La Transizione e la metropoli

A tutti quelli che si chiedono se la Transizione ha senso in una grande città consiglio l’ultimo post di Rob sul gathering appena concluso a Londra. È ovviamente in inglese…

5 commenti
    • Cristiano
      Cristiano dice:

      sì ora che rileggo il post mi rendo conto che poteva trarre in inganno, perdonami ma per noi è abbastanza scontato che di risposte esaustive ce ne siano in giro poche, al massimo ne riparliamo tra 50 anni…

  1. Maurizio De Giorgi
    Maurizio De Giorgi dice:

    Se abbia senso o meno la transizione in una grande citta è un argomento dibattuto, molti sostengono che sia meglio lasciarle non appena possibile per dirigere i propri sforzi in modo migliore, altri che anche in città vale la pena cercare di aumentare la resilienza, l’autosufficienza alimentare ed energetica, costruire le comunità.

    Sono membro di un GAS alle porte di Milano che fa parte del DESR-PASM, dove si cerca di portare avanti progetti che vanno proprio in questo senso. Mi interessava entrare nel merito. Mi ero creato delle aspettative.

    Il lavoro che fai è importante ed utile per tutti, lo seguo con molto interesse. Colgo l’occasione per ringraziarti 🙂

    • Cristiano
      Cristiano dice:

      Maurizio secondo me è la domanda che in realtà è poco utile, la Transizione è un processo e in quanto tale ha sempre senso, ovunque venga messo in atto. Attraverso quel processo le persone arrivano a decidere del proprio futuro e ovviamente non esiste una situazione uguale all’altra. È totalmente inutile chiedersi se le città sopravviveranno o no, che ti importa? Perché dovresti fare la fatica di deciderlo ora? Fai partire il processo e la risposta arriverà da sola.

      Ma tutto questo è spesso difficile da capire perché siamo abituati a preoccuparci delle ricette, dei progetti, non dei processi.

      Per quello che ho capito fin qui, sperimentando sul campo e studiando è che il processo funziona benissimo, non bene, i problemi sono altri, principalmente che per farlo funzionare servono facilitatori molto preparati e non ci sono. Andando ancora oltre, non solo non ci sono, ma per prepararli sevirebbero percorsi che al momento sono difficili da realizzare, in special modo in Italia.

      Nel frattempo quelli che hanno voglia di fare, fanno spesso, in perfetta buona fede e con grande entusiasmo, impegno e dedizione, cose che difficilmente cambieranno il sistema, spesso reinventando la ruota ogni giorno, spesso finendo per rafforzarlo.

      Un abbraccio.

      • Maurizio De Giorgi
        Maurizio De Giorgi dice:

        Nel mio piccolo credo di aver già fatto partire il processo. E’ possibile capire ora come saranno le città? Non credo ma alcuni, come ad esempio Nicole Foss, si sbilanciano nel dare indicazioni (non certezze ovviamente) e le applicano anche per se stessi e per le persone con cui vivono.

        Nella pratica mi importa molto capire qualcosa in più, perchè ho tre figli ed una compagna, ed una casa che potrei vendere per reinvestire il ricavato in una soluzione più resiliente, farlo ora o nel mezzo di una crisi ancora maggiore, potrebbe cambiare di molto grandezze in gioco e quindi le possibilità.

        Dall’altra parte OGGI nelle città o nelle loro vicinanze abbiamo i nostri interessi materiali e familiari, trovi lavori, servizi, cultura, educazione, sanità che in zone remote non sono così disponibili o facilmente accessibili. Ad esempio con tre bimbi piccoli siamo finiti al pronto soccorso diverse volte oppure ho conosciuto famiglie che fanno tutte le mattine 16km (sola andata) per portare la bimba a scuola.

        Spero di non essere tra coloro che pur in perfetta buona fede non cambieranno il sistema ed anzi finiranno per rafforzarlo, ti sarei grato se potessi fare qualche caso concreto per farmi capire.

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