“La Transizione in azione”

Grazie a Marcello Moresco, attivo disseminatore del germe transizionista in quel di Genova e membro della locale sezione di MDF, ecco un’anticipazione in italiano da “Transition in Action“. Grazie Marcello.

Raccontare una storia nuova per il nostro futuro

Questo piano di sviluppo della comunità e della contea è diverso da molti piani di sviluppo ai quali siamo stati abituati nella nostra vita. Esso si basa su un insieme diverso, e crediamo più realistico, di ipotesi. Si presuppone che siamo giunti a un momento cruciale e storico nella nostra storia, un momento in cui ci possiamo permettere di pensare in grande e pensare al di là di quello che potremmo definire il ‘business as usual’. L’economia del distretto di Totnes sta cominciando a sentire l’impatto della recessione mondiale, e il record del prezzo del petrolio della scorsa estate ha colpito duramente la nostra economia. E se queste due tendenze si riveleranno essere una caratteristica permanente e crescente della nostra vita quotidiana? Cosa succederà se la nostra zona adotterà misure proattive per rientrare entro i limiti delle emissioni di carbonio, facendo la sua parte per evitare il cambiamento climatico galoppante? Questa prima sezione esamina i principi alla base di questo piano.

INTRODUZIONE

Ecco un litro di petrolio. E ‘una cosa straordinaria. Il petrolio di questa bottiglia contiene più energia di quanto si creerebbe facendo un duro lavoro fisico per cinque settimane. Proprio in questa piccola bottiglia. Essa ci ha reso potenti al di là delle fantasie delle generazioni precedenti, in grado di modificare paesaggi, mangiare cibi provenienti dall’altra parte del mondo a dispetto delle stagioni, viaggiare per il mondo come se avessimo gli stivali delle sette leghe, e rompere per la prima volta il legame con la terra che sta sotto i nostri piedi.

Il petrolio può anche essere trasformato in un incredibile assortimento di materie plastiche, colle, materiali e prodotti che riempiono le nostre case, i luoghi di lavoro e i negozi. Con esso facciamo i nostri farmaci, e il nostro sistema alimentare è diventato un sistema per trasformare il petrolio in cibo. Se potessimo prendere la nostra vita e strizzarla uscirebbero gocce di petrolio. Tuttavia, questo livello di dipendenza dal petrolio, che una volta ha determinato il nostro grado di prosperità e di successo, determina ora la nostra vulnerabilita’. Se per molte cose il petrolio in questa bottiglia ci ha portato cose meravigliose e opportunità straordinarie, abbiamo bisogno, come Fatih Birol, capo dell’Agenzia internazionale dell’energia ha raccontato ai governi del mondo, di “lasciare il petrolio prima che il petrolio lasci noi”.

Come citato nelle interviste che si aprono nella seconda parte del documento, abbiamo chiesto alla fine dei suoi anni a Douglas Matthews di Staverton, poco prima del suo 100° compleanno, se egli considerava l’età del petrolio da lui vissuta una benedizione o una maledizione:

“Una benedizione per me. Ma anche una benedizione per il tipo di guerre che siamo stati in grado di combattere. E’ una benedizione se si mettono insieme le due cose? Non lo so. Ciononstante sono molto contento per avere vissuto il periodo che ho vissuto”.

LE IPOTESI SU CUI SI FONDA QUESTO PIANO

Quando la maggior parte delle amministrazioni, delle aziende o dei governi si siedono a pianificare i prossimi 20 anni, partono ancora dal presupposto che nei prossimi 20 anni si avrà più occupazione, più energia, più automobili, più case, più imprese, più crescita economica e così via. Negli ultimi mesi è diventato chiaro a molti che ciascuna di queste ipotesi è sempre più discutibile.

Stiamo passando da un epoca in cui il nostro livello di successo economico e di benessere personale era direttamente proporzionale al nostro livello di consumo di petrolio, a un tempo in cui il nostro grado di dipendenza dal petrolio sarà indice del nostro grado di vulnerabilità. Per molte persone, è sempre più chiaro che non possiamo continuare a vivere come abbiamo vissuto fino ad oggi, e che tre tendenze principali ci stanno forzando la mano, introducendo grandi cambiamenti inevitabili nel lungo periodo. Questi includono:

L’inizio della fine dei combustibili fossili a buon mercato

Nessuno sa ancora con certezza quando il mondo passerà il picco della produzione petrolifera, anche se questo momento storico può essere già stato superato nel mese di luglio 2008, quando il prezzo ha raggiunto 147 dollari al barile, la qual cosa ha frenato la domanda talmente tanto che ancora oggi deve ancora riprendersi, e realisticamente non potrà farlo mai. Infatti alcuni sostengono che l’attuale situazione economica è stata, in larga parte, causata dal picco del prezzo del petrolio. Il nostro stile di vita dipende dal petrolio a buon mercato per praticamente tutto ciò che sta nelle nostre case, dal nostro cibo ai nostri spazzolini da denti, dai nostri tappeti alle nostre scarpe. Lo stile di vita del 21° secolo è letteralmente costruito sul petrolio. La teoria del picco del petrolio non dice che un giorno non lontano ci sarà ‘esaurimento’ del petrolio, potremmo anche non vedere mai quel giorno, ciò che dice è che presto potremo vedere la fine dell’era del petrolio a buon mercato, e di tutto ciò che questo ha reso possibile. Questa fase si rivelerà un passaggio storico. Durante l’età del petrolio, abbiamo estratto e bruciato 1.200 miliardi di barili di petrolio greggio, quasi la metà di tutta la luce del sole arrivata nella preistoria. Si tratta di una quantità impressionante di materia, e nessuno sa quale impatto a lungo termine avrà sul clima, l’ambiente e l’umanità. Come il capo della International Energy Agency dice ora ai leader di governo del mondo “dobbiamo lasciare il petrolio prima che sia lui a lasciare noi”

L’impatto che sta avendo sul clima

Ogni giorno porta notizie sempre più cupe sulla velocità e sulla portata del cambiamento climatico. Molti di noi hanno notato le variazioni dei modelli meterologici durante la nostra vita, la neve e il freddo d’inverno sono diventati una rarità nel Devon mentre un tempo, come la sezione delle storie orali di questo rapporto mostra, erano eventi banali. La temperatura media è aumentata nel Devon di 1.5° C rispetto al 1960, e si prevede che aumenterà circa altrettanto da qui al 2030. A livello globale, la fonte di maggiore preoccupazione è il livello di scioglimento dei ghiacci dell’Artico, a lungo considerato dagli scienziati del clima come uno degli indicatori fondamentali dei cambiamenti climatici. Il ritmo di fusione è di gran lunga più veloce di quanto chiunque si aspettasse. L’ultimo rapporto del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, mostrando un consenso scientifico senza precedenti sul fatto che il cambiamento climatico è in corso, ha ipotizzato che, nel peggiore dei casi, il ghiaccio artico potrebbe iniziare a rompersi entro il 2010. Se le tendenze attuali si confermassero potrebbe essere tutto sciolto entro il 2014. I governi ora stanno rispondendo, ma oggi stanno lavorando per raggiungere l’obiettivo di 450 parti per milione. Ultimamente la scienza ci dice che dobbiamo arrivare a 350 parti per millione. Abbiamo già superato i 387ppm. Il nostro tempo per rinviare e per procrastinare gli interventi è da tempo passato. Il livello dei tagli che dobbiamo fare alle nostre emissioni di carbonio è molto profondo, ma realizzabile, e potrebbe essere il catalizzatore di una straordinaria rivoluzione per l’industria e per il commercio.

La fine della bolla della crescita economica

Il denaro è messo in circolo per essere prestato alla gente, così i soldi (davvero) equivalgono al debito. Il Regno Unito è diventato il secondo paese più indebitato del mondo (secondo solo all’Irlanda), con livelli sorprendenti di debito personale e un debito nazionale totale pari al 336% del PIL. Il governo ha anche preso soldi in prestito pesantemente, al fine di perseguire i suoi obiettivi e, più recentemente, per salvare il settore bancario del Regno Unito, debito per il quale sarà responsabile per molti anni a venire. Il guaio con la generazione del debito è che essa si fonda sul presupposto che in futuro saremo più ricchi di quello che siamo attualmente, per poter ripagare il debito. Alla base di questo ragionamento c’è il presupposto che ci sarà sempre energia a buon mercato per garantire la crescita economica necessaria. Il disfacimento attuale della finanza internazionale, e la consapevolezza che gran parte del debito è ‘tossico’, vale a dire non ripagabile, risulterá avere implicazioni molto più profonde di quanto abbiamo fin qui sperimentato.

E’ anche importante il fatto che il Regno Unito, situato alla fine di lunghe condutture energetiche, ha venduto gran parte della sua energia in un momento in cui i prezzi erano molto bassi, ed è diventato un importatore netto in un momento di grande volatilità dei prezzi dell’energia. Inoltre, il livello del debito nazionale sostenuto per il salvataggio delle banche di recente ha richiesto profondi tagli in tutta l’economia, la qual cosa metterà in difficoltà la nostra capacità di fare affidamento sulle pensioni e sullo stato sociale nel modo in cui abbiamo sempre fatto.

Per gli ultimi tre anni, Totnes Transition Town ha coordinato un programma di sensibilizzazione nella città su questi tre temi chiave, portando qui molti esperti mondiali sul tema: esperti del picco del petrolio come Richard Heinberg, Jeremy Leggett e David Strahan, esperti dei cambiamenti climatici come Aubrey Meyer, Mayer Hillman e Tony Juniper, esperti di economia come Andrew Simms, Colin Hines, David Fleming, Molly Scot Catone, Bernard Lietaer, Richard Douthwaite, David Boyle e altri. E’ stato un viaggio illuminante, e gran parte della saggezza che hanno portato a questa comunità viene raccolta in questo documento.

IL CONTESTO DI QUESTO PIANO

Totnes non è la prima città o paese che inizia ad esplorare gli aspetti pratici legati alla sfida di abbandonare la dipendenza dal petrolio e gli alti livelli di emissioni di carbonio. Uno dei primi piani è stato il Kinsale Energy Descent Action Plan, sviluppato nel 2005 dagli studenti di una scuola nel sud dell’Irlanda, che è stato in parte responsabile della creazione del concetto di Transizione. Fu allora che si esplorò per la prima volta come la città avrebbe potuto fare per abbandonare la sua dipendenza dal petrolio, vedendo in questi cambiamenti inevitabili una potenziale grandissima opportunità. La relazione di Kinsale è diventata un fenomeno virale, e da allora ad oggi è stata scaricata migliaia di volte.

I piani che si riferiscono alle risposte al picco del petrolio sono suddivisi in quattro categorie. Ci sono quelli delle amministrazioni locali, quelli che analizzano in modo più ampio l’impatto del picco del petrolio sulla società, quelli che guardano alle soluzioni in un contesto più ampio, ed ci sono infine quelli che, come questo, sono piani di ri-localizzazione guidati dalla comunità, conosciuti come ‘Energy Descent Action Plan’ (uno sguardo più dettagliato su altre comunità che hanno prodotto tali piani si può trovare sul sito web). Alcune autorità locali hanno superato le risoluzioni sul ‘Peak Oil’ (es. Consiglio Comunale di Nottingham), e in alcune realtà locali, in particolare Somerset Leicestershire, sono state approvate risoluzioni a sostegno delle iniziative locali di Transizione.

Le recenti politiche del governo del Regno Unito

Mentre il governo britannico continua ad affermare che il picco del petrolio non è un problema e che deve essere atteso non prima del 2030, esso sta prendendo in considerazione sempre più seriamente la questione del cambiamento climatico. Il suo ‘Low Carbon Transition Plan’ (il suo nome è stato ispirato dalla visita di Ed Miliband al Transition Network Conference 2009, dove è stato invitato come ‘ascoltatore’) stabilisce un piano audace e visionario per il Regno Unito. Esso include qualcosa di simile a quanto viene proposto qui: micro-generazione, efficienza e risparmio energetico, impulso concertato e intersettoriale per ridurre le emissioni del 80% entro il 2050. Esso contiene molti punti discutibili, ed è anche non specifico in modo frustrante sulle misure reali da adottare, specialmente in relazione al cibo e all’agricoltura.

Un paio di mesi dopo, il Cabinet Office ha pubblicato il suo ultimo documento sulle politiche del Regno Unito sul cibo, e, per la prima volta, ha inserito al centro dell’attenzione la questione della sicurezza alimentare. Anche se non promuove l’idea di aumentare l’autosufficienza alimentare regionale, è stato un significativo passo in avanti dalla dichiarazione DEFRA nel 2003 che diceva che ‘la sicurezza alimentare non è né necessaria, né auspicabile’. Riteniamo che ciò che è riportato nel presente piano è più avanti del pensiero del governo e dei politici, e contribuirà notevolmente ad elevare il dibattito nazionale, dato che si tratta di un processo guidato dalla comunità, ponendo quelle domande che oggi il governo si trova ancora a disagio a porre.

Risoluzione ‘Peak Oil’ del Consiglio Comunale di Nottingham (approvata in data 8 dicembre 2008)

Questo Consiglio riconosce l’impatto imminente del picco del petrolio. Il Consiglio ha quindi bisogno di rispondere al rischio di contrazione dell’offerta petrolifera, e aiuterà i cittadini a comprendere che a questo occorre rispondere, ma in un modo che mantenga comunque la prosperità della Città. Il consiglio riconosce che le azioni intraprese per la lotta contro i cambiamenti climatici può anche aiutarci a gestire i problemi relativi al picco del petrolio.

A tal fine, dispone di:

■ Sviluppare una comprensione degli effetti del picco del petrolio sull’economia locale e sulla comunità locale

■ Incoraggiare un cambiamento in tutta la città verso il trasporto sostenibile (in bicicletta e a piedi)

■ Perseguire un uso efficiente dell’energia e un rigoroso programma di risparmio energetico attraverso il piano di gestione delle emissioni di carbonio, le attività per l’accreditamento EMAS e la sensibilizzazione in tutti i settori per ridurre la dipendenza dal petrolio nella città

■ Sostenere la ricerca e la produzione all’interno della città, per contribuire allo sviluppo locale di efficaci strumenti per la produzione di energie alternative e per il risparmio energetico, al fine di favorire un allontanamento da combustibili a base di petrolio e anche al fine di creare posti di lavoro verdi

■ Coordinare le politiche e le azioni finalizzate a ridurre la dipendenza del carbonio della nostra città, in risposta alla necessità di mitigazione/adattamento ai cambiamenti climatici e al picco del petrolio.

In questo modo, il Consiglio Comunale di Nottingham non solo aiuta la città a raccogliere la sfida del picco del petrolio, ma incoraggia anche la città a cogliere le opportunità che il picco del petrolio ci offre.

RESILIENZA

Il concetto di resilienza è centrale in questo piano. Uno dei modi migliori per spiegare che cosa significa questa parola è di guardare indietro al 2000 e alla vertenza dei camionisti nello stesso anno. Adirati per l’aumento proposto nella tassazione dei carburanti, i camionisti di tutto il Regno Unito hanno picchettato i depositi di carburante e, entro un breve periodo di tempo, la flotta di camion di consegna e la totalità del sistema di distribuzione ‘just-in-time’ ha cominciato a sperimenare una battuta d’arresto. Gli scaffali dei supermercati hanno iniziato a rimanere vuoti entro pochi giorni ed il Regno Unito è passato da essere una nazione con scorte di cibo abbondante e con una illusione di abbondanza, a quello che è stata la sperimentazione di una grave crisi alimentare nell’arco di due giorni e che, proprio in conseguenza di questo breve lasso di tempo, ha messo in evidenza che la produzione locale, che in passato aveva sostenuto il sistema alimentare, era stata in gran parte smantellata.

Nel 2008 il personale presso la raffineria di petrolio Grangemouth arrivò vicino ad uno sciopero che avrebbe portato ad una situazione molto simile a quella del 2000. I mezzi di comunicazione vennero inondati di editoriali del tipo “Come osano queste persone tenere in ostaggio il paese con le loro richieste?” La domanda che nessuno però poneva era come avessimo potuto non imparare la spettacolare lezione di 8 anni prima, e come fosse  possibile essere ancora nella posizione in cui un’interruzione al nostro approvvigionamento di combustibili liquidi avrebbe potuto mettere la nostra economia in ginocchio.

Il punto della questione è la resilienza. La resilienza è, in poche parole, la capacità di un sistema, una persona, un’economia, un paese o una città, di resistere a shock indotti dall’esterno. Come la crisi del credito ha messo in luce, l’economia globale è ormai così fortemente in rete, che uno shock o una crisi in una parte può determinare una ricaduta molto rapida sul resto del sistema. Resilienza è costruire la capacità di adattarsi agli urti, alla flessione, e adattarsi invece di crollare. Si può pensare ad esso come come la costruzione di un sistema di protezione contro le sovratensioni in un impianto elettrico.

Totnes resiliente significherebbe un’economia dove i soldi circolano di più a livello locale, che crea più posti di lavoro locali, meno in balia di aziende che decidono di trasferirsi altrove. Sarebbe diversa, in termini di competenze, mezzi di sostentamento, utilizzo del territorio, imprese, fornitura di alloggi e così via. Potrebbe anche portare i suoi consumi più vicino a casa e assumersi più responsabilità sul loro impatto. Sarebbe una Totnes che ha imparato a vivere meglio, e ad apprezzare le vulnerabilità alle quali gli approcci attuali ci espongono. Se è meraviglioso, e storicamente senza precedenti, essere in grado di mangiare fragole a marzo, bisogna però considerare che il sistema che rende tutto questo possibile ha allo stesso tempo sradicato i nostri sistemi locali, dequalificato i nostri agricoltori e coltivatori e ci ha reso tutti più vulnerabili. Il pensiero resiliente offre una intuizione fondamentale per coloro che progettano il futuro. Il punto di partenza di questo piano non è un elenco di giudizi sulle cose che sono ‘giuste’ e ’sbagliate’ nel mondo. Piuttosto, è un riconoscimento che il cambiamento è inevitabile, e che abbiamo bisogno di lavorare tutti insieme al fine di rendere Totnes e il Distretto il più resilienti possibile, in modo tale da ispirare il resto del paese a fare lo stesso.

LOCALIZZAZIONE

Questo piano esplora i dadi e bulloni delle pratiche di rilocalizzazione dell’economia della zona. Esso sostiene che in un mondo di prezzi del petrolio altamente volatili, di necessità di tagli rigorosi alle emissioni di carbonio e di incertezza economica, l’economia globalizzata da cui siamo così dipendenti non può più essere ritenuta valida, anzi questa stessa economia ci rende altamente vulnerabili. Al momento, Totnes e le sue zone circostanti agiscono come un grande secchio bucato. Il denaro si riversa nella zona attraverso i salari, le sovvenzioni, le pensioni, il finanziamento, le entrate turistiche e così via. Nel nostro modello economico attuale, la maggior parte del denaro raccolto si riversa di nuovo altrove, e la possibilità di sviluppare l’economia a livello locale si perde completamente. Ogni volta che paghiamo la nostra bolletta energetica, il denaro lascia la zona. Ogni volta che facciamo la spesa in un supermercato, l’80% dei soldi lascia la zona. Ogni volta che acquisti online, il denaro che avrebbero rafforzato la nostra economia lascia la zona. Nel frattempo, cresce la pressione sui nostri negozi locali e sulle imprese.

Allo stesso tempo, l’agricoltura locale impiega sempre meno persone ogni anno, sempre più cibo è importato, i nuovi edifici sono creati a partire da materiali provenienti da tutto il mondo, e la maggior parte dei prodotti venduti nei negozi di Totnes hanno viaggiato per lunghe distanze per giungere lì. Il concetto di localizzazione è di spostare il centro di produzione più vicino a casa. Non è qualcosa che può essere fatto in una notte, è un processo a lungo termine che richiede pianificazione, progettazione e innovazione. In molti modi, l’area è pronta ad assumere un ruolo guida nazionale in questa materia, essendo sede di una forte cultura alimentare locale, e di molte imprese innovative. La localizzazione è un concetto potente. Chiaramente Totnes non può diventare autosufficiente, né lo vuole essere. Non sarà mai in grado di produrre computer o padelle. Tuttavia, come citato nella sezione di storia orale, in passato era di gran lunga più autosufficiente rispetto ad oggi, con un funzionamento molto più simile a quello di un secchio che al suo attuale setaccio. Vi è un potenziale significativo per Totnes, per esempio:

■ produrre la maggior parte del cibo a livello locale e creare localmente una gamma di modalità di conservazione e di trasformazione degli alimenti

■ acquistare una percentuale significativa dei suoi materiali da costruzione, sia per costruire nuovi edifici che per le riparazione, sia dalla produzione locale che dal riciclaggio del flusso di rifiuti.

■ Acquistare la sua energia da imprese del settore energetico di proprietà e gestione a livello locale, piuttosto che da quelle distanti

■ Mantenere e valorizzare i negozi della città che sono di proprietà locale, e evitare il fenomeno di ‘Ghost Town’ visto in tante High Street di tutto il paese

■ Trasformare in proprietà della comunità i terreni per lo sviluppo territoriale, in modo che i proventi finanziari derivanti da tale sviluppo appartengono alla comunità, piuttosto che agli speculatori

■ Produrre i farmaci per il trattamento di disturbi comuni utilizzando piante locali

■ Utilizzare i rifiuti del suo cibo per creare bio-metano per veicoli

■ Usare valute locali e meccanismi d’investimento locali per garantire più soldi nelle immediate vicinanze.

Niente di tutto questo accadrà per caso, ha bisogno di un’attenta pianificazione e progettazione. Questo piano è un primo tentativo di cercare di delineare ciò che il processo di ri-localizzazione potrebbe essere.

Tratto (e tradotto) da

http://totnesedap.org.uk/