Che transizione per il quartiere?

Nel processo di Transizione capita di farsi domande del tipo: “ma che tipo di temi o iniziative interessano davvero gli abitanti della mia zona?” – e capita purtroppo anche (diciamocelo) di proporre stimoli che non vengono recepiti, eventi poco partecipati, e conseguente vortice di frustrazioni e arrabbiature*…. Una delle strategie che possiamo applicare per evitare questo rischio, e di farci piacevolmente stupire dall’immaginazione e dalle idee dei nostri (attuali e potenziali) compagni di percorso, piuttosto di tentare di imporre una visione individuale o ristretta, che sara’ sempre, per quanto visionaria, insufficente, e’ rivolgersi con apertura e curiosita’ al proprio territorio, mettendosi in ascolto, facendo delle domande (se ne parla bene anche in questo documento qui).

*dal film “In Transition 1.0”: La Transizione non puo’ andare al ritmo del transizionaro piu’ veloce…

Un bell’esempio nostrano viene dal lavoro in corso nel quartiere di San Lazzaro, a Fano, dove il “Gruppo Cittadini Attivi” ha distribuito questionari, raccolto bisogni, organizzato una festa e ora organizza pure il doposcuola di quartiere… Ecco un pezzo della loro storia:

 

“Ieri [1 luglio 2012] si è tenuta nei giardinetti di Via Giansanti a Fano, la prima festa del
quartiere San Lazzaro organizzata dal Gruppo dei Cittadini Attivi.

Malgrado il caldo più che estivo e la partita di calcio incalzante, il successo della festa è andato  oltre alle più ragionevoli aspettative (un centinaio i presenti), dimostrando quindi una grande esigenza d’incontro e partecipazione.

 

Oltre ai momenti di gioco e musicali – con canzoni popolari cantate dai partecipanti e melodie  algerine – ed una gustosa merenda condivisa, durante la festa sono stati presentati i risultati dei principali bisogni emersi dai grafici questionario quartiere precedentemente distribuiti ad un migliaio di famiglie.

L’avvio di un orto di quartiere, la cura degli spazi verdi comuni, l’organizzazione di un doposcuola estivo, la richiesta di luoghi stabili di incontro ed aggregazione, la realizzazione di una banca del tempo per mettere a reciproca disposizione le proprie competenze e il proprio tempo, il riutilizzo di vecchie bacheche di quartiere per favorire la comunicazione, la necessità di farsi carico di piccole commissioni sono state le principali richieste condivise.
Inoltre, attraverso un laboratorio, i bambini e le bambine presenti hanno espresso la loro idea di quartiere. A loro piacerebbe che ci fossero: “un posto dove conoscersi” e “uno dove raccontare favole”, “uno spazio per bancarelle in cui scambiarsi giocattoli”, “un orto condiviso”, “una piscina dove non si paga”, “più luoghi attrezzati per giocare” e…”un mondo di tutti i colori”! Essenziali e pieni  di buon senso, come loro sanno essere!

Cose semplici, che confermano la necessità non più rinviabile di ripartire dalle persone, dal sapersi ascoltare, dall’empatia, dalla voglia di relazionarsi per superare le insicurezze della solitudine, dall’impegno nel sostenersi reciprocamente. Per tornare ad essere una comunità vera, in un tempo in cui latransizione fra modelli di società richiede risposte innovative e non banali.”

Se siete delle parti di Fano e volete contribuire, scrivete a Fedora: <no-matrix@libero.it>

 

2 commenti
  1. Giorgio
    Giorgio dice:

    Grazie Deborah, ottimo spunto per guardare ai propri “risultati” e tentare un miglioramento.
    Propongo questo piccolo racconto che mi sembra confermi quanto scrivi e soprattuto proponi come metodo.
    ———
    Vicino al luogo dove lavoro ci sono ancora parecchi campi agricoli, alcuni sfruttati altri abbandonati.
    Negli ultimi mesi, nei ritagli di tempo, ho fatto alcune indagini sui proprietari per capire se c’era qualche possibilità di mettere in piedi un progetto di orto comunitario cui partecipare (anche alcuni colleghi erano/sono interessati).
    I terreni sono incastrati tra l’autostrada e la ferrovia e piccoli nuclei di 5-6 casettte di varie dimensioni sorgono un po’ qua e po’ là.
    L’ultimo visitato, in ordine di tempo, è un campo abbandonato da anni che quest’anno improvvisamente è stato coltivato a grano.
    Parlando con il contadino, persona squisita, veramente d’altri tempi, ho saputo che i proprietari, un fratello e sorella che hanno ereditato i terreni dai genitori, quest’anno lo hanno dato da coltivare a lui solo per ripulirlo senza spendere. Dovevo quindi parlare con loro, e mi ha pre-avvertito che secondo lui non sarebbero stati interessati perché da anni non ne fanno nulla attendendo la lottizzazione per poterli vendere.

    Essendo io un po’ “timido” come diciamo a Bologna, sono andato comunque a parlarci.

    La signora, molto gentile, mi ha fatto capire che della gestione della proprietà comune è il fratello ad occuparsene così lo ha chiamato dalla casa vicina ed è sparita lasciando lì con me il fratello e suo marito (robe da uomini!).
    Mi presento, spiego che lavoro a due passi da lì, che ci piacerebbe realizzare un orto per passare utilmente il tempo della pausa e magari anche per conoscere le persone che abitano lì e che mai abbiamo incontrato nei quasi 7 anni che lavoriamo in zona.
    Spiego rapidamente che la gestione dell’orto sinergico è tutto sommato molto ridotta rispetto alle fatiche abituali e che magari loro stessi e i loro vicini avrebbero potuto imparare qualcosa e nel tempo ampliare l’area coltivata, etc…
    Diciamo 3-4 minuti di spiegazioni che il signore ha ascoltato attentamente ma in modo molto nervoso, continuando a strisciarsi le mani una sull’altra come se … avesse del prurito.
    Finita la mia spiegazione, ecco il suo intervento:
    “sà, io in ‘ste cose un po’ sociali non ci credo per nulla e non voglio beghe, anni fa il campo era coltivato e quando abbiamo deciso di non farlo più coltivare sembrava quasi che i proprietari fossero gli agricoltori che lo coltivavano. No, no, guardi e poi a me gli altri stanno proprio sul c…o. Non ho proprio voglia di vedere sconosciuti in giro vicino a casa, che io sono lì a leggere nel mio giardino e vedo qualcuno che magari vuole pure parlarmi. No no guardi, grazie della proposta, adesso lei se vuole parlare con mio cognato, magari lui è di un altra idea, ma io mi scusi, sono anche ciclista e in televisione c’è la corsa. La saluto.”

    • deborah
      deborah dice:

      Che dirti Giorgio? Fossi in te mi darei una bella pacca sulla spalla per aver fatto il passo, superando un muro, accentando di incontrare “l’altro” – eeeh, non e’ mica facile! Chissa’ che i semi che hai seminato non germoglino, poi, in maniere inaspettate – a volte sono cose che vanno piano piano ad entrare nei pensieri, anche solo sapere che nel vicinato c’e’ uno che fa proposte in una maniera differente, con una visione della collettivita’ e del futuro, puo’ operare un cambiamento (biodiversita’ di pensiero, no?). Magari un’altra volta vi reincontrerete, o incontrerai persone simili in circostanze diverse (o persone diverse in circostanze simili) e troverete un altro modo di superare l’ostacolo. Potresti pensare ad esempio di fare passi un po’ piu’ piccoli, di avvicinare chi e’ proprietario di un terreno non con una proposta gia’ fatta e finita (orto sinergico, gestione comunitaria…) ma esprimendo un bisogno e provando ad arrivare insieme ad una soluzione (“vorrei fare l’orto ma non ho la terra…”) – sono tante, radicate, complesse, le emozioni che legano le famiglie ai loro terreni, non sempre e’ possibile saltarle a pie’ pari (e le storie brutte, di prestiti diventati usufrutti diventati cause, sono tantissime nel nostro Paese!), ma magari potreste trovare soluzioni ibride, affitti light, raccolti condivisi… con accordi messi bene in chiaro e nero su bianco (non facciamo i “fricchettoni” su queste cose, ok?)… e se la storia nel tempo trova sviluppi, raccontaceli!

I commenti sono chiusi.