L’università come agente di Transizione?

Dario_Braga

Cerchiamo di capire meglio come succede che la Transizione, che di solito emerge dal basso e naviga attraverso rapporti interpersonali, finisce per innescare meccanismi di coinvolgimento dei livelli istituzionali. Ad esempio sono andato a fare due chiacchiere con Dario Braga, il Prorettore alla ricerca, un chimico (hanno di solito dimestichezza con la TESTA e i dati).

La sua volontà di fare venire Rob e di esplorare le dinamiche di Transizione potrebbe essere un segnale che certe rigidità delle nostre “istituzioni” non sono poi così inamovibili, ci vorrà tempo per vedere a cosa portano davvero queste aperture, ma intanto possiamo immaginare il potenziale di prospettive e sviluppi che potrebbero crearsi. Così ho chiesto a Braga di spiegarci come interpreta il suo ruolo di “stimolatore” della ricerca in UniBo:

Il prorettore alla ricerca di una grande ateneo come UniBo deve avere una visione globale della diversità del sapere. E per questo deve preoccuparsi non solo che i saperi, le scienze, le tecnologie siano finanziate e possano continuare a produrre risultati di ricerca per il bene comune ma deve anche preoccuparsi che lo sforzo collettivo possa essere convergente sui problemi aperti e sulle sfide presenti o emergenti. Le “grand challenges” oggi riguardano l’uomo sulla Terra, la salute, la nutrizione, la capacità del pianeta di soddisfare la domanda crescente di risorse. Queste sfide possono essere affrontate solo mettendo insieme competenze e osservando i medesimi problemi da punti di vista differenti. Parto dalla ferma convinzione che i bisogni della gente non possano che crescere e per rispondere a bisogni crescenti (di salute, di cibo, di mobilità, di sicurezza ecc.) per essere un passo avanti ai bisogni non sia sufficiente risparmiare – necessario ma non sufficiente – ma serva correre più in fretta e l’unico modo per correre più in fretta dei bisogni sia fare ricerca.

Da un lato, l’idea della ricerca che “corre” un po’ mi preoccupa, dall’altro il fatto che per questa “corsa” si cerchi ispirazione nella Transizione potrebbe portare a un senso diverso del concetto di “corsa”. Sul fatto che ci si debba muovere in fretta non ci sono dubbi ormai, l’importante è che la fretta non diventi ricerca ostinata del “di più”, del “tanto”, ulteriore sfruttamento delle risorse, ecc. Come si è arrivati quindi all’idea di Alma Low Carbon e perché invitare proprio uno come Hopkins?

UniBo è grande, ha tantissime competenze, tanti ricercatori di primo ordine e esperienze molto diverse sui temi della transizione a una società più sostenibile. Occorre fare incontrare questi ricercatori, fare sì che si conoscano, farli lavorare insieme. Questo è Alma LowCarbon. Hopkins è un testimonial internazionale e un esperto. Credo che possa ispirare il lavoro dei nostri ricercatori e motivarli ancor di più. Hopkins poi ci consentirà di coinvolgere la città in questo progetto universitario e anche questo è molto bello e utile.

In effetti l’idea di ispirare e attivare un più ampio coinvolgimento della città (e magari di altri centri universitari in altre città) sono le ragioni che ci hanno spinto a chiedere a Rob di fare questo viaggio. Forse in queste cose, esserci o non esserci può fare la differenza, così come è stato importante per noi avere l’esempio di Totnes, di Rob, Ben, Naresh, Sophy e tutti gli altri, magari questa occasione potrà davvero portare a ulteriori prospettive e sviluppi. E in tutto questo quale parte possiamo immaginare per l’Università di Bologna? Che ruolo può giocare nel processo di transizione?

Un ruolo molto attivo. Abbiamo competenze straordinarie e dobbiamo farle convergere perché è in gioco il futuro dei nostri figli. L’Università ha una grande responsabilità sociale (che a volte dimentica come, a volte, la dimentica chi governa il paese). Non può essere spettatore inerte, statico. Questo non è più accettabile. Qui, chi ha filo da tessere deve tessere. Chi ha gambe per correre deve correre per il bene di tutti. E UniBo di filo ne ha tanto e ha tante buone gambe e tantissimi cervelli.

Beh, detta così a me piace, la traduzione in realtà fattiva potrebbe non essere una cosa banale, ma come punto di partenza suona bene. Vediamo che succederà.

Nel prossimo post facciamo due chiacchiere con Alessandra Bonoli per capire che succede a Terracini in Transizione, una bella esperienza in corso che ha avuto il suo peso in questa vicenda… poi se avete domande per entrambi usate i commenti.