque), dove è stata costruita, vissuta celebrata e di nuovo smontata un’economia locale resiliente nello spazio di una mattinata. Ruth Ben-Tovim, una delle organizzatrici dell’evento, ci racconta come è avvenuto l’evento, come ha funzionato e come potreste proporne una versione nella vostra comunità. Ha cominciato chiedendosi “quante persone servono per costruire una città?”

Circa 240 nel caso della Conference del 2012. Oltre cinque ore, la Sala Grande del Battersea Arts Centre era piena di un ‘Transition Town Anywhere Centre’ autocostruito, vivente e pulsante. Molti di voi che erano lì e molti che non c’erano hanno chiesto più dettagli su questa attività. Quindi, come promesso, eccoli qui. Anche in risposta a diverse richieste, alla fine di questo post ci sono dettagli su come potreste portare l’attività di gruppo ‘Transition Town Anywhere Centre’ nella vostra città, se lo vorrete. Continua a leggere

12 dicembre: Earth Hug

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Un invito a partecipare tutti il 12 dicembre alle ore 12 a un bellissimo rito che consiste in un abbraccio collettivo alla nostra amata Terra, nostra madre, colei che ci sostiene e ci dona il suo amore in modo incondizionato. E’ facile, divertente e non costa nulla: lo puoi fare proprio li dove ti troverai in quel momento  – buttandoti per terra, abbracciando un albero o la persona che ti sta vicino.

Info: www.facebook.com/EarthHug –  www.earthhug2012.tumblr.com

Per favore diffondete ! Ecco qui il volantino in pdf