Occupy Winter

Cecilia ha tradotto per noi un articolo in cui l’autrice, Lindsay Curren, descrive dieci modi per portare la protesta nelle proprie case ossia per continuare a occupare Wall Street  anche in inverno. Sono consigli e azioni che già nel mondo delle città di Transizione circolano, cose che potremmo riscoprire per vivere più pienamente.

Una premessa: forse per pigrizia forse per indole non sono mai stata una “movimentista”, ho fatto ben poche manifestazioni in vita mia. Ho sempre la sensazione che in fondo le manifestazioni lascino il tempo che trovano, pur ponendo molte questioni interessanti. So bene che nei decenni scorsi grazie alle manifestazioni e alla dimostrazioni si sono raggiunti molti miglioramenti in campo sociale ma non sono mai andata oltre a qualche sciopero e a qualche raccolta di firme. Forse è una mia personale mancanza di fede.

Quest’anno però ho visto nascere negli Stati Uniti il movimento Occupy Wall Street, in cui sono confluite tante richieste diverse: maggiore distribuzione della ricchezza, il potere è di tutti e non solo del 1% della popolazione che anima il mondo dell’alta finanza, la sovranità alimentare…è un movimento senza leader che ha dato vita a insediamenti ispirati anche alle tecniche di permacultura, decrescita energetica, transizione. Il mio scetticismo verso l’accamparsi davanti a un palazzo continua ma ho trovato in rete un articolo in cui l’autrice, Lindsay Curren, descrive dieci modi per portare la protesta nelle proprie case ossia per continuare a occupare Wall Street  anche in inverno. Sono consigli e azioni che già nel mondo delle città di Transizione circolano, cose che potremmo riscoprire per vivere più pienamente.

Riporto di seguito una mia traduzione, segnalando che probabilmente alcuni riferimenti sono strettamente legati alla società americana.

Da Transition Voice, Dieci modi per continuare la protesta di Occupy Wall Street a casa, in inverno, di Lindsay Curren

10. Rinnovatevi

Essere attivisti oggi è faticoso, sia che lo si faccia in prima persona partecipando alle manifestazioni, sia come scrittori o artisti o in generale come organizzatori e sostenitori delle cause. Prendetevi del tempo per allontanarvi da tutto ciò, sempre con la volontà di ritornare prima o poi a un ruolo attivo, ma dopo aver ben curato altri aspetti di voi stessi. Nel movimento delle città di Transizione questo è chiamato “lavoro del cuore e dell’anima” ed è spesso facilitato da persone che volontariamente offrono un aiuto che potremmo definire ecopsicologico sotto forma di massaggi, conversazioni sulle opportunità, pasti, presenza nel gestire il processo di cambiamento e altre attività di sostegno che aiutano a rinnovare e a ravvivare gli attivisti. Se trovate qualcuno che vi offre questo aiuto, ricevetelo con gratitudine, abbandonandovi alla sua benevole disponibilità. Se semplicemente sentite il bisogno di arricchire voi stessi fermandovi per un periodo e per intero mettendo il silenziatore al vostro senso del dovere, fatelo. Il dedicarsi a una causa è lodevole; avere l’energia sufficiente per seguirla vuol dire sapersi regolare, sapersi governare. Rinnovatevi e poi tornate al lavoro. Lavorerete meglio.

9. Fate volontariato per qualcuno

Il Movimento di Occupy è rinomato per aver accolto tra le sue fila le persone con problemi mentali, i senza tetto e altri categorie cosiddette marginali. Questo aspetto è stato considerato da molti come profondamente altruista, quasi con valenze di amore cristiano. Contribuite a mantenere questa atmosfera facendo volontariato presso i centri di accoglienza, le mense, e gli altri luoghi a cui si rivolgono le persone in condizioni di bisogno. Gli scrittori, i blogger, gli artisti possono usare questo tempo per un po’ di lavoro in prima linea o per cercare di produrre qualcosa che si riferisca agli aspetti più profondi delle relazioni umane, poiché gli attivisti di Occupy cercano in sostanza di modificare il paradigma, non solo questo o quell’aspetto della società.

8. Leggete un libro

Non fate movimenti bruschi! Mollate il mouse, alzate le mani in aria, fate un passo indietro dal computer. Prendetevi l’impegno di leggere saggi, libri o articoli scritti dai migliori pensatori di oggi e delle epoche passate, le cui opere possono favorire la meditazione su cosa significhi essere persone umane e vivere in una società umana. Tra i contemporanei ci possono essere: Naomi Wolf, Wendell Berry, Ralph Nader, il giornale Yes! e altri ancora. Notevoli riflessioni le troverete pescando da Platone a Jefferson a Goethe a Jung fino a Joel Salatin. Leggete! E fidatevi del fatto che se un autore vi attrae, allora va bene per voi.

7. Parlate con chi è più vecchio di voi

Quelli che sono venuti prima di voi hanno delle abilità, capacità di riflessione, saggezza ed esperienze che sono il sangue nelle vene di una società. Purtroppo troppe persone tra queste sono messe a margine, rinchiuse in casa o in ospizio e considerate irrilevanti dal punto di vista culturale. Voi cercate di superare questa distanza. Parlate coi vostri nonni, i vostri zii e zie. Con vostra madre e vostro padre. Coi vostri anziani vicini di casa. Chiedete loro di cosa si occupavano, come facevano le cose, com’era la vita quando era meno dominata dalla necessità di consumare, meno frenetica, meno bisognosa di continuo svago ed evasione. Loro hanno visto  nella loro vita un livello di cambiamenti molto maggiore di quello della maggior parte di noi. E’ dura anche per loro. Cercate di scoprire cosa vorrebbero indietro dal passato, di cosa sentono la mancanza e che conoscenze hanno. Ascoltate le loro opinioni sulla società, sul governo, sulla cultura. Ascoltate. Non parlate, non argomentate alle loro opinioni, ascoltate semplicemente. E, se siete voi le persone venute prima, parlate voi, condividete o anche cercate delle persone più giovani e ascoltate quello che vogliono dire. Superate quella distanza.

6. Tenete un diario del consumatore

Il movimento Occupy ha fatto tanto finora ma non si è aperto completamente al tema della sostenibilità così come potrebbe essere nella sua potenzialità. Troppo spesso ho visto immagini degli attivisti con in mano bibite in bottiglie di plastica usa e getta, esattamente il prodotto che mantiene intatto questo insensato paradigma di consumo. Perché avvenga davvero un cambiamento, chi si vuole impegnare in Occupy nelle manifestazioni di piazza o a casa propria dovrà adottare un approccio molto più consapevole ai propri consumi. Scrivete quindi quello che osservate riguardo le vostre abitudini: quanti bicchieri, bottiglie e altri oggetti usa e getta, quanti giri in macchina ingiustificati, quanti oggetti comprate solo perché sono lì sul banco, sono carini, perché no?. Questo vi aiuterà a valutare più obiettivamente le vostre abitudini, primo passo per modificarle.

5. Approfondite la conoscenza degli amministratori locali

Il governo federale si dimostra sempre più impotente e incapace di governare adeguatamente. Addirittura inutile. Altamente inadatto a occuparsi dei problemi delle persone.  Il Congresso ha abbandonato i propri compiti verso i cittadini. Questo è allarmante e tragico sotto molti punti di vista e ci impone di fare molta attenzione ai candidati, alle loro campagne elettorali e a chi li finanzia per le elezioni del 2012; dovremmo però impegnarci anche a sapere quello che avviene nella nostra zona, dove abbiamo maggiori possibilità di influenzare le elezioni, le scelte politiche e le azioni pratiche. Fate pressione affinché vengano affrontati argomenti di sostenibilità negli organi di governo locale, chiedete orti comunitari nei luoghi pubblici, chiedete piani per il risparmio energetico e per migliorare la fruibilità dei quartieri da parte dei pedoni. Fate campagne per gli orti a scuola, per raggiungere la scuola a piedi, per l’economia locale e per la creazione di posti di lavoro locali. Impegnatevi in qualcuno di questi settori e cercate di fare la differenza, lì dove ne avete la possibilità. E’ davvero il momento di diventare più “locali”.

4. Abbandonate cinque fondamentali cose

Le proteste, le dimostrazioni, il ruolo degli attivisti sono tutte cose importanti. Ma per colpire davvero chi governa l’America tramite il denaro, è il denaro che conta. Smettere di usare le seguenti cinque cose vi aiuterà a preservare l’ambiente, le forniture di energia, i bilanci familiari e la distribuzione del potere nel paese, tramite l’esercizio della solidarietà economica. Non a caso all’organizzazione Adbuster è stato negato di fare pubblicità alle proprie iniziative di non acquisto durante il weekend del Ringraziamento. Le stazioni TV hanno affermato che ridurre gli acquisti è contro l’economia del paese. Le grandi aziende di comunicazione possono riuscire a impedirvi di vedere i notevoli falsi annunci pubblicitari di Adbuster, ma non posso fermarvi se volete fare qualcosa comunque.

Dunque per mandare un chiaro segnale alle grandi aziende, provate a rinunciare a:

  1. tutti i cibi industriali, porzionati e confezionati. Cercate le grandi quantità, producete da soli, fatevi da soli le vostre porzioni, prediligete il cibo locale, Cucinate di più, consumate meno.
  2. Tutte le bevande nelle proprie confezioni usa e getta. Procuratevi una bottiglia da riutilizzare e un set di stoviglie. Non producete rifiuti.
  3. Tutta la carta e plastica da gettare immediatamente dopo l’uso, a eccezione della carta igienica. No ai tovaglioli di carta, ai fazzoletti di carta, ai pannolini usa e getta, alle posate e piatti di plastica. Usate il tessuto ovunque possibile.
  4. Tutti i giri in macchina non indispensabili. Programmate di sbrigare tutte le commissioni in un unico giro. Usate i mezzi pubblici di trasporto, la bicicletta, la condivisione dell’auto o andate a piedi.
  5. Alle scarpe nuove, ai vestiti nuovi, ai giocattoli, agli oggetti, ai libri, ai dispositivi elettronici e agli altri beni di consumo. Prendete in prestito, scaricate dalla rete, fate acquisti ai negozi dell’usato, barattate. Respingete la mentalità del “devo averlo assolutamente”.

3. Occupate Wall Street dalla vostra cucina

Se vi chiedete come si fa a nutrirsi senza comperare cibi industriali, tenete presente che per tutto il corso della storia dell’umanità fino al secolo scorso lo abbiamo fatto. L’era dei combustibili fossili è un’anomalia, non la normalità. Iniziate col cucinarvi la vostra Minestra Rivoluzionaria ogni sera (o una volta alla settimana, utilizzando tutti gli avanzi). Poi utilizzate la farina d’avena, a colazione e un’insalata, una zuppa o un sandwich a pranzo. Ce la potete fare. Acquistare e mangiare solo cibo fresco vi aiuterà davvero a combattere.

2. Organizzate dei circoli di conversazione

Invitate delle persone a casa vostra o in qualche spazio pubblico per promuovere la perduta arte del dialogo. Usate strumenti come ad esempio il dare la parola solo a chi in quel momento regge in mano un particolare oggetto o solo per la durata stabilita da un timer. Estraete gli argomenti a sorte e mettete in chiaro che tutte le opinioni sono valide e ben accette. Recitate dei ruoli e scambiateveli, fate giochi o ponetevi altre sfide. Imparate sia a condividere che ad ascoltare in modo attivo. Discutete di argomenti seri e impegnativi e di argomenti divertenti e più leggeri. Mescolate. Parlate.

1. Progettate

Sia che stiate organizzando nuove azioni per la primavera o che stiate semplicemente cercando nuovi modi per cambiare la vostra vita in modo da mettere davvero in pratica quello per cui manifestate, usate questi mesi per pensare a cosa viene dopo e stabilite un adeguato lasso di tempo per realizzarlo. Stabilite qualche obiettivo degno d’essere perseguito. Informatevi su cosa stanno facendo gli altri  ed evitate di reinventare la ruota ogni volta, prendendo invece a prestito le migliori idee adattandole alla vostra realtà. Immagazzinate energia personale e poi datevi da fare.

20 commenti
  1. stefania pavese
    stefania pavese dice:

    grazie di cuore per la generosità con cui utilizzate il vostro tempo per tenerci SVEGLI!!!!

  2. Cristiano Bottone
    Cristiano Bottone dice:

    Cecilia grazie per la traduzione, ma dal mio punto di vista questi consigli sono pieni di trappole del sistema (della molla).

    Lindsay li ha certamente scritti con le migliori intenzioni, ma ognuno di noi è profondamente intriso delle meccaniche che abbiamo imparato fin dalla più tenera infanzia. Quindi anche chi si avvicina al percorso della Transizione.

    Io ancora adesso, spesso, devo scrivere le cose due volte, la prima di getto, e la seconda cerco di scovare quale trappola è uscita da sola dalla mia testa senza che io me ne accorgessi (e poi a volte le trappole restano comunque).

    Anzi, lancerei il gioco: scova le trappole… 🙂
    Potrebbe essere divertente o, almeno, è un esercizio che mi aiuta molto e faccio continuamente.

    Dopo tutto, lo stesso movimento Occupy è alla fine una trappola, come diceva recentemente Ian Johnson a Firenze: “Sanno come protestare, ma non hanno capito cosa chiedere…”

    Cambiare il paradigma è difficile proprio per queste ragioni, il sistema ci ricattura in mille modi.

    Comunque, se volete giocare, lancio il primo indizio sul punto 10: chi si concede tempo per prendersi cura di sè davvero “si allontana”? Come si riconosce un attivista? Che trappola si nasconde nel dividere le persone in attivi e passivi?

  3. Ceci
    Ceci dice:

    C’è un equivoco di fondo: io stavo solo traducendo per diletto un articolo con lo scopo principale di fare pratica di inglese…figurati se mi voglio andare a impelagare con certe questioni 🙂
    comunque riguardo a Occupy i miei dubbi li dichiaro subito all’inizio, però è innegabile che questi ragazzi abbiano suscitato interesse e che si siano diffusi viralmente. Avrai visto, Cristiano, che ogni tanto anche Rob Hopkins li segue o li commenta (parlo di twitter, @robintransition). Certo, poi non voglio morire di rabbia o di indignazione, quindi portare la protesta a casa propria con azioni pratiche mi sembra una possibile via da seguire…sulle trappole di cui non ci accorgiamo invece, ecco…non me ne accorgo, ho ancora del percorso da fare. Il punto 10 mi sembra forse un po’ segno delle mentalità americana molto pragmatica e votata all’azione, dove se vuoi qualcosa devi uscire e andartela a prendere, anche se si tratta di una buona causa. Le chiacchiere e le lamentele stanno a zero là (almeno come tratto culturale). Forse per loro è davvero un’idea un po’ strana quella di fare qualche forma di lavoro interiore…mi sembra una banale generalizzazione quella che ho appena scritto ma non mi viene in mente altro

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Ceci figurati, invece è una cosa utile da analizzare, e il fatto che ora sia in italiano aiuta tutti, quindi credo che la cosa abbia un gran valore… 🙂

  4. bernardo
    bernardo dice:

    Cristiano faccio fatica anch’io a vedere le “trappole” …rileggerò l’articolo ma il punto 10 mi sembra un invito un invito più che a dividere attivisti/passivi a scoprire, anche, come essere attivi e critici nel proprio quotidiano, dentro le mura di casa, ricucendo, come dice Cecilia, il “fuori” ed il “dentro” di noi …e credo che non ne abbiano bisogno solo gli americani!
    Visto che siamo almeno in due a non vedere le “trappole” …ora ti tocca darci qualche indizio in più!
    Grazie a tutti e due!

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Il punto 10 non ha lo scopo di dividere attivi e passivi, cercando di interpretare le intenzioni dell’autrice, ci invita semplicemente a prenderci cura di noi stessi, magari cercando l’aiuto di altri disponibili ad aiutarci, quando ne sentiamo il bisogno. Soprattutto dobbiamo imparare ad ascoltare il nostro bisogno di riposo e non farci condizionare da sensi di colpa, del dovere, della missione, ecc.

      Dove sta la trappola? Negli interstizi.

      “Rinnovatevi e poi tornate al lavoro. Dopo lavorerete meglio”. Quindi mentre ti rinnovi, non sei al lavoro “Prendetevi del tempo per allontanarvi da tutto ciò, sempre con la volontà di ritornare prima o poi a un ruolo attivo” perché sennò che succede?

      L’autrice ci dice: ripostati, ma poi torna eh..

      Questo induce alla fine a pensare ai due stati, a quello che si riposa e agli altri che sono rimasti a “lavorare”. Sono messaggi sottili e pesantissimi (e non credo sia un problema solo negli USA).

      Secondo me quello che crea davvero lo spazio in cui le persone possono cambiare è un messaggio leggermente diverso: trova il tuo spazio, la tua dimensione, riposarsi e prendersi cura della propria felicità attraverso le relazioni È LAVORARE.

      Non ho bisogno di te sulle barricate, ho bisogno che tu stia bene, perché solo così starò bene anche io.

      Poi ovviamente lei sta in qualche modo rivolgendosi a quelli di Occupy, il che la porta a dare un certo taglio alle cose. Il problema è che poi Ceci pensa davvero a “portare a casa la protesta”, e sul fatto che protestare sia quasi sempre inutile,dopo 3 anni di LAVORO transizionista, comincio ad avere delle quasi certezze.

      Chissà se mi son spiegato…

  5. Ceci
    Ceci dice:

    mi pare di sì, mi pare di sì…le barricate stesse sono un’idea che ci viene dal sistema, secondo quel che dici tu..anche la rabbia e il disappunto ci vengono dal sistema?
    ah e poi, c’è una “trappola” in ogni punto???? 🙂

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Sì, ce ne sono tante, magari non proprio in ogni punto… le barricate sono il sistema, ovvero quando c’è rabbia e disappunto, ingiustizia il sistema ci abitua che la risposta è combattere (per cambiare le cose), un modo abbastanza sicuro per fare sì che quelli che fanno le barricate armati di fucili ad elastico si facciano male.

      Se invece, per caso, sono così tosti da vincere, poi rifanno il sistema che c’era prima uguale, uguale… 😉 tutte cose che possiamo vedere fatte, rifatte e rifatte ancora negli ultimi 10.000 anni di storia. Tempo di provare qualcosa di nuovo, che dici?

  6. AnnaP
    AnnaP dice:

    A me uno dei punti che mi ha intrigato di più (anche nella ricerca delle “trappole”) è il 9, quello del fare volontariato.
    Ci sono varie sfaccettature e modalità, e non so se ho capito bene a cosa si riferisce la Curren. Comunque: una trappola del volontariato può essere quella di sentirsi a posto, dando tempo ed energie in quei settori che il paradigma ha creato per continuare a perpetuarsi anche di fronte a chi è più sensibile dei suoi “effetti collaterali”. Perché diciamocelo: un conto è andare a dare i pasti ad una mensa dei poveri due volte a settimana, un conto è prendersi in casa un senza tetto e dividere ogni nostro pasto con lui/lei.
    Sì, mentre si lavora per cambiare il mondo, intanto, si riduce il danno. Che è meglio (molto meglio!) di niente, ma l’importante è non confondere il palliativo con la cura.
    Poi, altro aspetto: chi fa volontariato tende a vedere “il suo pezzo” come la chiave di quasi tutto (io mi sono resa conto di essere stata così fino a poco tempo fa, e sto cercando di ampliare i miei orizzonti). Il mondo, purtroppo, non ha UN SOLO grande problema, e non credo ci sia IL bandolo che, trovato, possa sbrogliare la matassa. Ci sono tanti fili e tanti nodi, provare a guardare il proprio filo in un’ottica il più ampia possibile credo possa aiutare anche ad agire.

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Il volontariato è una grossa fregatura del sistema, non so se mi hai mai sentito parlare di “salviamo il pinguino nano”… però è uno dei tanti temi delicati che ti fa vedere male da tutti, come sparare sulla croce rossa.

  7. AnnaP
    AnnaP dice:

    Apriamo uno spazio neutro (Croce Rossa, Svizzera…), in cui nessuno sia visto male, magari non qui ma con un post apposito, e parliamone! Quasi tutte le persone con cui parlo di Transizione “fanno volontariato”. Sicuramente molti di quelli che ci leggono ora.
    In che senso è una fregatura?
    Ci sono modi in cui ha senso?
    (mi piace questo lancio di sassi nello stagno…)

  8. mavigianni
    mavigianni dice:

    quando penso al volontariato mi vengono in mente quei signori (a Bologna sono volontari dell’auser) che fanno i custodi dei musei , sottopagati (1 euro all’ora di rimborso) e senza nessuna garanzia tolgono posti di lavoro reali. Di esempi così ce ne sono tanti.

    Riconoscere apertamente il Valore delle azioni di volontariato, darebbe una sostenibilità effettiva all’energia prodotta; allontanarsi da certa carità pelosa potrebbe aprire spazi di manovra per azionare la leva del cambio.

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Quello che frega è proprio dividere la vita, il lavoro, il volontariato… Che cavolo di divisione è? E soprattutto a cosa porta?

  9. davide
    davide dice:

    credo che di volontariato ce ne possono essere svariate tipologie legate a contesti diversi. Nell’ambito in cui ci troviamo (transizione, economia solidale, decrescita) credo che il volontariato possa avere un forte e importante significato se fatto in funzione di attivare processi di cambiamento che in tempi ragionevoli (la ragionevolezza dipende dall’entità del progetto) possano autosostenersi e possibilmente creare sinergie utili allo sviluppo e al mantenimento di processi affini

    spero di non avere inserito ulteriori trappole… : )

  10. Ceci
    Ceci dice:

    Cristiano, stai osservando i cerchi gettati dai tuoi sassolini che si allargano sempre più nel grande mare della Transizione in Italia? 🙂 cosa mi dici dei punti 8, 7 e 2? Per quanto mi riguarda sono i più belli (perchè amo leggere) e difficili (perchè parlare con gli altri, specie quelli diversi da noi per un qualsiai motivo è difficile)..

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  1. […] credo di non essere ancora completamente pronta alla Transizione, ma in questo modo mi ci sto “affacciando”, mi sto preparando, tenendo presente questi 10 punti fondamentali, come buoni propositi per il nuovo anno: http://transitionitalia.wordpress.com/2011/12/28/occupy-winter/ […]

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  3. […] delle città di Transizione circolano, cose che potremmo riscoprire per vivere più pienamente. E’ stato tradotto in italiano e si può leggere su Transition Italia ….. Share this:FacebookStampaEmailLike this:LikeBe the first to like this […]

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