Il video di Rob a Bologna
Una versione grezza, senza montaggio, ma così anche chi non c’era…
Una versione grezza, senza montaggio, ma così anche chi non c’era…
Da “Transition Culture”. Traduzione di MR
Mentre gli architetti e gli sviluppatori pianificano nuove evoluzioni, pensano sicuramente a strade parcheggi e impronte ma pensano anche a piantagioni produttive, al ruolo degli orti sui tetti ed alla biodiversità? Quasi sicuramente no. Avendo visto alcune grandi iniziative di agricoltura urbana negli ultimi due anni, questo sembra un peccato per due ragioni. Primo perché l’agricoltura urbana sta rapidamente prendendo piede, quindi lasciandola fuori vengono lasciati indietro – e secondo perché stanno progettando per un futuro che ne avrà molto bisogno. L’agricoltura urbana è l’avanguardia. E’ ciò di cui abbiamo bisogno adesso.
Per inserire l’agricoltura urbana, e il suo potenziale, nelle nostre discussioni di questo mese su “Re-immaginare il Sistema Immobiliare”, cosa c’è di meglio che parlare con André Viljoen e Katrin Bohn, architetti, accademici ed autori del libro recentemente pubblicato Seconda Natura: progettare città produttive. Il loro primo libro, Paesaggi Produttivi Urbani Continui (PPUC), pubblicato nel 2004, mette il concetto dell’agricoltura urbana nell’agenda della professione dell’architetto. Le cose sono cambiate molto da allora. Li ho raggiunti su skype poche settimane fa. Come mi ha detto André, la reazione quando 10 anni fa hanno proposto agli editori un libro sull’agricoltura urbana è stata “agricoltura? Noi facciamo architettura”!
Il cambiamento da quando è uscito PPUC è stato notevole. Per esempio, la città di Berlino ora ha adottato una strategia urbana che vuole ospitare panorami produttivi e molte delle storie di come si sta diffondendo nel mondo sono catturate nel libro (alcune iniziative di Transizione e il loro lavoro sulla produzione urbana di cibo compaiono a loro volta). Il libro è presentato come una rassegna delle più recenti ricerche e progetti così come “una cassetta degli attrezzi tesa a rendere possibile l’agricoltura urbana”. Riesce molto bene in entrambe le cose.
Agricoltura urbana e nuova economia
Una delle prime cose che spicca nel nuovo libro è la misura in cui le iniziative di agricoltura urbana, in modo analogo ai gruppi di Transizione, stiano sempre più guardando alla fattibilità economica in quello che stanno facendo. Ho chiesto a Katrin di questa tendenza:
“Alcuni degli esempi del libro funzionano ci si guadagna da vivere. Solo se le imprese riescono a fare questo c’è un futuro per la coltivazione urbana di cibo. Ciò non significa che questi schemi commercialmente fattibili debbano essere commercialmente fattibili in un modo orientato al profitto. Possono essere imprese sociali. Ma ciò che è stato notato negli ultimi 10 anni, ciò che è realmente cruciale, è che se vogliamo mantenere il presupposto per cui l’agricoltura urbana possa cambiare l’apparenza fisica delle città, allora dobbiamo fornire concetti in cui l’agricoltura sia anche un fattore economico. Non posso dire orti comunitari”.
Per Katrin, la nascita di progetti fattibili commercialmente di agricoltura urbana nel mondo le danno, come lo esprime lei, “il diritto di dire sì, l’agricoltura urbana è stata una buona idea. Perché possiamo vedere che queste versioni fattibili stanno cominciando a funzionare”.
Uno degli orti urbani comunitari di Hackney
Uno dei migliori esempi di questo, che André ha indicato, è Growing Communities a Hackney, a Londra. Hanno costituito un’impresa in espansione che coinvolge formazione, orti urbani ed un modello in evoluzione per come Londra potrebbe alimentare sé stessa. Tuttavia, André ha riconosciuto che:
“Mentre possiamo vedere la nascita di progetti che stanno cominciando ad essere economicamente fattibili, c’è ancora molto duro lavoro e le persone che li gestiscono ci mettono molta energia. Molti di loro hanno altri redditi”.
Come esempio, ha citato quello che probabilmente è l’azienda agricola su tetto più famosa, la Brooklyn Grange Farm a New York. La loro fattibilità commerciale deriva non solo dalla produzione alimentare, ma dall’aver tenuto un approccio imprenditoriale più ampio. Come lui mu ha detto:
“Hanno operato commercialmente in relazione alla quantità di cibo, che va bene, ma hanno anche affittato lospazio all’aperto come luogo per celebrazioni, matrimoni, feste ed eventi. Questa è una parte importante del loro reddito. Sono agili, coltivano alimenti in modo molto intenso e convenzionale e penso che la domanda interessante si se i sistemi idroponici possano essere convertiti in sistemi acquaponici, che ci portano più vicini ai sistemi ad anello chiuso”.
Brooklyn Grange Farm, New York
Le sfide dell’aumento di scala
Un’altra chiave per fare agricoltura urbana economicamente fattibile, secondo André, è essere visti come una parte integrante dei sistemi di ciclo chiuso che usano gli scarti per il compost e il nutrimento. Come dice lui:
“Se si comprende questo, allora la possibilità di renderlo commercialmente fattibile pensando ad esso in relazione al flusso di scarti diventa più probabile”.
Ma come possiamo aumentarlo di scala? Mi intriga sapere come pensano come potremmo vedere più abilmente adottata l’agricoltura urbana e più ampiamente dai progettisti e dagli architetti come luogo comune della vita nel pianificare nuovi sviluppi. Katrin mi ha detto:
A Brighton, dove risiediamo entrambi, il Comune ha inserito un piccolo cambiamento sul sito web fra i requisiti che controlla, al momento dell’inserimento delle domande di costruzione, non solo se si fornisce un parcheggio o sufficienti superfici di finestre o balconi, ma anche se questo nuovo sviluppo fornisce spazio per la coltivazione del cibo”.
Per lei, potrebbe essere attraverso questa tipologia di leggi, in cui Brighton ed altri sono pionieri, che l’agricoltura potrebbe venire meglio accettata ed attecchire. “Il modo migliore potrebbe essere attraverso queste leggi di modo che la gente capisca che la loro amministrazione locale richiede qualcosa e che essa ne ha un vantaggio”, mi ha detto.
Il precedente di Brighton emerge da Coltivazione del cibo e sviluppo, una nota consultiva di pianificazione sviluppata dal Comune in associazione con Brighton e Hove Food Partnership. Pur non essendo condizioni per ottenere il permesso di progettazione, significano che se si intraprendono certe attività, la domanda sarà vista più favorevolmente. A Brighton, André mi ha detto: “questo ha avuto un impatto notevole sul numero di domande che includono spazi per coltivare cibo al loro interno”. Questo poi, naturalmente, porta a nuove sfide. Come dice André:
“La sfida che emerge è che se si introducono spazi per coltivare il cibo, sappiamo come progettarli, ma c’è il problema di chi li gestisce e li mantiene e questo in alcuni progetti è ancora una sfida”.
Mappare i benefici dell’agricoltura urbana
Uno dei modi chiave per espandere l’agricoltura urbana è quello di puntare sulla base delle prove accumulate dei suoi impatti benefici. Come mi ha detto André:
“Ci sono molti lavori che documentano i benefici per la salute mentale dell’accesso a spazi aperti, la coesione sociale si giova dalla coltivazione di cibo da parte della comunità. Il programma Pollice Verde a New York, che sostiene gli orti urbani, ha accumulato un bel po’ di prove a favore dei benefici sociali e di salute, sia fisici sia mentali, di quegli spazi”.
Ci sono anche altri benefici. André ha indicato il High Line a New York e anche se ha prevalentemente piante ornamentali piuttosto che commestibili, è comunque un enorme attrazione per la gente, cosa che ha aumentato i prezzi delle proprietà nella zona. Il Prinzessinnengarten a Berlino ha dimostrato che l’agricoltura urbana è un’estetica che piace ai turisti e un altro orto urbano, Marzahn, sempre a Berlino, sta dimostrando come l’agricoltura urbana stia aumentando l’attrattiva di un quartiere povero.
Arnie al Prinzessinnengarten, Berlino.
Un altro beneficio, uno che abbiamo già esaminato in un tema precedente, è che la misura in cui l’agricoltura urbana (e la Transizione, del resto) può essere vista come una strategia di salute pubblica. E’ un’idea a cui André ha pensato:
“C’è l’idea delle “città che favoriscono la salute” ed attività come l’agricoltura urbana sono del tutto adatte a quel filone di pensiero, probabilmente più delle ‘palestre verdi’. Ma ci sono alcune prove che sarebbero davvero interessanti da verificare. A Middlesbrough abbiamo fatto un progetto chiamato DOT, “Design of the Times 2007”, che introduce l’agricoltura urbana a Middlesbrough su una serie di scale diverse.
Una nostra studentessa che ha intervistato i residenti ha scoperto che a Middlesbrough la gente che ha cominciato a coltivare cibo, anche se in forma del tutto simbolica tipo coltivare un paio di pomodori e cose del genere, ha cominciato realmente a cambiare comportamento. Ha cominciato a comprare cibo di stagione ed a mangiare più frutta fresca e verdure. Lei ha confrontato la gente che vive a Cambridge a quella che vive a Middlesbrough ed ha scoperto che a Cambridge, dove la gente era già molto impegnata con massaggi salutari e dove era consapevole dei fattori ambientali, più che a Middlesbrough, la coltivazione del cibo non ha avuto un impatto così grande.
Ma in un posto come Middlesbrough ha comportato un enorme cambiamento di comportamento. Ciò non è mai stato, a quanto ne so, oggetto di una ricerca più rigorosa. Pensiamo che probabilmente sia una di quelle attività che la gente cerca sempre, attivita che favoriscono il cambiamento di comportamento direttamente collegate ai miglioramenti della salute”.
Per Katrin, è anche un metodo semplice per trasmettere educazione ambientale generale:
“Che siano luoghi dove si coltiva cibo di tipo commerciale o comuni, molti progetti si impegnano anche in attività educative, gruppi scolastici o sessioni specifiche dove si impara a riconoscere le diverse lattughe”.
L’agricoltura urbana e la professione di architetto
L’architettura è, come il mondo della moda, incline alle mode. Ciò che va un anno, il successivo è già passato e l’idea all’avanguardia di quest’anno in quattro anni potrebbe essere “come nel 2014”. Come si potrebbe evitare questo? Come assicurare che l’agricoltura urbana rimanga? Katrin ha riconosciuto che questo potrebbe essere un rischio:
“Questo pericolo è una delle ragioni per cui molti protagonisti del movimento della coltivazione urbana di cibo sono consapevoli che le loro idee devono fare questo salto nella politica. Influenzare in maniera sostenibile le politiche di progettazione è molto importante. L’architettura è alla moda e segue la moda, ma segue anche le richieste dei suoi clienti. Così, fincheé il cliente richiede questi spazi per produrre cibo gli architetti li accontenteranno”.
André ha aggiunto:
“Siamo ad uno stadio in cui abbiamodavvero bisogno di far capire alla gente il significato di questi spazi in termini di parte dell’infrastruttura ecologica della città che la gente percepisce come spazi essenziali, parte dell’infrastruttura essenziale all’interno di una città. Se viene creato questo cambiamento mentale e pensiamo che ci siano prove sufficienti che lo sostengono, allora questi spazi diventeranno parte integrante delle città. E’ proprio questo lo stadio in cui ci troviamo, credo”.
Partendo da questo, per André e Katrin, una parte chiave del rendere mainstream l’agricoltura urbana è attraverso la buona ricerca. Fanno parte del progetto di ricerca chiamato Trasformazioni Urbane dalla Pratica alle Politiche. In termini di ricerca, André punta sul lavoro di Debra Solomon in Olanda, chiamato ‘Urbaniahoeve’. Là hanno introdotto paesaggi alimentari in diverse città. Il punto centrale del loro lavoro, nel lasso di tempo che porta ad una conferenza nel settembre 2015, sarà sviluppare strumenti per far leva sul cambiamento delle politiche riguardo all’agricoltura urbana.
Ultimi pensieri
Architettura Urbana Seconda natura è proprio straordinario. Se dobbiamo proprio costruire ambienti che sono ‘chiusi’ all’interno del futuro radicalmente a basso tenore di carbonio, dobbiamo creare, non possiamo davvero permetterci di costruire qualsiasi nuovo sviluppo che non includa l’agricoltura urbana. Dev’essere ovunque e chiaramente in questo momento non sta avvenendo abbastanza rapidamente. Viljoen e Bohn affrontano questo aspetto da diverse angolazioni e c’è qualcosa in questo che ispira le persone che rientrano in una gamma, da un lato, di chi si chiede come coltivare cibo nella città in cui vive a, dall’altro lato, dei pianificatori e progettisti che vogliono intraprendere progetti di scala ambiziosi. Difficile raccomandarglielo abbastanza.
Chi sono?
“Sono André Viloen e sono un architetto. Attualmente lavoro all’Università di Brighton dove con Katrin Bohn abbiamo insegnato in un programma per studenti del Master e prima fare questo ero molto impegnato nella ricerca di un’architettura di edifici a basso uso di energia e come renderli passivi. E’ così che siamo arrivati ad interessarci all’agricoltura urbana”.
“Sono Katrin Bohn, anch’io insegno all’Università di Brighton, ma ho anche una cattedra come esterna all’Università Tecnica a Berlino e in entrambi i casi cerco di lavorare il tema del cibo e la città. Con André condivido anche il lavoro alla Bohn and Viljoen Architects, che ora piuttosto ridotto, facciamo più che altro consulenza, installazione, studio di fattibilità. Di nuovo, siccome quel tema dei paesaggi produttivi è diventato così importante per noi, è ciò che facciamo prevalentemente. E ci piace”.
Perché ‘Agricoltura Urbana Seconda Natura’?
(Dal libro): “Il termine ‘seconda natura’ ha un doppio significato: da un lato descrive le abitudini ed i costumi integrati e normalizzati che hanno luogo senza un pensiero, dall’altro lato si riferisce allo spazio coltivato fatto dall’uomo che ci circonda in modo analogo alla (prima) natura”.
Selezionato dall’intervista completa che ho fatto a Andre e Katrin. Potete ascoltare l’intervista completa, o scaricarla, sotto.
https://soundcloud.com/transition-culture/viljoen-and-bohn-on-designing-productive-cities
Confermato il Transition Training di Campogalliano, chi si è già iscritto riceverà a breve ulteriori istruzioni via email, chi non lo ha ancora fatto sappia che ci sono ancora alcuni posti a disposizione.
Dalle parti di Teramo c’è Canzano (che se ho trovato la foto giusta sembra un bel posticino). E a Canzano c’è una nuova iniziativa di transizione a cui diamo il benvenuto. Se siete di quelle parti potreste aver voglia di unirvi a loro e trovate informazioni e contatti qui.
Ecco la locandina dell’evento del 29 ottobre, una piccola occasione che questa città si concede per discutere del futuro, magari uscendo dalla visione business as usual che generalmente tende a dominare i nostri pensieri.
Come si costruisce una società lowcarbon? Possiamo provare a smettere di parlare di crescita e concentrarci sul concetto di prosperità? Ragioniamo sull’idea di un equilibrio benefico, necessario, piacevole? Possiamo progettare un’evoluzione intelligente della specie e dell’economia?
Beh, non vorrei essere troppo ottimista, ma forse ora si può cominciare davvero a muoversi in questa direzione. Il sistema in cui viviamo è diventato fragilissimo e lascia spazio alla luce (o all’inquietante oscurità) di altre possibili modalità organizzative.
Se ne stanno accorgendo in tanti, e le persone in cerca di risposte vere sono molte e ormai ovunque. Magari questa città, come altre volte in passato, saprà immaginare e ispirare nuove strade.
Questa può essere una “conferenza con ospite straniero” come tante, o diventare un piccolo punto di svolta. Spero proprio la seconda che ho detto… 🙂
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Recente spunto di riflessione sul Guardian.
Quando Rob sarà a Bologna non si parlerà solo di Università, c’è un bell’appuntamento con le scuole superiori voluto da Serpieri City Farm.
Anche l’intreccio tra scuola e Transizione, qui come altrove, sembra diventare nel tempo più complesso e proficuo e in questo breve filmato ce ne parla proprio Lucia Cucciarelli, Dirigente dell’Istituto Tecnico Agrario Statale Serpieri di Bologna.
In via Terracini, a Bologna, c’è un distaccamento dell’Università, il Dipartimento di Ingegneria denominato DICAM, una specie di piccolo “villaggio” immerso in una zona artigianale periferica, qualche nuovo condominio di fronte… un quartiere di servizio tra ospedale e aeroporto, niente di speciale.
È qui che le “ragazze” (sì direi che sono state delle donne a far partire questa cosa) di Ingegneria Ambientale hanno voluto far nascere una vera e propria Iniziativa di Transizione interna alla comunità universitaria che ogni giorno si ritrova in quegli edifici.
Nella foto vedete Alessandra Bonoli (con Francesca Cappellaro sono le ispiratrici di questo percorso) che incontra Rob a Milano durante il meeting sulle “Comunità Resilienti” della Fondazione Cariplo. È in quella occasione che si è cominciato a parlare di invitarlo a Bologna.
Ho provato a fare qualche domanda ad Alessandra per capire come sta vivendo questo esperimento in corso cominciando da “cos’è esattamente Terracini in Transizione”:
Si tratta di un percorso che vede il coinvolgimento di ricercatori, docenti, personale tecnico, amministrativo e studenti che si pone lʼobiettivo di trasformare la Scuola di Ingegneria e Architettura in un living-lab della sostenibilità.
Ecco le iniziative previste a Bologna:
Consulta i laboratori organizzati dai ricercatori dell’Università di Bologna
Quali sono le ripercussioni della crisi climatica, economica ed energetica sul sistema sanitario?
Come potremmo immaginare un settore sanitario rilocalizzato e resiliente?
Ne parleremo insieme a Palermo, il 20 settembre, durante un evento dal titolo “Vivere nelle Soluzioni“, organizzato in occasione della settimana dello Shiatsu.
Il tema “salute” attraversa le iniziative di Transizione in maniera trasversale — parliamo di sana alimentazione, di aumentare l’attività fisica (leggi: orti, orti, orti), cerchiamo di prenderci cura gli uni degli altri e di lavorare sul cambiamento interiore, tutte operazioni che riducono lo stress e ci migliorano la vita. Ma cosa succede quando la transizione incontra il sistema sanitario, e cosa ne pensano del cambiamento in atto coloro che ci lavorano?
Per introdurre il tema della celebrazione prendo spunto da un’intervista a Chris Jonhstone sul blog del Transition Network (http://www.transitionnetwork.org/blogs/rob-hopkins/2014-07/chris-johnstone-without-celebration-we-wither-away) . Chris è uno psicologo che ha aiutato Rob Hopkins ad inserire nel processo delle Transition Towns elementi di psicologia del cambiamento e di supporto emotivo.
Ecco come risponde alla domanda: perché è importante celebrare?
“Possiamo pensare a come è importante il cibo. Senza cibo deperiamo. Il cibo è nutrimento. Noi abbiamo anche bisogno di nutrimento psicologico o psico-spirituale, nutrimento emozionale. Vedo la celebrazione come una di quelle cose che ci nutrono psicologicamente, emozionalmente, spiritualmente. Penso anche a quanto la celebrazione sia importante nel permetterci di proseguire nei nostri progetti.”
Trovare e concedersi spazi di celebrazione e di festa è importante in ogni ambito della vita e lo è in particolar modo nelle iniziative di cambiamento sociale, ecologico ed economico come le città di transizione. Il processo di cambiamento e di trasformazione che abbiamo avviato in questi anni richiederà molto tempo per essere completato e non ha senso aspettare di completare “il grande cambiamento” per avere momenti di gioia e di riconoscimento reciproco.
Concederci momenti di pausa e di celebrazione ci consente di notare tutti i piccoli passi, i piccoli successi che abbiamo ottenuto. Ci consente di notare anche gli insuccessi, importanti anche quelli per imparare dagli errori e per riprendere il cammino con maggiore consapevolezza.
In generale è molto importante avere momenti di apprezzamento reciproco indipendentemente dai risultati ottenuti, per mantenere la giusta dose di soddisfazione ed entusiasmo. Chris Johnstone paragona l’attivismo sostenibile all’agricoltura sostenibile. Per avere un agricoltura sostenibile dobbiamo nutrire il suolo in modo da avere un buon raccolto senza utilizzare sostanze chimiche, nello stesso modo per avere un attivismo sostenibile dobbiamo continuamente nutrire l’entusiasmo delle persone per portare avanti i nostri progetti.
Possiamo celebrare anche da soli i passi compiuti, ma se lo facciamo in gruppo è molto meglio. L’energia, la gioia e l’entusiasmo si amplificano e si moltiplicano.
Potete prendere nota, far girare il messaaggioe, nel caso, raggiungerci perché nel contesto di Ecofuturo abbiamo organizzato due seminari sulle sperimentazioni fatte con Strade in Transizione e RiEconomy. Si tratta di due incontri pensati sopratutto per chi volesse riprodurre questo tipo di processi nella propria comunità (molto consigliati a chi è nei Gruppi Guida).
Le sperimentazioni compiute fin qui ci hanno consentito di imparare molto, capire cosa funziona, cosa non funziona (e come probabilmente farlo funzionare). Sappiamo di più di ciò che serve e conosciamo meglio i vari strumenti che possono innescare processi di riorganizzazione sistemica delle economie locali.
È gratis!
I seminari sono gratuiti “salvo pagare il biglietto di ingresso al festival che costa 15 euro”, ma hanno un numero di posti limitato quindi chi vuole esserci dovrà iscriversi contattando subito la segreteria di Alcatraz:
Per iscriversi ai seminari:
silvia.negroni@alcatraz.it
Per pernottamenti (anche in tenda):
Libera Università di Alcatraz
Indirizzo: Località Santa Cristina, 53 – 06020 Gubbio (Perugia)
Email: info@alcatraz.it
Telefono: +39 075.9229914 – 075.9229938 – 075.9229939
Fax: +39 075.9228714
Nota: Stradeintransizionisti e Rieconomisti già attivi mi scrivano subbbito per riservare i posti se vogliono venire (sarebbe bello ci fossero testimoni diretti).
A chi ha voglia di impegnarsi intensamente in queste attività consiglio caldamente di seguire entrambe le giornate perché sono strettamente collegate, interconnesse e complementari. Mi spiace per il poco preavviso, ma tutto il festival è una invenzione appena nata.
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29 Luglio 2014 – Ore 10:00 – 13:00
STRADE IN TRANSIZIONE
Facilitazione: Cristiano Bottone (…e forse altri a sorpresa)
Programma:
– Contesto: l’esperienza inglese, il Patto dei Sindaci e l’esperimento a Monteveglio
– Tutto quello che abbiamo imparato fin qui: conferme e sorprese
– Se vuoi rifarlo anche tu: strategie, tattiche e risorse necessarie
– Qual è il prossimo passo?
Sintesi: Strade in Transizione si è rivelata una metodologia molto efficace (forse anche troppo), può essere uno strumento operativo chiave per la gestione del Patto dei Sindaci, ma serve molto adattamento rispetto alle metodologie usate in UK e ci sono parecchie “sorprese” di cui tener conto.
Materiali: Report della sperimentazione, manuali utilizzati per la sperimentazione.
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30 Luglio 2014 – Ore 10:00 – 13:00
RIECONOMY ALL’ITALIANA
Facilitazione: Cristiano Bottone (…e forse altri a sorpresa)
Programma:
– Contesto: l’esperienza inglese, il Patto dei Sindaci e l’esperimento a S. Giovanni
– Tutto quello che abbiamo imparato fin qui: conferme e sorprese
– Se vuoi rifarlo anche tu: strategie, tattiche e risorse necessarie
– Strade in Transizione come strumento interno a RiEconomy
– Qual è il prossimo passo?
Sintesi: È ancora presto per trarre conclusioni, ma questa prima esperienza è estremamente incoraggiante. Grazie a CURSA e MinAmbiente stiamo sviluppando alcuni strumenti di supporto fondamentali per questo tipo di processi.
Materiali: Report della sperimentazione, griglia di valutazione dei progetti RiEconomy (versione beta), report imprese di transizione in Italia.
Che si fa nel pomeriggio?
Dopo i seminari, intorno a voi ci sarà tutto il resto del festival che Jacopo Fo, Michele Dotti, Marco Boschini e molti altri hanno fortemente voluto. Sarà rutilante, multiforme e variopinto, un occasione per conoscere persone, vedere cose, farsi un bagno in piscina, insomma vivere Alcatraz e la sua sempre interessantissima popolazione stanziale e festivaliera.
Per chi volesse, io sarò sempre lì, quindi si può anche continuare a ragionare dei temi dei seminari se a qualcuno servisse, o parlare di transizione, o fare chiacchiere e bere succo di mirtillo.
Università in Transizione
C’è una mezza possibilità che il 31 si faccia il primo forum delle università in transizione d’Italia… state sintonizzati che vi dico.
Se volete, ci vediamo ad Alcatraz… 🙂
Diamo il benvenuto a Campogalliano in Transizione, nuova iniziativa non distante da Modena. Prestigioso membro della combriccola il nostro amico Luca Lombroso (son prestigiosi anche gli altri, ma lui è più conosciuto). Come vedete nella foto il percorso è stato inaugurato alla solita, vecchia maniera… 🙂 tanto va sempre a finire (o a cominciare) così).
Pare sia in arrivo anche un Transition Training da quelle parti, restate sintonizzati…
Il buon Luca Lombroso mi segnala una situazione meteo critica a partire da domani, in particolare ci saranno fenomeni intensi (temporali) in nord Italia. Si rischiano localmente allagamenti lampo, grandinate e venti intensi fino a trombe d’aria.
Quindi prudenza, non sottovalutate le situazioni, proteggetevi e scegliete luoghi e attività sicure. Come tutti sapete la maggior quantità di energia ora presente in atmosfera può con facilità dare luogo a fenomeni a cui non siamo abituati e che mettono a repentaglio la sicurezza di persone e cose.
Tutti con gli occhi aperti, ok? Mi raccomando…
Car* amic*,
in accordo con i docenti del corso di Deep Democracy(27/29 giugno), Robert Palusinki e Melania Bigi, abbiamo deciso di offrire ai soci RIVE e GEN e a chi fa parte della rete Transition e Permacultura la possibilità di partecipare a prezzo ridotto, Euro 220 invece che 270.
Si tratta di un corso di due giorni e mezzo, con vitto e alloggio compreso a Torri Superiore. E’ una importante opportunità per conoscere il lavoro del grande Arnold Mindell, analista junghiano e creatore dell’approccio terapeutico denominato “Process Work”, che unisce il lavoro ‘esterno’ dell’attivista sociale con quello ‘interiore’ della psicologia e della meditazione, radicandoli alla nostra connessione con la Terra – che – sente. Robert è allievo diretto di Mindell.
Per approfondire:
https://www.facebook.com/events/1491203547769165/?unit_ref=related_events
http://www.torri-superiore.org/viverelatransizione/#deepdemocracy
Grazie dell’attenzione, buona serata a tutti,
Lucilla.