Terracini: la Transizione “dentro” l’Università

Alessandra&Rob

In via Terracini, a Bologna, c’è un distaccamento dell’Università, il Dipartimento di Ingegneria denominato DICAM, una specie di piccolo “villaggio” immerso in una zona artigianale periferica, qualche nuovo condominio di fronte… un quartiere di servizio tra ospedale e aeroporto, niente di speciale.

È qui che le “ragazze” (sì direi che sono state delle donne a far partire questa cosa) di Ingegneria Ambientale hanno voluto far nascere una vera e propria Iniziativa di Transizione interna alla comunità universitaria che ogni giorno si ritrova in quegli edifici.

Nella foto vedete Alessandra Bonoli (con Francesca Cappellaro sono le ispiratrici di questo percorso) che incontra Rob a Milano durante il meeting sulle “Comunità Resilienti” della Fondazione Cariplo. È in quella occasione che si è cominciato a parlare di invitarlo a Bologna.

Ho provato a fare qualche domanda ad Alessandra per capire come sta vivendo questo esperimento in corso cominciando da “cos’è esattamente Terracini in Transizione”:

Si tratta di un percorso che vede il coinvolgimento di ricercatori, docenti, personale tecnico, amministrativo e studenti che si pone lʼobiettivo di trasformare la Scuola di Ingegneria e Architettura in un living-lab della sostenibilità.

E qui vorrei già sottolineare l’importanza di coinvolgere attori diversi presenti sulla scena, non solo (o prevalentemente studenti), che ovviamente, per la maggior parte, sono “in transito”, finito il corso di studi non saranno più presenti in quel contesto, ma anche figure stabili.

La sede di via Terracini è un plesso abbastanza recente, che ben si presta all’attuazione di misure e interventi di sostenibilità, prevedendo iniziative non solo da un punto di vista tecnico ma anche strutturale e sociale.

Numerosi i temi di ricerca collegati a “Terracini in Transizione” e diverse le applicazioni, fra cui: Realizzazione di tetti e pareti verdi, quali esempi di “urban green technologies”, dotati di strumenti di monitoraggio per la raccolta dell’acqua piovana e dell’isolamento termico degli edifici; estensione del progetto di raccolta differenziata per i rifiuti urbani e quelli elettrici ed elettronici; installazione di una Casa dell’Acqua per l’erogazione di acqua di rete in spazi universitari aperti accentratori di utenza. Adesione a network universitari, quale l’International sustainable campus network (ISCN), e la creazione di un network italiano. L’intervento interessa la comunità universitaria e le politiche per la sostenibilità ambientale.

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Sperimentazione di tetto verde sugli edifici del dipartimento DICAM a Bologna

Il percorso di Terracini in transizione vuole mostrare come sia possibile facilitare il cambiamento e al contempo avviare nuove opportunità e utili feedback per le attività di ricerca, la didattica e la gestione sostenibile dei plessi universitari.

L’approccio di transizione si rivela quindi un valido supporto per la sperimentazione di nuovi modelli di convivenza anche nelle aule universitarie.

Inoltre le iniziative di transizione non si limitano ad agire solo a livello di singolo sistema, ma mirano ad espandersi, innescando processi partecipativi che contaminandosi permettono una diffusione del modello apportando benefici anche alla comunità locale. In tal senso il “living lab” di Terracini vuole porsi come modello all’intera città di Bologna.

L’idea della Transizione arriva a Terracini in modo molto diretto attraverso Francesca Cappellaro (PhD Student) che era già coinvolta nell’Iniziativa di S. Lazzaro in Transizione una delle prime a nascere attorno a Bologna. Ecco un tipico esempio di contaminazione, questo è il modo virale attraverso cui un processo come la Transizione può propagarsi in un territorio.

Il focolaio di Terracini ha poi costituito una base per ragionare in modo più ampio, ho chiesto quindi ad Alessandra di spiegarci come sì è arrivati ad Alma Low Carbon.

Attraverso l’iniziativa spontanea di alcuni docenti della nostra Università, provenienti da discipline diverse, desiderosi di condividere tematiche di ricerca che guardino da differenti prospettive (economica, ambientale, sociale, energetica, ecc.) ad un futuro a bassa impronta di carbonio.

Si è dunque costituito qualche mese fa un gruppo interdisciplinare di ricerca, “l’Integrated Research Team” Alma Low Carbon, con l’obiettivo di condividere e integrare le competenze della nostra Università nel campo delle aree tematiche inerenti la transizione verso un’epoca post carbonio caratterizzata dall’uso di energie rinnovabili, dalla valorizzazione di risorse naturali, acqua e materie prime, a basso impatto ambientale.

E perché fare venire Rob Hopkins?

Ci è sembrato che l’incontro con l’ideatore del Movimento della Transizione e delle Transition Town potesse rappresentare un momento importante di condivisione di idee e prospettive e di arricchimento reciproco.

Abbiamo ancora molto da imparare dalle altre esperienze che sono andate consolidandosi e maturando in questi anni. Rob Hopkins a Bologna, all’Ateneo di Bologna, può contribuire a comunicare alla nostra città come sia possibile procedere nella direzione giusta della resilienza urbana e della transizione, con il supporto fondamentale dato dalla ricerca scientifica e dalla spinta culturale e innovativa dell’Università.

Anche nelle parole di Alessandra torna l’idea di “coinvolgere la grande città”, un tema chiave se vogliamo pensare di produrre cambiamenti significativi e allo stesso tempo ostico, perché tutti quelli che hanno provato sanno quanto sia difficile inserirsi negli ingranaggi di una metropoli, vincerne l’inerzia formidabile, orientarne le tendenze, ecc.

Amministrare per la resilienza e la prosperità non è operazione semplice, ma forse è la via per un futuro gradevole da immaginare.

Nel prossimo post farò due chiacchiere con Alessandro Rossi di ANCI Emilia Romagna, sezione Energia e Innovazione. All’incontro del 29 con Rob sarà tra gli “oratori” e credo sia meglio chiedergli cosa c’entrano loro in tutto questo.

 

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