Disastri & emergenze: siamo resilienti?

Certo, la Transizione mira a creare comunità resilienti che sappiano rispondere alla crisi sistemica. Un percorso, che richiede certo il suo tempo, fatto di attività di sensibilizzazione, creazione di relazioni, visioni, progetti, ecc.

Ancora una volta i drammatici eventi del terremoto in Emilia hanno chiamato nuovamente la nostra attenzione sul tema dell’emergenza e degli eventi straordinari:

– Cosa facciamo se dovessimo trovarci in situazioni collettive di emergenza, disastri e imprevisti di vario genere? Siamo resilienti ?

– Potrebbero i gruppi di transizione includere una sorta di preparazione della comunità locale alle emergenze e alle calamità naturali ?

– Come costituire un possibile piano di  emergenza e mutuo soccorso?

– Quali strumenti utilizzare e cosa potrebbero essere i passi più significativi?

Nella proposta transizionista di “prendersi le proprie responsabilità” quanto ipotizzato potrebbe sembrare in buona coerenza. Il perché farlo, altrettanto. Del resto, ipotizzando già scenari ben diversi dall’attuale status quo, chi cerca di preparare la propria comunità alla transizione, è ben consapevole delle variabili e delle incertezze all’orizzonte. In più, con una disgregazione  sempre più evidente di strutture come la Protezione Civile, che anni fa era molto efficiente in quanto disponeva anche di ben maggiori risorse economiche e umane (che oggi non ha più), questo potrebbe rivelarsi vitale.

Su cosa fare esattamente, butto lì qualche idea e stimolo – con l’auspicio che possano essere integrati e ampliati da suggerimenti che arriveranno tramite questa rete:

1) Analisi e individuazione dei rischi su diverse possibili calamità improvvise, definizione vulnerabilità (aree, soggetto, periodi), individuazione possibili aree di rifugio collettive sicure

2) Costituzione di un gruppo di coordinamento per le emergenze (che si coordina eventualmente con la protezione civile)

3) Organizzazione di attività di formazione e autoformazione (es. redazione piccolo manuale con indicazioni cosa preparare e tenere approntato – anche in caso di eventuali evacuazioni)

4) Preparazione e verifica ausili di emergenza (strutture, strumentazioni, rifornimenti, derrate alimentari, acqua, ecc.)

5) Messa a punto di strategia di contatti e comunicazione  dopo l’eventuale disastro, eventualmente creando anche una rete tramite Twitter, CB, ecc. – oppure creando delle  reti di mutuo supporto (ogni persona è connessa ad almeno altre 3 persone della comunità e verifica lo stato di bisogno reciproco)

6) Costituzione di piccoli gruppi di mutuo supporto che possano fornire accoglienza anche in seguito in modo da non avere più sfollati senza casa ma fare in modo che trovano accoglienza presso altre dimore.

Forse potrebbe avere senso pensarci. Ora. Per favore dite la vostra.

11 commenti
  1. glaucodona
    glaucodona dice:

    Incollo qui una mail che avevo mandato tempo fa..:-) ho trovato questa pubblicazione… secondo me puo’ essere utile diffonderla, e magari farcene spedire qualche pacco….
    http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_pub.wp?prevPage=pubblicazioni&contentId=PUB13445
    e andate alle pagine dalla 49 (52 nel pdf) alla 51 (54 nel pdf),
    sembra il bignamino della ventesima lezione del Crash Course di Chris Martenson….:-) http://transitionitalia.wordpress.com/2011/10/02/finalmente-il-crash-course-completo-con-sottotitoli-in-italiano/

    • Gian Nicola
      Gian Nicola dice:

      Grazie, ottimi link, specialmente quello con il pdf della Protezione Civile. Per rispondere a Ellen, credo che non siamo ancora resilienti.
      E’ da diverso tempo che penso alla Protezione Civile come “sorella” della transizione. Secondo me entrambe le realtà potrebbero migliorare dal rapporto reciproco.
      A presto,
      Gian Nicola

  2. Giordano Mancini
    Giordano Mancini dice:

    Le tue proposte sono tutte interessanti, ma pensi che le persone delle TT siano in grado di realizzarle? (a parte il punto 6 che mi sembra abbastanza semplice). Ancora mi sembra una rete deboluccia, che a volte non riesce neanche a mettere assieme gli allievi per un T Training. Per fare le cose che elenchi ci vuole denaro o tempo o tutti e due.
    Da un paio d’anni cerco di rafforzare i rapporti fra le persone della valle in cui vivo che condividono gli stessi valori. Per ora siamo ad un livello di legami piuttosto debole. Temo che per ricreare legami forti come quelli che c’erano nella comunità di mezzadri dove sono cresciuto ci vuole di sbattere il naso in problemi grossi. Siccome ce l’abbiamo nel DNA sono fiducioso che al momento opportuno riscopriremo la solidarietà fra simili. Senza legami di comunità, quindi di solidarietà, credo sia difficile realizzare qualcosa di valido.
    Un saluto
    Giordano Mancini

  3. Emma
    Emma dice:

    concordo col fatto che bisogna iniziare a fare un percorso di mutuo aiuto. Ho vissuto un grave terremoto in California anni fà e devo dire che li tutto funzionò bene. La gente scese per le strade buie per diriggere il traffico con torce visto che la polizia era ovviamente occupata a fare altro, la gente porto coperte e cibo per quelli senza tetto….insomma in quell’occasione ho visto il mutuo aiuto realizarsi in modo concreto, con grande calma e senza panico. Quando mi è successo di nuovo in Umbria, ho fatto una raccolta di vestiti, coperte e detersivi per gli sfollati e la protezione civile mi portò in un paesino dove non c’era + nulla. Per me, il mio gesto era normale ma per i miei amici/conoscenti no. Si domandavano perche volevo fare questa raccolta di indumenti e non capivano. Qui si da per scontato molte cose, quando nella realtà è necessario fare proprio quello che elenchi. Bisogna creare una rete in caso di bisogno per ogni bene essenziale da cose materiale (vestiti, medicine, cibo, acqua) ma anche aiuto psicologico.
    L’insegnamento per gestire i terremoti o qualsiasi emergenze dovrebbe a mio avviso iniziare nelle scuole dalla materna in su e coinvolgere genitori, cosi hai ben 2 generazioni attenta e vigile su cosa fare.

    Grazie
    Emma

  4. ellenbermann
    ellenbermann dice:

    Grazie mille per questi primi feedback e contributi !
    Mi viene da aggiungere le seguenti riflessioni:
    – non si tratta di voler controllare tutto l’imprevedibile – ma diventare “pronti” quel minimo – a quel livello che ogni comunità riesce – e sarebbe già molto
    – se non lo fanno le persone che sono un pochino più consapevoli di altri sui cambiamenti chi mai penserà di farlo ? Ritenersi “debolucci” è principalmente un limite che ci auto-imponiamo dal punto di vista mentale e psicologico. Del resto chi ha trovato ispirazione dall’approccio della transizione, vede quanto sia importante l’intenzione anche di pochi, che in questo caso fanno qualcosa, anche se i risultati possono sembrare non evidenti ed immediati ed arrivare anche quando meno ce lo aspettiamo;
    – non fare qualcosa perché pensiamo che se non ci sono chissà quali finanziamenti a sostegno – è una scusa – dovremmo probabilmente ricercare come stimolare la motivazione e come sbloccarci. Ogni grande progetto, inizia con piccoli passi, se disponiamo le risorse anche solo per un piccolissimo passo facciamo quello – l’importante è partire con qualcosa;
    – anche molte amministrazioni comunali non hanno nessun tipo di piano d’emergenza – sarebbe utile da parte di gruppi di cittadini (transizione o non) provare ad interagire e provare a metterne in piedi uno organico
    – considerare il bisogno di supporto psicologico non è importante – è super-importante ! Grazie Emma per averlo rimarcato. Non solo per aiutare persone in stato di choc, ma aiutare chiunque a cambiare attitudine (è molto significativo l’esempio delle diverse reazioni che racconti nell’esperienza californiana e quella umbra)

    Grazie per questi e per i contributi che eventualmente ancora si aggiungeranno ! Ellen

  5. Abuelo Marco Kuruk Lotito
    Abuelo Marco Kuruk Lotito dice:

    Ellen, per quanto riguarda il punto 5 esistono delle piattaforme open source che si prestano benissimo proprio alla gestione delle emergenze, offrendo anche app gratuite per smartphones. Se vuoi ne possiamo parlare più approfonditamente (Marco & Nicoletta – Roma)

  6. marco
    marco dice:

    ciao.
    una manciata riflessioni ad alta voce..
    1) gli “eventi” come il recente terremoto ci ricordano che siamo ospiti su questo pianeta e che ci sono cose che la tecnologia e la scienza non possono risolvere per noi. mi pare questa considerazione sia una delle “basi” della transizione.
    2) per quanto concerne le tue proposte concrete, in effetti è tutto molto sensato e logico. richiedono (come hai già evidenziato) una buona capacità di dialogo con le istituzioni per evitare di duplicare azioni o sovrapporre attività, magari generando dei conflitti (penso alla necessità di un piano di emergenza che in molti casi manca e che magari la “comunità” sviluppa in un modo e le Istituzioni – in caso di evento – intende in un altro). qui ci va la capacità e la pazienza dell’inclusione.
    forse ci si può concentrare su aspetti meno logistici e più di prima necessità (e penso anche all’informazione che deve essere rapida ed efficace) e quindi come scala parliamo di piccole comunità, di quartieri (e ritorniamo quindi al cuore della transizione).
    3) infine un discorso più ampio sull’adattamento: in molti, troppi casi abbiamo costruito senza pensare a questi “eventi”. siccome prevenire è meglio che curare, ci sarebbe da lavorare anche in questo campo…

    l’argomento è certamente attuale e importante, grazie mille per aver “lanciato il sasso”!
    marco

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