Report da Nocera Umbra
E’ la seconda volta che entro nella “zona rossa” di Nocera Umbra, il centro storico distrutto e poi evacuato, abbandonato, sbarrato, dopo il terremoto del ’97. La prima volta mi ci condusse un amico, scavalcando di frodo le barricate per salire i primi gradini della chiesa di S. Filippo – entrare dentro no, che faceva paura a pensarlo, tra banchi crollati a terra, mattoni e macerie e polvere.
Ora il centro è tornato aperto, anche se mancano in gran parte gli interni delle case e i vicoli sono ancora poco praticabili. Sono tornati gli ordini religiosi, per primi, e una sparuta manciata di residenti. Fa impressione vedere come in questi anni la vita si sia spostata nella piazza nuova, fuori le mura, che è piena di ragazzi col gelato e anziani che giocano a carte ai tavolini del solito bar. Dentro la città vecchia, non si muove foglia, e i tentativi eroici della ProLoco, e di altre associazioni, di riportare la vita nel cuore del centro storico sembrano faticosi, poco seguiti e, appunto, eroici.
Abbiamo appuntamento nel Museo Archeologico, bellissimo, scintillante, curatissimo, attrezzato e deserto. Ci incontriamo in pochi; con i piccoli gruppi si lavora meglio, certo finchè siamo meno di sei manca proprio la massa critica, ma poi via via qualcuno si aggiunge e cominciamo a parlare, oltre che delle solite Transition-cose, di memoria storica ed appartenenza. C’è una signora che fa parte di un’associazione che si occupa di divulgare la storia e le storie di Nocera com’era. C’è anche un membro del Consiglio Comunale che se ne va via, più tardi, con una copia di Post Carbon Cities sotto il braccio. Mi piace che abbia detto lui “tutto questo non può partire da noi. Comunque siamo un paese piccolo, possiamo dare idee, supporto, spazi”.
Alle 17.30 ci sfrattano dal museo – non mi ero informata sull’orario di chiusura e non me l’aspettavo, ma va benissimo, finiamo le nostre chiacchiere in piazzetta, attirando finalmente la curiosità di qualche passante. Poco più in basso, i ragazzi delle scuole hanno esposto dei lavori sulla biodiversità e l’ambiente. Sono entusiasmanti, ci fermiamo a sfogliare e leggere. Tra le pagine sugli alberi e quelli sulle fonti leggo che anche qui, come a L’Aquila, i cittadini si sono riconosciuti nel monito della calviniana Città Invisibile di Zora, che dimenticata dai suoi abitanti fu dimenticata dal mondo. A Nocera, famosa per l’acqua delle fonti e per le Terre di Nocera, note come curative fin dall’antichità, che senso mai potrebbe avere essere un posto come tutti gli altri? Si sente subito, camminando per le vie del vecchio centro, in parte ristrutturate di fino, con i passi che echeggiano lontani, che è necessario e fondamentale, riportare la vita tra le mura e rimettervi radici. Dopo un decennio e più, tuttavia, è una sfida assai grande. Una famiglia si è re-insediata in un appartamento al primo piano. Il balcone è stracarico di fiori, petunie, gerani, un vaso sopra l’altro a cascata. Yes, we can?