Riassuntino sullo scenario
Ogni tanto è utile fare il punto sulla situazione di “scenario” in modo da avere un quadro fresco e aggiornato. Oggi, fortunatamente, è molto più facile di quando abbiamo cominciato, la consapevolezza cresce e cresce la disponibilità di dati abbastanza affidabili. La notizia del momento è ovviamente l’uscita del 5° rapporto IPCC sulla situazione climatica.
Diciamo subito che non presenta particolari sorprese, si conferma la criticità della situazione, l’urgenza di cominciare a fare qualcosa di serio (un commento qui, già tradotto in italiano dal solito Rupo), l’incertezza sulle reali conseguenze della non azione che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni.
Volendo andare con ordine e farsi un quadretto complessivo vi consiglio di vedere questo primo filmato in cui Luca Mercalli (e altri) ci fanno un breve sunto di cosa sia l’IPCC e dello scopo del rapporto.
A seguire, questo altro filmatino che entra nello specifico del rapporto e spiega in modo semplice come è costruito e quali informazioni contiene. Il mio personalissimo parere è che persista una certa difficoltà degli scienziati a restituire il senso di gravità e rischio contenuto negli scenari del rapporto, ma pazienza.
Oltre al rapporto IPCC ne sono usciti e continuano a uscirne molti altri, le analisi sono analoghe, a volte cambia un po’ il tono, potete dare un’occhiata a questo dell’AAAS grazie alla sintesi tradotta sempre su Effetto Risorse. Altri leggono i dati in modo decisamente più preoccupato, provate a leggere ad esempio questa traduzione di un post di James Wight su Skeptical Science per farvi un’idea.
La mia sintesi finale è semplice: la situazione è terribilmente grave, la reazione è ancora assolutamente non proporzionata (anche perché là dove rimangono incertezze si annidano anche maggiori rischi). Allo stesso tempo, la sensibilità e la disponibilità di informazioni è molto cresciuta e questo è estremamente positivo. Si amplifica però l’effetto shock che si ha quando si trasferiscono queste informazioni alle persone, indipendentemente dal loro ruolo nella società, che siano politici, imprenditori, insegnanti, semplici cittadini, il colpo psicologico diventa più forte mano a mano che il tempo passa.
Riorganizzare il proprio pensiero attorno a una visione del mondo completamente diversa da quella a cui si è abituati diventa sempre più doloroso perché il gap da colmare è sempre più grande. È qui che serve una grande attenzione alla Transizione interiore, alla costruzione di spazi in cui elaborare il dolore, la parte emozionale, per poi costruire scenari alternativi positivi. Questo aspetto continua a sfuggire ai più, e questo è un problema.
Fuori dal mondo della Transizione tutto ciò viene gestito in due modi: minimizzando (questa strada prende varie forme) o estremizzando (e anche qui ci sono vari modi per estremizzare). Per la mia esperienza fin qui e per quanto osservo, questi due approcci non portano lontano. Certo non è detto che l’approccio transizionista offra una reale soluzione, ma al momento continuo a non vedere nulla che sembri più efficace, ne parlerò meglio nel prossimo post in cui tenterò di fare il punto sulla Transizione in Italia e nel mondo.
L’ha ribloggato su Calderara in Transizione.