Quanto sono larghe le tue spalle?
Salve a tutte/i, credo che questo post di Rob Hopkins sia particolarmente significativo ed importante. Forse in Italia quello di cui si parla qui non è ancora accaduto o è accaduto in forme ancora leggere. Ragione in più per farsi le ‘spalle larghe’ sin da ora. Buona lettura.
Quanto sono larghe le tue spalle? Monbiot, Mann, McKibben, vari Transizionisti ed altri ancora su cosa fare quando la vostra Iniziativa di Transizione è sotto attacco.
Da “Transition Culture”. Traduzione di MR
Quando i gruppi di Transizione vanno in profondità col proprio lavoro e cominciano ad avere un impatto tangibile, forse è inevitabile che coloro che non sono d’accordo esprimano le loro opinioni con vigore. Durante gli ultimi mesi è stata anche la mia esperienza personale di trovarmi in questa posizione a Totnes e devo dire che non è stato particolarmente piacevole. Alla fine le cose sembrano essersi calmate e quindi quello che mi piacerebbe fare in questo post, con l’aiuto di qualche nome che potreste conoscere e che ha avuto molta più esperienza di me su questo tipo di cose, è di provare a tirar fuori da tutto questo un qualche insegnamento.
Il vostro gruppo di Transizione potrebbe aver vissuto qualcosa di simile, o potrebbe viverlo in futuro, quindi spero che troviate questa conversazione utile. E’ una cosa della quale non ho visto parlare granché altrove. Lo scorso anno, ho partecipato alla Conferenza del Giorno dell’Indipendenza a Frome. Gruppi da tutto il Regno Unito si sono riuniti per condividere le proprie esperienze per cercare di fermare sviluppo indesiderato, nuovi supermercati, la clonazione delle proprie vie principali e così via. C’è stata un’utile condivisione di idee, ispirazione ed esperienze, ma quello che mi ha sorpreso è stato che praticamente tutti hanno vissuto una reazione da un gruppo locale che dichiara di rappresentare la “maggioranza silenziosa” della comunità. In alcuni casi è stata una cosa relativamente civile, in altri è stata un’esperienza orribile. Quindi qual è il miglior modo di far fronte ad attacchi del genere?
Naturalmente potrei solo dire, come hanno fatto alcune persone alle quali ho parlato quando stavo vivendo questo, che tutto ciò di cui hai bisogno in una situazione tale è di farsi le “spalle larghe” e continuare, che è in linea con le cose. Tuttavia un tale approccio, anche se possibile, ignora gli effetti che tali cose hanno realmente su di noi e, ignorare quegli impatti può portare a esaurimento e stress. La mia esperienza è stata certamente così, la mie spalle non erano così larghe quanto avrei potuto pensare e questo a volte, quando ci si trova dalla parte di chi riceve una cosa del genere, può essere un vissuto di solitudine e isolamento che può anche portarti a mettere in dubbio ciò che fai. Non è una buona situazione in cui trovarsi e non la augurerei a nessuno.
Così, volevo indagare alcuni dei problemi che ciò porta in evidenza con altre persone con esperienze utili da condividere. Per primo ho parlato con Bill McKibben, un attivista climatico per molti anni e fondatore di 350.org, organizzazione che ha fatto strada nell’aumentare la consapevolezza sul cambiamento climatico e sui problemi ad esso collegati. Qual è il suo vissuto nel ricevere tali attacchi?
“Ci sono giorni in cui la propri posta elettronica è scoraggiante. Specie in un paese violento come questo, bisogna stare un po’ attenti. Ho ricevuto un buon numero di minacce di morte e cose simili in continuazione. Il più delle volte le ho semplicemente cancellate ed ignorate e ho pensato che non avessero molta importanza. Di tanto in tanto ce n’è una che mi sembra un po’ preoccupante, quindi mi assicuro che le autorità la controllino e si assicurino che non ci sia nulla di vero e finora, grazie al cielo, non c’è stato nulla di vero. La mia teoria è che se qualcuno volesse spararti, probabilmente non ti manderebbe prima una email”.
L’esperienza del giornalista del Guardian e scrittore George Monbiot è quasi identica, come mi ha detto:
“E’ costante. Raramente c’è un giorno in cui non riceva qualcosa di sgradevole via email. Il più delle volte lo segnalo come spam, così non ricevo nient’altro da quella persona. Alcuni sono davvero minacciosi, ma immagino che gran parte di questi probabilmente vivono nel Mid West e non sono in possesso di un passaporto, quindi non mi spaventano. Nessuna mi spaventa”.
Tuttavia, come ci si sente quando gli attacchi provengono dall’interno della propria comunità, dalla gente che incontri per strada e che possono essere genitori di qualcuno che va a scuola con tuo figlio o che conosci per una serie di altri motivi, l’impatto può essere più duro. Questa è una distinzione che Monbiot riconosce:
“Naturalmente è più difficile averlo a portata di mano se si parla di eventi reali tangibili e di luoghi reali, questo condiziona la vita che si conduce. Diventa più difficile scindere quando è gente della tua stessa comunità ad attaccarti”.
Philip Revell lavora per Sostenere Dunbar (Sustaining Dunbar) e si è trovato sotto attacco quando al gruppo è stato riconosciuto un finanziamento da parte del governo scozzese. Un piccolo gruppo locale, insieme con una parte dei media che soffiava sul fuoco, hanno montato una vera e propria campagna personale, mettendo in discussione la competenza e l’integrità sia di Philip sia dell’organizzazione. Gli ho chiesto come e se questo lo abbia condizionato a livello personale:
“Devo confessare, è stato molto difficile, aver paura che il telefono squillasse. Veramente snervante a livello emotivo. Quando passi volontariamente un numero enorme di ore a cercare di rendere un posto migliore la tua comunità, ti fa davvero chiedere perché farlo. Devo dire che è stata molto dura”.
Gillian Orrell del progetto‘Hexham River Hydro’ di Tynedale in Transizione ha scoperto che il successo dei suoi progetti nel voto sulla Energyshare, e la risultante pubblicità, hanno significato che alcune persone a livello locale hanno presunto che il progetto sarebbe stato ulteriormente sviluppato di quanto non lo fosse in realtà:
“Abbiamo vissuto tutto lo spettro. Dalla gente che fa commenti in rete o ai media, sulla linea di “questa è la peggiore cose del mondo per il fiume”, senza assolutamente nessun segno che avessero alcuna conoscenza specialistica o consiglio se non quello di sentirlo molto fortemente, fino a, all’estremo opposto, l’uso deliberato dei forum pubblici e degli incontri per un approccio che non era necessariamente e sempre… produttivo”.
La formula comune discussa alla conferenza del Giorno dell’Indipendenza è stata identificata anche da George Monbiot, che è stato coinvolto in una campagna nella sua comunità in Galles per fermare un supermercato Tesco nella città:
“Tutto ciò che serve è un problema che divida, idealmente alimentato da qualche segnalazione del tutto irresponsabile, della gente molto arrabbiata su Facebook ed ecco la formula per un po’ di vera cattiveria”.
Come può proteggersi la gente e mettere una qualche distanza emozionale fra se stessa e le fiondate e le frecciate che gli arrivano addosso?
Torniamo alla nozione di avere le “spalle larghe”. Tutti coloro ai quali ho parlato hanno detto che sentirsi parte di un gruppo, avere gente che ti sostiene, di cui ti fidi e con la quale mettersi insieme e riderne, o con cui condividere le esperienze e che ti tirano su quando sei giù, è una cosa vitale in questo. La mia esperienza è stata questa, e cioè che le mie spalle sono strette quando sono da solo o sento di non essere sostenuto. In quei momenti, era diventata la prima cosa a cui pensavo appena sveglio e l’ultima prima di dormire e, al suo culmine, l’unica cosa a cui pensavo le molte volte che mi svegliavo durante la notte. E’ un’esperienza che in qualche modo ha allargato le mie spalle e, alla fine di questo pezzo, offrirò alcuni consigli che credo possano aiutarvi in tali situazioni. Ma gli altri come hanno affrontato questo?
Lo scienziato del clima Michael Mann è meglio conosciuto per il suo lavoro sul famosa grafico della “Mazza da Hockey” e per essere stato uno dei punti focali durante il nonsense del “Climategate” di pochi anni fa. Nel suo libro “La Mazza da Hockey e le Guerre del Clima, ha scritto: “ciò è semplicemente quello che significa essere una figura mportante nel dibattito sul cambiamento climatico negli Stati uniti oggi”. Ma come è riuscito ad affrontare il fatto di essere nell’occhio del ciclone? Mi ha detto:
“Ho sviluppato delle spalle larghe. Ho riconosciuto che di fatto, per quanto personale possa sembrare, non lo è. E’ parte di una campagna orchestrata di intimidazione e disinformazione e tu hai un ruolo, il ruolo di non piegarti a quelle tattiche intimidatorie, di non rivoltarsi, di essere là fuori a difenderti, a difendere la scienza. In qualche modo è stato rinvigorente, o perlomeno io mi sono permesso di alimentarmi di questo nel modo più positivo che potevo”.
Tuttavia, non tutti sono in grado di sviluppare delle spalle larghe. Come mi ha detto Gillian Orrell:
“Io non ho le spalle larghe. Mai avute. Sebbene per tutta la mia vita, e continuo a farlo, abbia provato ad avere le spalle larghe, ora sono sufficientemente realistica, all’età di quasi 40 anni, da sapere che non avrò mai le spalle larghe”.
Quando incontriamo questo tipo di cose che ti arrivano addosso da una parte della comunità in cui vivi, direttamente o attraverso i social media, queste possono assumere facilmente nella nostra mente una dimensione che ha poco a che fare con la realtà. Questo bisogno di aggrapparsi al senso della prospettiva è stato qualcosa di davvero importante per Sostenere Dunbar. Come dice Philip Revell:
“E’ importante essere consapevoli che la maggior parte della gente è probabile che sostenga questo programma e quello che facciamo. E’ realmente solo un piccolo gruppo di persone che ha troppo tempo a disposizione che ha un qualche tipo di astio o gelosia rispetto i fondi che siamo riusciti ad ottenere, o quant’altro, che cercano di agitare le acque”.
Sarebbe fin troppo facile cominciare a sentire tutti contro di te e perdere la prospettiva sulla dimensione dell’opposizione. Ho chiesto a Bill McKibben come si relaziona a questo:
“In un certo senso è scoraggiante, ma per me è proprio una ragione in più per uscir fuori a continuare ad organizzare, perché lì ti rendi conto che gran parte della gente è in realtà molto felice che tu stia facendo questo, ti sostiene e questo è buono”.
Può anche valere la pena di riflettere sui diversi modi in cui la gente reagisce a tempi impegnativi e a ciò che percepisce come minacce. Nell’attuale contesto economico/climatico/energetico/sociale, molta gente forse si è arresa, in qualche modo. Potrebbe essere che, in qualche modo, le reazioni ostili vengano scatenate in coloro che hanno deciso che non ha senso agire da coloro che suggeriscono che c’è ancora molto senso nel farlo? Questo potrebbe essere un problema interessante da sondare in un post futuro. Si potrebbe anche suggerire che la testa delle persone comincia a proiettare oltre il parapetto, c’è non solo la percezione che siano dei facili bersagli, ma che diventino anche un parafulmine per ogni tipo di proiezione, per delusioni e frustrazioni in altre aree della vita delle persone che vengono quindi proiettate su di voi. Si viene accusati di essere troppo organizzati, troppo disorganizzati, di avere troppo successo, di non averne abbastanza, di essere troppo ‘mainstream’, di non esserlo a sufficienza, troppo questo, troppo quello, ecc, ecc. Tuttavia, separare ciò che è un valido ed utile feedback da ciò che è una proiezione ed un riflesso di un subconscio più profondo non è impresa da poco.
Social media: buoni e cattivi
Si potrebbe notare l’ironia del fatto che i social media siano fra i primi sbocchi per la favoleggiata “maggioranza silenziosa” – come sono stati anche essenziali per molte campagne per il cambiamento positivo. In passato, tali discussioni avrebbero potuto essere portate avanti attraverso la rubrica delle lettere dei quotidiani, agli incontri in Municipio o per strada. Oggi, tuttavia, la gente si sente autorizzata ad essere offensiva e critica su Facebook in modi che sarebbero improbabili nella vita quotidiana. Un eccellente pezzo recente di Robert Fisk sul ruolo tossico dei social media (che egli chiama “veleno digitale”) ha citato l’ex diplomatico statunitense Christopher Hill che dice:
“L’accesso istantaneo all’informazione non significa accesso istantaneo alla conoscenza, ancora meno alla saggezza. In passato, l’informazione era integrata con l’esperienza. Oggi è integrata con le emozioni.. La Tecnologia digitale ha svolto un ruolo importante “nel promuovere questa atmosfera di cattive maniere, attacchi personali virulenti, intolleranza, mancanza di rispetto… il bullismo è diventato virtuale”.
La maggior parte delle persone con le quali ho parlato mentre ricercavo questo pezzo sono uomini, ma per le donne, gli attacchi attraverso i social media possono assumere un tono molto più grave. Mary Beard, Professoressa di Classica all’Università di cambridge, è recentemente apparsa sulla Question Time della BBC ed ha fatto alcune osservazioni rispondendo ad una domanda sull’immigrazione dove suggeriva che essa potrebbe portare dei benefici in un settore. Di seguito è stata oggetto di un esecrabile abuso attraverso dei siti di social media e su Twitter. Sul suo blog ella ha riportato alcuni degli abusi turpi e misogini della quale è stata oggetto e che comprendevano minacce di violenza sessuale. “La misoginia è davvero stomachevole” ha scritto. Ha detto che l’esperienza lascia “una sensazione di essere assaliti” e di sentirsi come “presa a pugni”:
“E’ stato così orribile, non sembrava personale o critico a livello personale. Era una misoginia talmente generica e violenta. In un certo senso, sentivo che non era diretta a me… Sto dicendo questo perché ho le spalle larghe e, alla fine, le speculazione sulle dimensioni della mia vagina non mi smuove nemmeno la metà di quanto lo faccia la preoccupazione riguardo al nuovo capitolo del mio libro che si suppone io debba scrivere. Ma sono fortunata”.
Le donne molto in vista che subiscono tali trattamenti, come potrebbero avere un impatto sulla volontà di altre donne a partecipare lla vita pubblica e al dibattito politico? La Beard ha scritto sul suo blog che “sarebbe del tutto sufficiente a impedire a molte donne di apparire in pubblico e a contribuire al dibattito politico”. Questo tipo di abuso personale e di genere non tende ad essere un gran problema per gli uomini. George Monbiot sostiene che il tipo di trattamento che può essere distribuito attraverso dei canali del genere deve essere mantenuto in prospettiva:
“Sembra essere una risposta umana standard nell’era digitale, quella di dire senza ritegno cose inappropriate e fuori di testa sulle gente nei media elettronici. La gente dice cose per mezzo di comunicazioni digitali che non si sognerebbe mai di dire faccia a faccia in un contesto sociale. La prima cosa è riconoscere che ciò non è reale. Anche se queste sono persone reali, anche se sono persone che incontrerai, ciò che dicono non è una interazione sociale reale, non è proprio il modo in cui interagirebbero con voi se vi incontraste. Penso che si possa gestire l’impatto emotivo che quelle email o quei post su Facebook e tutto il resto potrebbero avere, ricordando a noi stessi che ciò è peculiare all’era elettronica, non è come sarebbe se ci incontrassimo”.
Quali passi concreti possiamo intraprendere per resistere meglio a tali tempeste?
Una delle cose che mi colpisce come essenziale per il nostro benessere è che, quando ci troviamo in tali situazioni, siamo in grado di scindere i diversi aspetti delle nostre vite, così che gli shock che viviamo non si insinuino in tutti gli aspetti della nostra vita (resilienza personale, se volete). Tenere presente una chiara distinzione fra vita lavorativa e vita privata è vitale. Per Gillian Orrell, viaggiare è una grande strategia:
“Andarsene via qualche volta, andarsene per qualche giorno, mettere un po’ di spazio fra te e quello che sta succedendo. E’ incredibile cosa può fare per la tua salute il semplice fatto di non trovarti lì fisicamente per qualche giorno!”
Questa capacità di scindere è un elemento chiave delle strategie George Monbiot:
“Ciò che succede a casa e agli occhi del pubblico non ha nulla a che vedere col lavoro che faccio. Quando spengo il mio computer l’ho spento realmente e molto raramente questo ha conseguenze nel resto della mia vita”.
Egli deve tuttavia riconoscere che questo potrebbe non essere così facile in un contesto di comunità:
“Diventa più difficile scindere quando ad attaccarti è gente della tua stessa comunità. La gran cosa delle persone che mi attaccano è che non le incontrerò mai… nemmeno so chi siano”.
Per “Sosteniamo Dunbar”, ritrovarsi sotto attacco è stata una sveglia per rafforzare le proprie procedure ed assicurarsi che, anche più di prima, mettessero i puntini sulle i e le croci sulle t. Inoltre, secondo Philip Revell:
“…ci sosteniamo a vicenda il più possibile. Siamo molto meglio informati su come rispondere. Stiamo davvero cercando di assicurarci di avere il controllo del programma piuttosto che di lasciare che altri lo guidino”.
“Sosteniamo Dunbar” ha anche preso una decisione chiara di non “entrare in nessun dibattito a parte fra noi stessi e nel nostro sito”. Alla fine, mi ha detto, “questa è solo una caratteristica della comunità”. Bill McKibben si prende un approccio del tipo “mantieni la calma e vai avanti”:
“Più che altro cancello semplicemente le email e penso “Ok, andiamo avanti”. Se passassi troppo tempo a preoccuparti di questo non riusciresti a fare il lavoro importante che ti ha portato le minacce di morte, innanzitutto”.
L’approccio filosofico, riassunto da Philip Revell con ”Non essere sorpreso se accade questo, sii preparato per questo” si rifletteva anche in Gillian Orrell, che mi ha detto:
“Quando delle organizzazioni cominciano a crescere e vengono viste come basate ovviamente su buone idee, la gente da loro inizialmente poca importanza. Ma, quando crescono, diventa umanamente naturale che la gente dica 2ora sei forte abbastanza da beccarti qualche cazzotto. Anche se siamo d’accordo coi tuoi obbiettivi di fondo, potresti fare meglio, e noi ti diremo come potresti fare meglio, ti sfideremo e vedremo se puoi sostenere queste sfide”. E’ così che funziona la società umana. Noi nutriamo le cose quando sono giovani e fragili e, una volta che raggiungono una certa dimensione, non abbiamo paura di sfidarle, Perché nel processo di sfida diventano più grandi e forti, se queste sopravvivono alle sfide (e se lo facciamo anche noi). A livello macroscopico e filosofico, è parte dello sviluppo umano il fatto che esistano queste sfide”.
C’è anche molto da dire riguardo al vedere un tale trattamento come un’opportunità, per ripensare come lavori, come ti impegni, cosa fa il gruppo e come si presenta. Per esempio, “Sosteniamo Dunbar” si è assicurata che tutto lo staff e i membri del consiglio ricevessero un training per quanto riguarda i media. Gillian Orrell ha scoperto che la rsiposta più produttiva era di impegnarsi direttamente con coloro che si oppongono verbalmente al progetto:
“Uno dei nostri pescatori più verbalmente in opposizione ha una grande passione per il fiume e mi è stato citato in alcune email al punto che ho pensato che fosse davvero incendiario. La mia reazione è stata di rispondere una email personale dicendogli “possiamo io e lei incontrarci semplicemente per prendere una caffè e fare una chiacchierata? Perché mi piacerebbe davvero capire di più sul suo punto di vista e mi piacerebbe che lei capisse di più del mio”. Questo è stato probabilmente l’incontro più utile che abbia avuto in termini di quello che ho appreso sulle preoccupazioni, sulla storia del fiume e sui retroscena dello sviluppo di un precedente impianto idroelettrico che i pescatori sentivano avesse avuto un effetto dannoso sul fiume. Mi ha anche permesso di spiegargli immediatamente il perché questo sviluppo fosse intrinsecamente molto diverso da quello passato e di mostrargli che stavo maturando il pensiero che egli avesse delle preoccupazioni autentiche”.
Bill McKibben sostiene che coltivare una motivazione compassionevole, per quanto possibile, sia importante, vedere chi ti attacca come persone con i propri problemi, le proprie motivazioni, le proprie difficoltà:
“E’ un’opportunità per rispondere con la gentilezza alla cattiveria. Dire fermamente, “sì, credo in quello che faccio e penso che sia importante, qui c sono i link ad alcuni articoli che spiegano il perché, ma penso anche che sia importante che siamo civili quando parliamo di queste cose e spero che lei proverà ad essere civile in futuro, perché questo è ciò che il vicinato e le cose comportano” e vedere cosa accade. Ci sono persone in questo mondo che sono semplicemente folli, e non ha senso cercare di allontanarle, e ci sono persone potenti che si irritano se ti metti loro di traverso”.
Potrebbe anche, ammesso che abbiate il giusto sostegno e che le persone chiave siano sensibili ed identificabili, offrire una buona opportunità di mettere in pratica la risoluzione dei conflitti in aun modo che potrebbe portare grandi benefici a lungo termine per la vostra iniziativa.
Pensieri finali e un “kit di sopravvivenza”
Per McKibben, gli attacchi riflettono tentativi sempre più disperati di aggrapparsi ad un paradigma vecchio e datato, un modo di pensare che sarà rapidamente superato dalla realtà:
“La buona notizia, per ciò che è, è che c’è una schiera di persone sempre più piccola che è così fuori contatto con la realtà. La loro visione del mondo è veramente minacciata dalla fisica. E’ dura se quello che hai sempre pensato (che avere di più è la miglior cosa del mondo, che dobbiamo essere tutti iper-individualisti, il lasciar fare, le cose tipo ‘ogni uomo è un’isola’) viene semplicemente chiarito, dalla fisica e dalla chimica del cambiamento climatico, come un futuro non plausibile e che dovremo imparare a lavorare insieme in tutti i modi”.
Per Monbiot, suscitare questo tipo di risposta è in realtà “una specie di successo”.
“Niente che valga la pena fare nella sfera politica è semplice. Il problema che fronteggiamo è che, in quest’epoca senza statura politica, i politici prendono sempre la strada più facile, prendono sempre la strada della minore resistenza ed è il motivo per cui le enormi questioni come il cambiamento climatico, come la biodiversità, come le altre crisi ambientali, come la crisi economica, come la giustizia sociale e la redistribuzione, non vengono mai affrontate e non vengono mai risolte. E’ perché i politici sono terribilmente impauriti dal poter provocare una reazione, anche se è esattamente ciò che serve, quindi tocca agli attivisti farlo. E’ un’indicazione di successo, e se non hai quella risposta, se non ricevi email di odio, semplicemente non stai facendo il tuo lavoro”.
“Ciò che mi dico in quella situazione”, aggiunge, “è che se qualcosa non si oppone violentemente non vale la pena farlo”. Mentre posso capire cosa intenda e forse ha ragione nel ritenere impossibile creare cambiamento, sulla scala alla quale le iniziative di Transizione aspirano, senza incontrare un qualche tipo di reazione. Ci potrebbe essere un modo migliore e meno conflittuale di vedere l’opportunità rappresentata da una tale situazione? Ho chiesto a Michael Mann un suo consiglio a tutti coloro che aprono per la prima volta una email sgradevole:
“Non rispondete a quella email. Questa è la prima cosa. La cosa più importante è quella di non fare errori iniziali. Parte della loro tattica è di esporre gli scienziati che non hanno mai avuto a che fare con cose del genere prima, con questi attacchi duri, nella speranza che rispondano irrazionalmente, che facciano qualche errore, che dicano cose che non avrebbero dovuto dire nella foga del momento, che facciano cose che non avrebbero dovuto fare. E’ estremamente importante non reagire, non replicare a quelle email, non fare nulla di avventato, parlare coi colleghi più anziani che sono già passati attraverso cose simili in precedenza e parlare con loro dei modi efficaci di contrattaccare”.
Gillian Orrell offre alcuni consigli basati sulla sua esperianza con la Hexham River Hydro:
Rimanete al di sopra: “Dovete essere ultra ragionevoli, nonostanta la molta energia che serve, perché più gli altri risultano irragionevoli, più abbiamo necessità di attaccarci alla nostra logica, alle nostre prove, al nostro approccio ragionevole, onesto ed aperto. La gente non è stupida, vedrà la differenza fra ciò e i commenti infondati, negativi e casuali su Facebook, anche se in quel momento non sembra”.
Rimanete intellettualmente aperti: “che questo significhi ascoltare argomenti autentici di altra gente o ascoltare sfoghi emotivi ed essere aperti a pensare al perché avvengano quegli sfoghi emotivi”.
Mantenete la prospettiva: “stiamo parlando di un singolo gruppo di interesse e ce ne sono molti, molti altri che hanno un interesse al vostro progetto. Spendere troppo del vostro tempo ed energia concentrandovi su un gruppo di interesse significa che non date un tempo ed un peso appropriato agli altri. Una persona o un gruppo di persone che urlano molto forte e fanno casino per la vostra attenzione, in realtà potrebbe significare che dimenticate altre persone che sono altrettanto importanti. Essere troppo concentrati su un individuo, o argomento, o gruppo di interesse sarebbe rendere a voi stessi ed al vostro progetto un disservizio”.
La mia esperienza è che l’antidoto più potente per non sentirsi isolati e sulla difensiva è avere un buon gruppo di persone che ti sostengono intorno, delle quali ti fidi e che sanno cosa sta succedendo. Questo è stato l’aspetto chiave che è emerso nelle conversazioni con tutti. Giornalisti come George Monbiot sviluppano delle spalle larghe quasi professionali, ma coloro fra noi che non hanno quella ‘corazza’, per così dire, hanno bisogno di altra gente intorno. Forse una delle capacità chiave che deve coltivare un’Iniziativa di Transizione, quella capacità di mettersi insieme e sostenersi a vicenda in tali situazioni. Spero che sia stata un’indagine utile su questo problema. Spero che ciò vi abbia dato intuizioni e strumenti su come potete affrontare con tale situazione se dovesse emergere. Vorrei mettere insieme le cose con i miei consigli personali, il vostro “kit di sopravvivenza”, se volete:
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Imponetevi un ‘coprifuoco elettronico’: datevi un po’ di tempo all’inizio ed alla fine di ogni giorno durante il quale vi proteggete strenuamente e vi mantenete “liberi dallo schermo”.
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Vedete le cose per quello che sono: i contraccolpi spesso possono essere alimentati dall’alleanza di persone e gruppi con programmi e credenze più disparate e possono rivelarsi molto difficili da tenere insieme per qualsiasi periodo di tempo. Non fate l’errore di vederli come un corpo complessivo ed unificato.
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Se non è accettabile, disimpegnatevi: se una particolare persone o supporto mediatico si comportano in un modo che è semplicemente inaccettabile ed esulano dalle loro competenze, non avete alcun obbligo di impegnarvi con loro. Chiarite che da questo punto in poi voi non continuerete e vi tirate indietro.
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Non demonizzate: anche se questa può essere un’esperienza profondamente solitaria e spiazzante, è importante mantenere una prospettiva compassionevole e resistere all’impulso di demonizzare i vostri tormentatori. Non cadete negli schemi del “noi e loro”, piuttosto concentratevi su come ciò possa contenere il seme di un’opportunità di mettere insieme le persone in un modo non ancora avvenuto fino a quel momento.
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Rispondete abilmente: fatevi consigliare da qualcuno che capisca come funzionano i media e come è meglio presentare il vostro caso e rispondere. Non abbiate fretta, prendetevi il vostro tempo e non sentitevi in dovere di rispondere alle accuse più ridicole. La gente è capace di capire queste cose da sola.
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Assicuratevi che le parti interessate fondamentali stiano ancora con voi: controllate che le relazioni chiave che avete nella comunità siano ancora fortemente e stabilmente con voi. Incontrateli di persona e fate loro sapere la natura di ciò che state vivendo.
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Non siete soli: Uno degli elementi fondamentali in questo è avere un gruppo di persone intorno a voi delle quali vi fidate e con le quali possiate riderci sopra insieme. Condividete ciò che state vivendo con chi vi sta intorno ed affidatevi al loro sostegno.
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Rimanete su ciò che state: rimanete sulla vostra visione e sul vostro protocollo. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile – mantenete gli occhi sul quadro allargato, il viaggio più lungo, il premio alla fine di tutto questo. E ricordate, se non aveste un impatto, non avreste questo tipo di attenzioni. Chiuderò con una cosa che ha detto Bill McKibben quando ci ho parlato:
“Un modo di intenderlo è che uno degli obbiettivi più alti verso i quali stiamo lavorando sono delle comunità più forti, più alti livelli di civiltà, più cordialità, la capacità di lavorare insieme, quindi forse quando succedono cose come questa è una buona opportunità di mettere in pratica un po’ di quelle virtù che speriamo diventi più diffuse”.
Non potrei essere più d’accordo. Sarebbe interessante sentire le vostre esperienze o se avete qualche consiglio da aggiungere a questi. Grazie per aver letto fino qui e ringrazio coloro che hanno dato il loro tempo per essere intervistati per questo post.
Articolo interessante
Questi sono veri e propri tools, monete di scambio…grazie!
Inoltre, molto spesso aiuta quello che in psicologia viene chiamato “razionalizzare”: fermarsi (come già è stato detto), far sbollire il bollore, contestualizzare, considerare le cose nella loro complessità: incluse le “ragioni” – per quanto male espresse – di chi ci sta attaccando; fare appello a tutte le nostre riserve di “compassione” (come è stato egregiamente detto) e “condirle” però con tutto il nostro vigore (il vigore delle nostre idee, sogni, progetti); avere molta pazienza e comunque andare avanti.